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il colloquio

Fadlun (Comunità ebraica di Roma): "Contro di noi nelle piazze un odio criminale e omicida"

Luca Roberto

Il presidente della Comunità ebraica di Roma commenta gli insulti rivolti alla Brigata ebraica nelle città italiane in occasione del 25 aprile: "Sono frasi che hanno un'eco terribile per le nostre famiglie. I pro Palestina in realtà sono solo anti-Israele e anti-ebraici"

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Come ampiamente pronosticabile nei giorni scorsi, le manifestazioni per il 25 aprile si sono trasformate in una ribalta per gli insulti contro le comunità ebraiche. Tanto a Roma, dove si sono sentiti commenti come "ebreo cane", quanto a Milano, dove agli esponenti della Brigata ebraica nel corteo organizzato dall'Anpi hanno dato degli "assassini". "Le confido una cosa", premette al Foglio con un bel po' di sconforto Victor Fadlun, presidente della Comunità ebraica di Roma. "Per me, per la mia famiglia, queste frasi hanno un significato molto concreto, affondano nel retaggio delle nostre famiglie costrette a lasciare la Libia sotto la spinta dei pogrom e della violenza antiebraica. Ad abbandonare le case, i beni, gli affetti, le amicizie. Sono frasi che hanno un’eco terribile nei ricordi di molti ebrei romani, o perché le abbiamo vissute o perché ci sono state raccontate dai nostri genitori. E sono le frasi dell’odio antiebraico, un odio criminale e omicida. Risentirle nelle piazze romane, italiane, è impressionante. Perché noi sappiamo bene che cosa significhino quelle frasi. Quanta sofferenza e quanto sangue vi siano dietro".

  

Fadlun questa mattina era a Porta San Paolo, insieme alla Brigata ebraica, a deporre una corona in memoria della Resistenza, festeggiando la Liberazione dal nazifascismo. E nel pieno di un momento di raccoglimento s'è ritrovato di lì a poco nel mezzo di una contestazione che aveva chiari connotati antisemiti da parte dei cosiddetti "antagonisti". Quella sensazione di sconforto descritta poc'anzi, racconta al Foglio, "vale anche per quell’altra frase che viene ripetuta spesso senza che se ne comprenda fino in fondo il significato: 'Palestina libera dal fiume al mare'", e che s'è udita per le strade d'Italia anche quest'oggi. "Significa cancellare Israele e gli ebrei dalla faccia della terra, dalle mappe. A chi parla di riconoscere la Palestina e di due popoli e due stati bisognerebbe ricordare che i palestinesi sono i primi a non voler riconoscere l’esistenza di Israele e ad avere rifiutato tutte le offerte di pace della comunità internazionale", prosegue il presidente Fadlun.

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Ma com'è possibile che anche nel giorno in cui si dovrebbero festeggiare i valori della Resistenza si assista a nuovi episodi di intolleranza antisemita? "L’antisemitismo non è mai scomparso. Abbiamo cercato di spiegarlo in tutti i modi e siamo apparsi a volte come quelli che gridavano 'al lupo al lupo', come se l’odio viscerale antiebraico, capace di trovare ogni pretesto pur di manifestarsi e colpire gli ebrei in quanto ebrei, fosse diventata una nostra invenzione" dice l'esponente della Comunità ebraica capitolina. "Neanche le ricorrenze della Shoah e le tante iniziative della Memoria sono riuscite a estirpare quest’odio, che evidentemente ha radici profonde. E che torna ciclicamente nella storia, mettendo in pericolo non solo le nostre comunità, ma i valori stessi su cui si fondano la civiltà, il mondo libero, la democrazia. Ma questa non può essere una battaglia solo degli ebrei, dovrebbe appartenere a tutti. Chi manifesta a favore della pace e della Palestina dovrebbe chiedere il rilascio di tutti gli ostaggi, che è l’unico vero modo per mettere fine alla guerra, mentre non lo fa. Questo dimostra che i movimenti pro Palestina sono in realtà solo anti-Israele, e sono anti-Israele perché sono anti-ebraici".

 

Forse che, anche in ragione di un clima sempre più rovente, nelle università, nelle piazze, si sia sottovalutato quanto stava accadendo un po' ovunque nel nostro paese? "La sottovalutazione, purtroppo, è una conseguenza spesso dell’ignoranza della storia, e anche dell’ingenuità di chi pensa che gli orrori della storia non possano ripetersi, proprio per la loro enormità", analizza Fadlun, che sin dall'attacco di Hamas dell'autunno scorso è come se avesse iniziato a segnare mentalmente i cedimenti all'estremismo che ci sono stati nelle nostre società. "Dopo il 7 ottobre abbiamo assistito da un lato all’indifferenza per la caccia all’ebreo porta a porta a cui abbiamo assistito anche con dovizia di materiale video diffuso dagli stessi terroristi, e dopo l’indifferenza anche all’accanimento contro gli ebrei e contro lo Stato ebraico che è stato costretto a difendersi e a entrare in una guerra che certamente non ha voluto. E, infine, al diffondersi e propagarsi dell’antisemitismo latente in tutto il mondo, paradossalmente proprio a partire da luoghi che dovrebbero essere i templi della cultura e della libertà: le Università". Ed è proprio l'espandersi dell'odio negli atenei, come amara conclusione, a inquietare di più il presidente della Comunità ebraica di Roma, perché "è un deja vu della storia che ben conosciamo. Basta studiare la preparazione ed evoluzione della persecuzione degli ebrei attraverso i manifesti razzisti e le leggi razziali". 

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