(Foto di Ansa) 

Roma Capoccia

Falli e anticapitalismo: sesso engagé in mostra a Palazzo Merulana

Ginevra Leganza

In città si fa festa e propaganda del mese del Pride: Ultraqueer è la mostra che fino al 3 luglio espone documenti multimediali moderni e del passato per esaltare la fluidità di genere e tutto ciò ad essa correlato. Artefatti di sangue e secrezioni inclusi

Vulve, falli, terga adipose di puttane stravaccate ed ermafroditi. Non fossero loro i nuovi pedagoghi, sarebbero una famiglia di fantastici dissoluti. Invece tendono la mano e fanno strada sul sentiero di “Ultraqueer – Espressioni artistiche metagender”, la mostra presentata a Palazzo Merulana da Twm Factory. 
E’ ancora giugno-arcobaleno, il mese del Pride, e in città si fa festa e propaganda. Al quarto piano del palazzo, sopra i Depero e i De Chirico, sono appese croci e delizie della vita sordida. La zuppa di carne si apre con un Q(uee)R code (scritto proprio così). Se lo inquadri puoi rispondere al quesito: “Roma è Ultraqueer?”. Camminando su un tappeto di suoni perturbanti sembrerebbe di sì. Dalle caverne dell’identità sessuale vengono fuori foto, audio, video, illustrazioni… Una minestra multimediale nel solco della Coppa di Warren, il calice d’argento coi giovani colti in fallo, un Santo Graal – forse un falso – dell’omoerotismo antico. 


Dal British Museum a Palazzo Merulana. Qui, sino al 3 luglio, Ultraqueer espone le prostitute austriache di Alessio Maximilian Schroder. E poi le foto di Jacopo Paglione che immortalano la Generazione Y – dove la Y è solo un altro modo per indicare i meglio noti Millennial. E sono proprio i nati fra il 1981 e la fine degli anni Novanta i protagonisti del Queer. Gli spaesati, amici delle benzodiazepine. Ansiosi e depressi che nuotano negli abissi della fluidità di genere. A proposito di flussi, non potevano certo mancare gli ovuli andati a vuoto. (Basta un tantino di vita sociale per sapere che i cicli lunari sono al centro delle conversazioni targate Millennial. Giorgia Soleri docet). E dunque l’artista Erica Borgato firma un’illustrazione digitale dal titolo “Mestruo”. 

 


Si va avanti così, fra gli artefatti di sangue e secrezioni e le didascalie piene pienissime di schwa. Si passeggia rapiti. Esaltati dalla libertà sessuale; soffocati nell’oppressione linguistica. Eppure, più dell’arte, i capolavori sono proprio le didascalie. “Viviamo immersi in una società capitalistica e patriarcale, verticale e quindi fallica. Essa è rappresentata come un fallo per via della sua struttura gerarchica e per essere a immagine e somiglianza dell’uomo etero, bianco e normodotato”: è la descrizione di “Ego”, la piramide di Davide Viggiano su cui poggiano calchi di membri realizzati con paraffina e polveri. E insomma è tutto così, tutto cazzi e propaganda. Fino a voltare l’angolo del salone. La seconda parte della mostra raccoglie i cimeli della queerness che fu. Sono i manifesti dei primi Pride e i numeri di “Fuori!”, la storica rivista di liberazione omosessuale pubblicata dal 1972 al 1982. Un salto nelle radici della Generazione Y. Su un tavolino, lì accanto, una biblioteca minima del Queer. “L’eterosessualità non è un orientamento sessuale tra tanti”, si legge in una quarta di copertina, perché l’eterosessualità – secondo Monique Wittig – fonda un sistema di dominio degli uomini sulle donne. E ancora spicca “Questo libro è trans” di Juno Dawson. Qui dentro c’è tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso androgino ma non avete mai osato chiedere. 


E’ la mostra del sesso engagé, questa. E davvero non siamo ancelle del patriarcato se sospettiamo del letto in società. La filosofa Camille Paglia, lesbica e femminista, già nel ‘99 scriveva che la “costruzione sociale del genere è il modo che le persone deboli hanno trovato per affrontare gli impulsi disordinati dei loro corpi”. Il Queer è mostruoso, scrivono i curatori della mostra. E in effetti è un mostro il letto che cammina in società. Come un gigante che getta nel mondo i suoi paradossi, i suoi sapori, gli odori, i suoni convulsi. Perché il letto è il luogo in cui le difese si abbassano. E quando smette di essere culla di sogni, allora sì, diventa mostruoso. Sparge nel mondo tutta la vulnerabilità dell’umano, e riempie la vita di limiti e ricatti, bavagli e asterischi. Quando il letto diventa militante, cessa di essere libero. 
E adesso, dal culo alla metafisica, in ascensore verso De Chirico, rispondiamo finalmente al QR code. Roma è Ultraqueer? Sembrerebbe di sì, in questo revival di falli-amuleti. Di cinedi e schiavetti paraculi. Ma soprattutto di Eliogabali interessati allo scambio coppie e genitali. E la stessa mostra, in fondo, è una cronaca del nostro Basso Impero. Un ricorso storico. Col queer che rintocca l’ora di una città eterna. Mostruosa e favolosa.

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