PUBBLICITÁ

La nuova censura pol. corr.

La cancel culture di matrice statunitense sta stravolgendo il mondo delle lettere parigino. Le case editrici sembrano studi di avvocato, dicono gli editori francesi intervistati su Marianne

PUBBLICITÁ

Le case editrici francesi assomigliano sempre più a degli studi di avvocati, più attente a non urtare la sensibilità di determinate categorie di persone che alla qualità dei manoscritti che giacciono sulle loro scrivanie in attesa di pubblicazione. La cancel culture di matrice statunitense sta stravolgendo il mondo delle lettere parigino, racconta il magazine Marianne, che questa settimana dà spazio all’inquietudine crescente delle grandi figure dell’editoria francese.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Le case editrici francesi assomigliano sempre più a degli studi di avvocati, più attente a non urtare la sensibilità di determinate categorie di persone che alla qualità dei manoscritti che giacciono sulle loro scrivanie in attesa di pubblicazione. La cancel culture di matrice statunitense sta stravolgendo il mondo delle lettere parigino, racconta il magazine Marianne, che questa settimana dà spazio all’inquietudine crescente delle grandi figure dell’editoria francese.

PUBBLICITÁ

 

Come Olivier Bétourné, ex direttore delle éditions du Seuil. “Quando ero editore, la situazione era chiara. C’era la legge, che poteva eventualmente censurare e vietare alcuni testi. Ma c’era soltanto la legge. Oggi, alcuni gruppi di pressione, attraverso i social network, puntano a limitare la libertà d’espressione”, dice Bétourné, che ha appena pubblicato l’autobiografico “La vie comme un livre”.

  

PUBBLICITÁ

La cappa del politically correct è scesa lo scorso agosto sul romanzo di Agatha Christie “Dix petits nègres”, ribattezzato “Ils étaient dix” e bonificato anche nel testo (la parola “nègre” è stata sostituita settantaquattro volte dalla parola “soldat”) per volere del pronipote della scrittrice britannica, James Prichard. “Non usare più termini che rischiano di ferire: questo è il comportamento da adottare nel 2020”, commentò Prichard, suscitando le ire di una certa Francia, che non ha intenzione di cedere alle peggiori mode statunitensi. “E’ un’operazione mostruosa e miserabile”, reagì alla notizia della “depurazione letteraria” il filosofo liberale Raphäel Enthoven. Jean-Yves Mollier, professore di storia contemporanea all’università di Versailles e autore di “Interdiction de publier” intervistato da Marianne, si chiede: “Quale sarà la prossima tappa? Togliere sistematicamente la parola ‘negro’ dalla letteratura? Mettere al bando Aimé Cesaire e Léopold Sedar Senghor che lo utilizzavano con fierezza? Non parlare più di ‘arte negra’? Censurare il negro del Surinam, stupendo passaggio antirazzista del ‘Candide’ di Voltaire? Negli Stati Uniti, dall’ultima edizione de ‘Le avventure di Huckleberry Finn’, sono stati tolti tutti i ‘nigger’ del libro di Mark Twain. E’ una sciocchezza: il libro è profondamente antirazzista, e quel termine era il solo credibile nella bocca di un ragazzino del Mississippi alla fine del Diciannovesimo secolo”. I gruppi di pressione che reclamano l’“igienizzazione” di libri, film e qualsiasi forma di produzione culturale, coincidono con “le frange più estremiste dei movimenti rivendicativi”, afferma Mollier: dai collettivi antirazzisti alle associazioni femministe e Lgbt.

 

“Questi gruppi di pressione sono totalitari”, tuona lo scrittore francese Éric Naulleau, prima di aggiungere: “Miglioriamo il presente, ma lasciamo in pace il passato. Altrimenti, ci ritroviamo all’inizio di un processo di epurazione senza fine (…). Un libro degli anni Trenta riflette le mentalità degli anni Trenta”. Ma il terrore della nuova censura ha prodotto, secondo l’ex capo di Seuil Bétourné, qualcosa di ancor più disdicevole: l’autocensura preventiva per evitare grane giudiziarie. Anche le case editrici francesi, come quelle americane, iniziano a dotarsi di servizi giuridici che rileggono i testi e eliminano tutti i passaggi che potrebbero scatenare crociate mediatico-giudiziarie da parte delle minoranze. “Alla luce di questa situazione, come si può sperare che un autore desideroso di essere pubblicato non metta lui stesso un freno alla sua scrittura? La censura ufficiale non esiste, ma sopravvive adattandosi al nostro mondo attuale”, analizza Bétourné.

  

Anche il bollino “razzista” affibbiato da Disney Plus a “Dumbo”, a “Peter Pan”, e agli “Aristogatti” ha fatto urlare a Parigi i critici della “ricontestualizzazione”. Così come il progetto di pubblicare un’edizione critica dei pamphlet antisemiti di Céline annullata all’ultimo da Gallimard sull’onda dell’emozione. Un passo indietro, secondo lo storico Jean-Yves Mollier, “poco glorioso” per la casa editrice parigina.

PUBBLICITÁ

 

PUBBLICITÁ
Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ