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Tornano i negazionisti della Shoah, ma fanno sempre a pugni con la realtà dei fatti

Michele Magno

Il giorno della memoria e la grande fabbrica delle menzogne via social network

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I negazionisti della Shoah in questi anni sono tornati all’attacco, autoassegnandosi il titolo di “storici revisionisti”. Si propongono di liberare la storia dalla “menzogna di Auschwitz”. Il loro collante è l’antisemitismo. Definiscono l’Olocausto come un mito, ovvero una deliberata mistificazione della realtà a beneficio degli stessi ebrei, coalizzati in una vera e propria internazionale sionista che manipolerebbe la memoria del passato per garantirsi un potere egemonico sul mondo intero. Sono farneticazioni che purtroppo trovano ascolto anche in ambienti giovanili sedotti dalla propaganda delle destre più eversive. Cosa hanno fatto e cosa fanno le istituzioni scolastiche per contrastare questa deriva ideologica? Non molto, a mio avviso.

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I negazionisti della Shoah in questi anni sono tornati all’attacco, autoassegnandosi il titolo di “storici revisionisti”. Si propongono di liberare la storia dalla “menzogna di Auschwitz”. Il loro collante è l’antisemitismo. Definiscono l’Olocausto come un mito, ovvero una deliberata mistificazione della realtà a beneficio degli stessi ebrei, coalizzati in una vera e propria internazionale sionista che manipolerebbe la memoria del passato per garantirsi un potere egemonico sul mondo intero. Sono farneticazioni che purtroppo trovano ascolto anche in ambienti giovanili sedotti dalla propaganda delle destre più eversive. Cosa hanno fatto e cosa fanno le istituzioni scolastiche per contrastare questa deriva ideologica? Non molto, a mio avviso.

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Oggi si celebra il Giorno della Memoria. Spero che ai nostri studenti venga spiegato che persecuzione e sterminio degli ebrei sono stati accertati attraverso la valutazione scientifica di prove inconfutabili di fatti realmente accaduti. Il genocidio nazista conquistò la scena giudiziaria non al processo di Norimberga (1945-1946), ma soltanto nel 1961 a Gerusalemme, quando salì sul banco degli imputati Adolf Eichmann. Allora nacque una nuova consapevolezza della portata della catastrofe, segnando in maniera indelebile la cultura del secondo Novecento. Il merito fu anche del saggio di Hannah Arendt “La banalità del male” (1963). Della Shoah, poi, crediamo di conoscere tutto. Non è così. Soltanto nel 1992 è stato pubblicato un testo che dovrebbe essere letto e illustrato in tutte le scuole italiane. Si tratta del verbale della conferenza berlinese di Wannsee, organizzata il 20 gennaio 1942 dal capo della Direzione generale per la sicurezza del Reich, Reinhard Heydrich. Con il verbale (redatto da Adolf Eichmann) e con il testo dell’autorizzazione per preparare una “soluzione globale della questione ebraica” (siglata, il 31 luglio 1941, da Hermann Göring e indirizzata allo stesso Heydrich), sono state acquisite le prove definitive del genocidio progettato dai nazisti.

 

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Questi documenti attestano i tre obiettivi politici definiti dalla Direzione generale per la sicurezza: riservare esclusivamente a se stessa il compito di liquidare gli ebrei tedeschi e dell’Europa occupata; coordinare tutte le istituzioni del Reich coinvolte nella “soluzione globale”; pianificare l’eliminazione degli undici milioni di ebrei europei compresi tra il Portogallo e l’Unione Sovietica (Kurt Pätzold e Erika Schwarz, “Ordine del giorno: sterminio degli ebrei”, Bollati Boringhieri, 2000). Riferendosi allo scandalo dell’apparente “gratuità” della persecuzione antisemita, Primo Levi ha scritto provocatoriamente che “non si può comprendere e non si deve comprendere, perché comprendere è quasi giustificare” (“Se questo è un uomo”). Decise perciò di narrare quei connotati dello sterminio nazista che ne definiscono il carattere di catastrofe generale di tutta l’umanità e, al tempo stesso, di fenomeno “unico”: la deportazione di massa, la volontà di genocidio, il ripristino dell’economia schiavistica, l’annullamento della dimensione umana dell’individuo. George L. Mosse considerava il nazionalsocialismo antiebraico come il prodotto dell’incontro tra l’antisemitismo economico-sociale e la tradizione antigiudaica cristiana. Secondo Theodor W. Adorno, invece, ogni spiegazione economica e sociale dell’antisemitismo si rivela sempre inadeguata, perché le radici del fenomeno si spingono fino alla profondità più oscura e misteriosa della nostra civiltà. In ogni caso, il Giorno della Memoria dovrebbe servire almeno ad allertare l’opinione pubblica contro la fabbrica delle menzogne veicolate, in particolare, dai social network. La verità dei fatti, in fondo, è il presupposto della giustizia. Denunciare ogni sua deformazione, quindi, significa difendere i princìpi dello stato di diritto. Coi tempi che corrono, mi pare un dovere non disprezzabile.

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