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Quarantene in mare, no grazie

Redazione

Prolungare l’agonia dei migranti non è solo illogico, è anche uno sperpero

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Mercoledì in rada a Porto Empedocle un tunisino di 28 anni è morto dopo essersi gettato in mare da una delle due navi affittate dal governo per mettere in quarantena i migranti sbarcati sulle coste italiane. Dopo avere attraversato il Mediterraneo su un barchino, il ragazzo era arrivato a Lampedusa per poi essere costretto, insieme ad altre 119 persone, a tornare in mare in quarantena a bordo della Moby Zazà. Con un gesto disperato, dato che il mare era forza 5, il giovane ha tentato inutilmente di raggiungere la terraferma. La sua morte ha scatenato la rivolta degli altri migranti rimasti a bordo che chiedevano di sbarcare e solo l’intervento della Croce Rossa è riuscito a placare gli animi.

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Mercoledì in rada a Porto Empedocle un tunisino di 28 anni è morto dopo essersi gettato in mare da una delle due navi affittate dal governo per mettere in quarantena i migranti sbarcati sulle coste italiane. Dopo avere attraversato il Mediterraneo su un barchino, il ragazzo era arrivato a Lampedusa per poi essere costretto, insieme ad altre 119 persone, a tornare in mare in quarantena a bordo della Moby Zazà. Con un gesto disperato, dato che il mare era forza 5, il giovane ha tentato inutilmente di raggiungere la terraferma. La sua morte ha scatenato la rivolta degli altri migranti rimasti a bordo che chiedevano di sbarcare e solo l’intervento della Croce Rossa è riuscito a placare gli animi.

  

“E’ questa la prima vittima di una delle misure illogiche intraprese dal governo italiano che si sono tramutate in strumenti inutili e lesivi dei diritti delle persone soccorse”, denunciano le ong Medici senza frontiere, Mediterranea, Open Arms e Sea Watch. “Tenere per settimane su una nave chi ha trascorso giorni in mare su imbarcazioni di fortuna ed è scampato a un naufragio è da sadici e l’emergenza sanitaria non lo giustifica”, ha scritto in una nota Riccardo Magi, deputato di +Europa. Per l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, l’epidemia di Covid-19 non giustifica la chiusura dei porti: “Gli stati devono continuare a fare sbarcare le persone in linea con il diritto internazionale”, diceva una nota rilasciata venerdì. E’ chiaro però che le quarantene in mare non funzionano. Tenere ancora a bordo dei naufraghi già scampati alla morte è una scelta fallimentare, sia in termini economici – si parla di uno sperpero di circa 40 mila euro al giorno per ogni nave impiegata – sia in termini di logica, perché prolunga l’agonia di persone sfinite fisicamente e psicologicamente, creando i presupposti per altre tragedie annunciate. Prevenire i rischi di una propagazione del Covid-19 tra i migranti è giusto e lecito. Farlo sulla terraferma lo sarebbe ancora di più.

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