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la polemica sull'accoglienza

Sui migranti Musumeci parla di preti politicizzati e spacca la chiesa siciliana

Luca Gambardella

Il presidente della Regione dice che ci sono vescovi seguaci di Zingaretti e Di Maio che allontanano i fedeli. I porporati divisi: Mons. Staglianò: "Non voglio pensare che lo stia facendo per la campagna elettorale". Ma per mons. Pennisi "qualche parroco ha esagerato"

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Se si parla di immigrazione in Sicilia il nome di Giorgio La Pira salta fuori quasi in automatico. Come se il “figlio della nostra terra”, il “politico-santo” da Pozzallo fosse l’unico capace di riportare, ancora oggi, un po’ di pace sull’isola. Lo citano tutti: i sindaci e i rappresentanti delle istituzioni di ogni ordine e grado, dalla costa all’entroterra. E anche i prelati, naturalmente. La Pira salta fuori per ribadire che la vera immagine della Sicilia è quella di una terra d’accoglienza, terra benedetta, terra cristiana nata per congiungere, non per slegare. Talvolta, c’è chi lo menziona solo per schermirsi, come a dire “razzista io? Io vengo dalla terra di La Pira!”. Tant’è, ma alla fine se si guarda a cosa accade nelle piazze siciliane nelle ultime settimane, nei comizi convocati in vista delle elezioni, parrebbe quasi che il “politico-venerabile” non abbia mai messo nemmeno un piede sull’isola.

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Se si parla di immigrazione in Sicilia il nome di Giorgio La Pira salta fuori quasi in automatico. Come se il “figlio della nostra terra”, il “politico-santo” da Pozzallo fosse l’unico capace di riportare, ancora oggi, un po’ di pace sull’isola. Lo citano tutti: i sindaci e i rappresentanti delle istituzioni di ogni ordine e grado, dalla costa all’entroterra. E anche i prelati, naturalmente. La Pira salta fuori per ribadire che la vera immagine della Sicilia è quella di una terra d’accoglienza, terra benedetta, terra cristiana nata per congiungere, non per slegare. Talvolta, c’è chi lo menziona solo per schermirsi, come a dire “razzista io? Io vengo dalla terra di La Pira!”. Tant’è, ma alla fine se si guarda a cosa accade nelle piazze siciliane nelle ultime settimane, nei comizi convocati in vista delle elezioni, parrebbe quasi che il “politico-venerabile” non abbia mai messo nemmeno un piede sull’isola.

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E così capita che da Agrigento il presidente della Regione Nello Musumeci lanci la sua invettiva contro, nientedimeno, i vescovi siciliani: “Non si chiedono perché la gente si allontana dalla chiesa cattolica: quando si cerca un sacerdote e le persone trovano un gregario di Zingaretti e Di Maio a fare le prediche, qualche cattolico manda a quel paese i preti e decide di pregare per conto suo”. Parole stonate rispetto alla dichiarata “ispirazione cristiana” del partito del presidente – un sempre meno profetico Diventerà Bellissima – che hanno innescato gli anatemi di alcuni vescovi. “E’ penoso”, chiosa il vescovo di Mazara del Vallo, mons. Mogavero, che insieme all’arcivescovo di Palermo, mons. Lorefice, è visto come il capofila dei porporati che cospirano e confabulano contro il presidente della Regione. “E’ tradimento del Vangelo diventare accoliti di chi pretende respingimenti, rifiuto di soccorso, discriminazioni razziste”, ha detto Mogavero. “Dovremmo bandire Vangelo e rosario e fischiare il Papa, urlando contro i migranti, per non urtare la sensibilità di chi pensa a respingimenti, rifiuto di soccorso e non accoglienza?”.

Il fronte di chi attacca Musumeci è ampio e, ad aggravare la posizione dei vescovi agli occhi del presidente della regione è il loro appoggio alle tesi del governo Conte, che ha impugnato l’ordinanza emessa da Palazzo d’Orleans il mese scorso, quella che prevede lo svuotamento immediato dei centri di accoglienza siciliani. Un documento amministrativo quasi privo di effetti, ma che ha fatto arrabbiare la chiesa. Mons. Antonio Staglianò, vescovo di Noto e delegato della Cei per le migrazioni, prova a moderare i toni. “Si arriva a dire che siamo supporter di Di Maio e Zingaretti… Ma si può? Se dico qualcosa di diverso allora che significa? Che sostengo Salvini? Dobbiamo darci aiuto e fiducia reciproca, piuttosto – spiega il vescovo al Foglio – Se Musumeci si esprime in un certo modo non voglio pensare che lo stia facendo per la campagna elettorale. E d’altra parte, lui non può pensare che i sacerdoti siano politicizzati”. Per Staglianò, la solitudine del governatore – lasciato solo dal governo, come spesso lamentano anche gli altri amministratori locali – è “comprensibile”, ma va anche chiarito che “la voce dei vescovi non è partitica, non è né di sinistra né di destra, che tra l’altro sono categorie desuete. Oggi si parla di pietas e humanitas e la voce dei vescovi non può che essere quella dei migranti”. Sedersi a un tavolo e parlare, quindi, per lanciare quello che Staglianò ha ribattezzato un “patto umanitario”: “Si tratta di attivare una piattaforma dove tutti possono indicare gli strumenti per gestire il fenomeno migratorio nell’isola, che è complesso”. Dice Staglianò che la chiesa è protagonista dell'accoglienza e volersi turare le orecchie per non ascoltarla va contro ogni logica. “Chiediamo solamente di potere partecipare a un dibattito, fermo restando che noi vescovi non possiamo entrare a gamba tesa su questioni politiche. Però, quando si parla di accoglienza è diverso”.

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Ma il fronte dei porporati siciliani non è compatto, e alla frangia guidata dalle curie di Palermo, Mazara e Noto si oppone quella per esempio di Monreale, dove mons. Michele Pennisi tiene a precisare, parlando al Foglio, che “qualche differenza tra i vescovi c'è”. “Le parole di Musumeci sono gravi, ma è altrettanto grave che qualche parroco abbia fatto ricorso alla Corte costituzionale per qualche atto amministrativo”, dice Pennisi riferendosi ancora alla faida per l'ordinanza anti migranti. Due giorni fa il vescovo di Cefalù, mons. Giuseppe Marciante, ha tentato di riprendere il filo del dialogo e ha incontrato il presidente della Regione. Ma l'anatema di quei vescovi che per Musumeci sono accoliti di Zingaretti e Di Maio rischia di lasciare segni indelebili nelle relazioni tra la chiesa e Palazzo d'Orleans. Su Mogavero che ha accusato il governatore di avere voltato le spalle al Vangelo, Pennisi fa spallucce: “Ognuno è libero di dire ciò che vuole”. La Pira, “profeta del dialogo”, non è mai stato così distante dalla Sicilia.

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