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La metropoli-focolaio e le idee per ripartire

"Milano è sospesa, senza il coraggio di decidere del suo futuro", ci dice Boeri

Michele Masneri

Puntare sul Salone del mobile all'aperto e dare più spazio all'università, propone l'archistar ed ex assessore. Ma nessuno (per adesso) gli dà retta 

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Che ne sarà di Milano, zona rossa ma con juicio, chiusa ma anche aperta, dove tanti in questi giorni raccontano di una specie di doppio binario, lockdown ufficiale e però molti a spasso, e però giustamente mica felici, anzi preoccupatissimi per i casi in drammatico aumento?

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Che ne sarà di Milano, zona rossa ma con juicio, chiusa ma anche aperta, dove tanti in questi giorni raccontano di una specie di doppio binario, lockdown ufficiale e però molti a spasso, e però giustamente mica felici, anzi preoccupatissimi per i casi in drammatico aumento?

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Stefano Boeri, archistar riflessiva, riflette. “Milano, lo ripeto, è una cosiddetta ‘piccola metropoli intensa’, metropoli che vive sul condensare flussi su un ritmo quotidiano del pendolarismo, e poi a un secondo ritmo dei grandi eventi come il Salone del mobile e della moda e infine a un terzo ritmo, quello del turismo. Tutto questo oggi è in grande difficoltà”. Vai col ritmo: ma se nel primo lockdown gli architetti erano ascoltati e interpellati tipo aruspici, anche quotidianamente, oggi sono silenti, “mentre  proprio oggi servono idee, servono slanci, serve un guizzo”. Ce ne dia qualcuno lei. “Le università. Milano non lo sa, ma è anche una capitale universitaria, coi suoi duecentomila studenti. Che tra l’altro sono in crescita. Non c’è stata la flessione di iscrizioni che si temeva. Io per esempio al Politecnico ho dei nuovi studenti francesi e americani, e se anche dalla Francia e dagli Usa ci si iscrive al Politecnico, in questo momento storico, vuol dire che Milano ancora ha un suo significato. E allora, perché non riconvertire molti uffici vuoti a residenze studi e laboratori legati all’università? Visto che ormai gli uffici del centro rischiano di morire, visto che anche prima del Covid comunque gli studenti faticavano a trovare spazi, era tutto molto costoso a Milano”. Già, prima del Covid, sembrano cent’anni fa, la Milano efficiente e un po’ torva dei record, vituperata  dal ministro del Sud Provenzano perché “prende ma non restituisce”. “Milano è grande quando c’è un equilibrio tra creatività e generosità. Quando manca uno dei due torna a essere una piccola città”, dice Boeri. Sarà solo una coincidenza, ma questo 2020 ha portato via a Milano una serie di personalità fondative: Vittorio Gregotti, Enzo Mari; Cini Boeri, mamma dell’architetto. Figure-totem di una Milano gloriosa, quella del Dopoguerra.

  

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Forse quando tutto sarà passato Milano ne uscirà davvero migliore, depurata dalla ubris della “città che voleva fare il salone del libro, quello dell’automobile, qualunque cosa”, dice Boeri. “Bisognerebbe avere a modello la Milano di fine Ottocento, o quella dell’invenzione della Triennale, o quella dei Martinitt. E poi avere un po’ di inventiva”. Un altro guizzo? “Prendiamo la questione Salone. Non possiamo saltare un’altra edizione. Non possiamo passare due anni senza il Salone del mobile, a Milano. Allora cominciamo a studiare un’alternativa. Io ho proposto di farlo all’aperto, se non è possibile in Fiera, al chiuso. Facciamolo dunque nell’area dell’ex Expo. Organizziamo un concorso internazionale straordinario tra artisti e architetti, studiamo delle strutture di copertura bellissime, uniche, e facciamo la prima fiera del mondo outdoor: così diventa una cosa interessante, tra l’altro sarà primavera, quindi non c’è neanche un problema climatico. Ma per adesso ho ricevuto solo risposte freddine. Né sì né no. Nessuno che dica: non si fa così, ma facciamola in quest’altro modo. Perché no? Ed è pure tardi: gli operatori internazionali si stanno muovendo già adesso. Anche per la moda, la stessa cosa: cosa facciamo: andiamo avanti con le sfilate online?”. Milano insomma sembra paralizzata. Anche il sindaco, come gli architetti, era molto loquace durante la prima ondata, ora tace. “Sala ha fatto un ottimo lavoro”, dice Boeri, che è stato anche assessore, in un tempo burrascoso. “Io spero che si ricandidi”. Già, perché non si sa manco questo. Che farà Sala? Intanto anche il centrodestra tace, aspetta.

  

Incertezza. Attesa. Bene ma non benissimo, come recitava un tormentone milanese di “prima”. E Milano va avanti, gli studenti non calano, il mattone regge, si fanno perfino le grandi opere; due giorni fa lo sblocco del secondo grande scalo ferroviario, quello di Porta Romana, che verrà bonificato e trasformato nel villaggio olimpico per la Milano-Cortina 2026, anche se pensare alle Olimpiadi oggi sembra strano, irreale. “E’ un’operazione positiva”, dice Boeri. “Ma oltre a questo bisognerebbe pensare in grande. Carlo Cattaneo sosteneva che Milano è una generatrice di città. Milano dovrebbe scoprirsi grande metropoli, che dialoga con gli altri capoluoghi lombardi. E certo va avanti il progetto di riforestazione della città metropolitana, che comprende 133 comuni. Però di nuovo, ci vuole un po’ di inventiva: quella che Milano sembra aver perso”. C’è anche il tema delle connessioni fisiche, non secondario. Ciò che Milano è oggi si basa anche sull’alta velocità, sui treni veloci che la connettono al resto d’Italia. Se si torna al monopolio e i treni diventano proibitivi, altro che dare e avere, si rischia l’isolamento. Al momento uno dei due gestori rischia il fallimento. “Ma non è un problema solo per Milano”; dice Boeri. “Pensa a Bologna, che è rinata proprio grazie all’alta velocità”.

   

Milano però non ci pensa, all’isolamento. “E’ tutto un po’sospeso. E’ come se la città non avesse il coraggio di fare un passo in una direzione o in quell’altra”. Né aperta né chiusa. Tutti fanno un po’ come gli pare, “però tutti siamo circondati dal contagio. Ormai si potrebbe dire che è una piccola metropoli-focolaio. Quasi un esperimento avanzato di gregge. Forse bisognerebbe provare a fare un lockdown totale, avere tutti il coraggio di prendere almeno questa decisione”. Già, almeno questa.

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