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I premi dell'academy

Con "American Fiction" Cord Jefferson vince un Oscar contro il politicamente corretto

Mariarosa Mancuso

La pellicola tratta dal romanzo "Cancellazione" vale la statuetta per la migliore sceneggiatura non originale. Christopher Nolan aveva un credito dal 2017, lo riscuote con  Oppenheimer premiato come miglior film. Niente da fare per Garrone, tra gli stranieri vince "The Zone on Interest”

"American Fiction” era il nostro candidato, e ce l’ha fatta. La statuetta per la migliore sceneggiatura non originale (adattata dal romanzo “Cancellazione” di Percival Everett, la Nave di Teseo) non vale quella per il miglior film. Ma la prima posizione era già prenotata da “Oppenheimer”. Anzi da Christopher Nolan che nel 2017 aveva diretto un film straordinario come “Dunkirk”: i tempi di reazione dell’Academy funzionano così.

Il premio a Cord Jefferson, che di “American Fiction” è regista al primo film oltre che sceneggiatore, vale doppio. Triplo se consideriamo che la storia fa a pezzi la correttezza politica. Proprio l’atteggiamento che aveva dato per sicura vincente l’attrice Lily Gladstone in "Killers of the Flowers Moon”. Erano già pronti i titoli, da Piccola Piuma - che nel 1973 rifiutò l’Oscar per conto di Marlon Brando nel “Padrino” - al trionfo della prima nativa americana candidata. Un piccolo passo per gli Oscar, un grande passo nella storia dell’inclusione (o dei premi politici, o della donne che si fanno avvelenare dall’innamorato).

Ha vinto invece Emma Stone, per la grande e sfacciata prova in “Povere creature” di Yorgos Lanthimos. Una donna fabbricata in laboratotorio, che deve imparare tutto: come comportarsi in società, senza dire "adesso vado e gli do un pugno” se un bambino disturba la cena. Il vestito di Louis Vuitton non era fatto per ridere e voltarsi di scatto quando Ryan Gosling le ha sussurrato nell’orecchio “I’m just Ken”. Vestito con l’identico punto di rosa di Marilyn Monroe quando cantava “Diamonds are a girl’s best friend”, entrambi con un certo numero di boys a fare da contorno.

Altra commemorazione degli anni 70 - dello streaker che attraversò il palco nudo, alle spalle di David Niven. Il wrestler John Cena che presenta il premio per i costumi nudo e in ciabatte, il pudore affidato alla busta con i nomi dei vincitori. Vince ancora una volta “Povere creature” - meritatissimo.

Il premio per la migliore sceneggiatura originale va a Justin Triet e Arthur Harari, che hanno firmato “Anatomia di una caduta” (bella soddisfazione, e vergogna per la Francia che per dispetto - i politici che si occupano di coltura sono suscettibili - non lo ha voluto come candidato ufficiale agli Oscar) Uno dei film “scritti durante il covid”, ormai ne abbiamo contati diversi. In platea, con il farfallino, c’era Messi, il border collie che recita nel film, già vincitore della Palme Dog a Cannes.

Tra i film stranieri c’era “Io capitano” di Matteo Garrone, raro film italiano bello e di respiro internazionale. E’ stato battuto da “The Zone of Interest” di Jonathan Glazer, che ha fatto la sua dichiarazione politica. Bontà sua, mettendo nel numero anche le vittime israeliane del 7 ottobre. Fuori dal teatro, in zona red carpet, i manifestanti pro-Palestina bloccavano il passaggio. La cerimonia guidata da Jimmy Kimmel - senza battute memorabili - ha ridotto i tempi. Come promesso da tempo, nessuno finora c’era riuscito.

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