PUBBLICITÁ

cannes 2022

“Elvis” vuole far rivivere le sale, mentre in Iran si girano film niente male

Mariarosa Mancuso

Baz Luhrmann firma il biopic che racconta il rapporto controverso tra il cantante di Memphis e un irriconoscibile Tom Hanks. Anche "Leila’s Brothers” nato nella mente di Saeed Roustaee è la storia ben scritta e ben girata di un'esplosione famigliare. I titoli ingolosiscono e fanno brillare gli occhi 

PUBBLICITÁ

"Giù le mani dal mio bambino!”, urla la madre di Elvis Presley strattonando la fan avvinghiata alla coscia del rampollo, durante uno dei primi concerti. Lontano dalle fiere di paese dove aveva cominciato: nei tendoni, il suo futuro manager Tom Parker trafficava da imbonitore, magnificando l’illusione contro l’apparenza. Il cinema, insomma. Teoria e pratica: si faceva chiamare colonnello, sosteneva di essere americano. Era olandese, lavorava a percentuali mai viste nel mondo dello spettacolo: intascava metà dei soldi, l’altra metà andava al cantante che ha venduto più dischi nella storia della musica. I gruppi fanno storia a parte.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


"Giù le mani dal mio bambino!”, urla la madre di Elvis Presley strattonando la fan avvinghiata alla coscia del rampollo, durante uno dei primi concerti. Lontano dalle fiere di paese dove aveva cominciato: nei tendoni, il suo futuro manager Tom Parker trafficava da imbonitore, magnificando l’illusione contro l’apparenza. Il cinema, insomma. Teoria e pratica: si faceva chiamare colonnello, sosteneva di essere americano. Era olandese, lavorava a percentuali mai viste nel mondo dello spettacolo: intascava metà dei soldi, l’altra metà andava al cantante che ha venduto più dischi nella storia della musica. I gruppi fanno storia a parte.

PUBBLICITÁ


Baz Luhrmann mette i lustrini sul marchio della Warner Bros, che farà uscire il film il 22 giugno. Anche in Italia. Se il cinema non rivive con le acrobazie di Tom Cruise in “Top Gun: Maverick” e poi con questo sfolgorante biopic, vuol dire che davvero si è persa l’abitudine. Non si va al cinema neanche in presenza di titoli che ingolosiscono e fanno brillare gli occhi. Incrociamo le dita, nulla è peggio dei profeti di sventura.


“Muovi il bacino”, raccomanda il colonnello Parker. E’ Tom Hanks, imbolsito per l’occasione, che parla dal letto d’ospedale: ma Baz Luhrmann è troppo astuto e originale, subito ce lo fa dimenticare. La mamma è rimasta a Graceland, la casa comprata con i primi soldi. Le ammiratrici urlano, lanciano reggiseni, si fanno trovare nella sua camera da letto. La mossa era irresistibile, la musica mischiava country, rhythm & blues, gospel, rock & roll: tutto quel che aveva ascoltato da giovanotto, nelle sue scorribande tra i neri di Memphis. Imperdonabili, per i bianchi perbene che si ritrovano genitori di figlie urlanti.


“Elvis” sarebbe stato il film ideale per aprire Cannes post pandemia (saltato nel 2019, l’anno scorso era di luglio, con mascherine e tamponi di cui non resta traccia). Gioioso e trascinante, una festa in musica con i costumi disegnati da Catherine Martin, moglie del regista. Un attore da innamorarsi all’istante, di rara bellezza e bravura. Si chiama Austin Butler, sarà il nuovo Leonardo DiCaprio. Ma per regolamento, il film che apre il festival deve uscire il giorno stesso nelle sale francesi. La memoria dello spettatore non regge neanche un mese. A mille miglia da Abbas Kiarostami. Più o meno da quelle parti si collocano i nuovi e bravi registi iraniani. Asghar Farhadi, per cominciare: in “A proposito di Elly” aveva mostrato la borghesia che passa le vacanze al mare, compra borsette Vuitton, parla, divorzia e attacca briga (per il venerato maestro erano poveri nelle casupole, silenziosi, con i quaderni di scuola da riportare all’amico che sta chissà dove). 

PUBBLICITÁ

 

Saeed Roustaee – nato a Teheran, 32 anni il prossimo agosto – comincia il suo terzo film, “Leila’s Brothers”, inquadrando una fabbrica. E gli ascensori in vetro negli uffici dei ricchi – diventati tali con uno “schema Ponzi”, le truffe a catena che ripagano i primi investitori e fanno perdere tutti gli altri. Niente caprette e aratri, una famiglia con quattro figli disoccupati e un solo cervello, toccato alla figlia femmina, non sposata, che cerca di preservare i pochi risparmi dalla truffa “che rende ricchi”.
Progetta di usarli per comprare un negozietto al nuovo centro commerciale e far vivere tutti decentemente. Anche il padre, il più odioso, che vuole spendere i soldi che possiede in un regalo di nozze molto costoso. Così deve fare un patriarca, e lui tiene al suo ruolo. Parlano e parlano, e intanto escono i segreti pregressi. Ben scritto e ben girato, con bravi attori. Un premio lo merita. Poi le quasi tre ore andrebbero spezzettate in una serie.

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ