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Piccola storia di un traditore fortunato: Amos Oz e l’elefantino

Non capita spesso di essere vendicati. Con magnificenza. In circostanze di rara fortuna. A me è appena capitato

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Non capita spesso di essere vendicati. Con magnificenza. In circostanze di rara fortuna. A me è appena capitato. Sapete che nel settembre del 1982 lasciai Torino e il mio posto di combattimento nel Partito comunista. Sapete che poi lasciai il partito. Sapete che presto mi considerai un eretico e un rinnegato, certamente un anticomunista. La via del mezzo, scelta da molti che amano il mercato del dissenso, mi sembrava ipocrita e indecente. Sapete anche che da allora, schierato prima con Craxi poi con Berlusconi, sono diventato per eccellenza, in certi circolini della sinistra furba e fessa e tra l’opinione pubblica qualunquista e becera degli odiatori di Bettino e del Cav., un traditore. Anzi, il traditore. Insulti, odio, aggressioni di ogni tipo al venduto, al bestione che aveva rinnegato la fede: odio teologico, si dice in questi casi, ma per la gentaccia spiccia teologico è un complimento indebito. Inoltre ho avuto successo in tv e nella vita professionale, sono diventato riccastro a forza di contratti e programmi, ho fatto un giornale con i miei amici e collaboratori, quello che leggete e che va in stampa da quasi vent’anni: certi successi meritano la spietatezza dell’invidia pura. Ci ho scritto anche un librettino, un opuscoletto laterziano, sulla storia del tradimento, elogiandolo (Lettere da un traditore).

 

Quello che non sapete è che da un anno sono divoratore dei libri, romanzi e racconti, dello scrittore israeliano Amos Oz, un talento che ha per sé la luce della grande storia letteraria sulla misura del secolo passato e di quello avvenire, una specie di gigantesco incrocio tra Lev Tolstoi e Mordecai Richler. Lo pubblica Feltrinelli, lo traduce in modo eccezionalmente limpido e sapido Elena Löwenthal. Oz è il fondatore di Peace now, un gruppo influente della sinistra pacifista israeliana. Io sono quello dell’Israel day, l’appello a scendere in piazza quando Sharon invase con i carri armati la Cisgiordania, insomma un tipaccio amico della destra israeliana sionista e nazionalista. Agli antipodi.

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Ieri leggo su Repubblica una intervista a Oz per l’uscita del suo nuovo romanzo, che correrò a leggere da dopodomani, quando esce in libreria. Chi parla con lui è Wlodek Goldkorn. E registra questa frase del maestro, uomo dell’establishment sionista, ma problematico e divinamente ispirato su tutta la storia e la leggenda di Israele nel Novecento, oltre che il maggiore esperto vivente di umanità e di ironia letteraria: “Solo chi tradisce, chi esce fuori dalle convenzioni della comunità cui appartiene, è capace di cambiare sé stesso e il mondo”. Oz aggiunge: “Anch’io sono stato più volte accusato di essere un traditore. Per me è come una medaglia al merito”. Ecco, nel mio narcisismo ferito e infine gioioso volevo segnalarvi insieme l’uscita del nuovo romanzo di Oz e la fortuna che arride o aiuta la tenacia.

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