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il parlamento francese protesta

In Francia la restituzione delle opere d’arte alle ex colonie è uno spot per Macron

Valeria Sforzini
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La disputa dei giorni scorsi tra le due camere del Parlamento francese non ha frenato il presidente Emmanuel Macron nella sua rincorsa verso l’obiettivo di mantenere a ogni costo le promesse fatte prima della fine del suo mandato. Assemblea nazionale e Senato si sono scontrati sul testo del disegno di legge per la restituzione di 27 beni artistici di origine coloniale a Benin e Senegal: 26 pezzi compongono il tesoro di Behanzin, mentre l’ultimo è la spada attribuita a El Hadj Oumar Tall.

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La disputa dei giorni scorsi tra le due camere del Parlamento francese non ha frenato il presidente Emmanuel Macron nella sua rincorsa verso l’obiettivo di mantenere a ogni costo le promesse fatte prima della fine del suo mandato. Assemblea nazionale e Senato si sono scontrati sul testo del disegno di legge per la restituzione di 27 beni artistici di origine coloniale a Benin e Senegal: 26 pezzi compongono il tesoro di Behanzin, mentre l’ultimo è la spada attribuita a El Hadj Oumar Tall.

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Si tratta di un caso che in Francia ha aperto un dibattito più ampio sulle modalità con cui le restituzioni devono essere effettuate. Se da un lato l’Assemblea nazionale ha proposto un approccio “caso per caso”, lasciando la decisione finale a Macron, dall’altro il Senato ha chiesto la creazione di un Consiglio nazionale che alleggerisca il lavoro del Parlamento, in modo che la restituzione delle opere non sia determinata da capricci politici o da motivazioni di natura mediatica, ma sia gestita invece da un gruppo di esperti. In assenza di un compromesso tra le due Camere il governo è stato costretto a ricorrere alla cosiddetta procedura dell’“ultima parola”, che conferisce all’Assemblea il potere di imporre il proprio testo.

 

Una vittoria per Macron insomma, ma malgrado gli slogan di soddisfazione collettiva per l’approvazione del disegno di legge, che permetterà la restituzione delle opere entro il 2021 consentirà al presidente Macron di mantenere la promessa fatta nel 2017 nel suo discorso rivolto ai giovani africani all’Università di Ouagadougou in Burkina Faso, la decisione è stata interpretata dai senatori come un “classico atteggiamento” del presidente. “Abbiamo bisogno di un’istituzione permanente, composta da scienziati, che possa orientare le decisioni politiche sulle richieste di restituzione – ha commentato la senatrice centrista Catherine Morin-Desailly, a capo della commissione Cultura del Senato – altrimenti le considerazioni diplomatiche continueranno a prevalere”.

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Non è la prima volta che Macron dimostra insofferenza per le pratiche burocratiche sulla gestione dei beni culturali. A novembre ha acconsentito al trasferimento della corona che adornava il baldacchino della regina Ranavalona III in Madagascar, mentre il caso era ancora sotto esame dell’Assemblea. “Solo il Parlamento ha il potere di disporre dei beni appartenenti alle collezioni nazionali – aveva detto Morin-Desailly – Il governo aggira il Parlamento e lo trasforma in una camera di registrazione. Questo non è accettabile”. La corona malgascia rientrava tra gli oggetti elencati all’interno del rapporto stilato dagli accademici Felwine Sarr e Bénédicte Savoy, commissionato nel 2018 dallo stesso Macron. La ricerca dei due studiosi aveva individuato 88 mila opere africane presenti nei musei del paese, conservate principalmente al Museo du Quai Branly.

 

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Il Parlamento non si impegnerà in una riforma, ma continuerà a effettuare le proprie valutazioni caso per caso. “Questa legge non creerà giurisprudenza. Non stabilisce alcun diritto generale alla restituzione secondo criteri astratti definiti a priori – ha spiegato il ministro della Cultura Roselyne Bachelot all’Assemblea – Implica una deroga al principio di inalienabilità delle collezioni pubbliche francesi”. Resta da vedere cosa succederà allora con gli altri paesi africani rimasti in coda: oltre al Benin e al Senegal, altri cinque hanno avanzato richieste simili. Il Ciad rivendica quasi 10 mila oggetti della collezione del Museo du Quai Branly, l’Etiopia ne richiede oltre 3 mila conservati nelle collezioni pubbliche francesi, altri ancora ne rivendicano Mali sedici, Madagascar e Costa D’Avorio.

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