La grande battaglia che si combatte nella chiesa
Il Papa ordina il mea culpa pubblico al cardinale Sarah. Ma in gioco c’è la rotta da dare alla chiesa, per l’oggi e soprattutto per il domani
Per capire l’aria che tira dalle parti del Vaticano è sufficiente spendere qualche minuto per leggere la lettera che il Papa ha spedito al cardinale Robert Sarah, prefetto della congregazione per il Culto divino. Si tratta di una sfiducia pubblica, che verosimilmente porterà in un lasso di tempo non troppo ampio all’avvicendamento del cardinale guineano, benché diversi osservatori di affari curiali sostengano che l’ipotesi più probabile sia il mancato rinnovo del mandato quinquennale. Un po’ come accaduto a luglio al prefetto per la Dottrina della fede, Gerhard Ludwig Müller. I fatti: lo scorso settembre, Francesco aveva promulgato il motu proprio Magnum Principium che affidava alle conferenze episcopali nazionali tutti i poteri circa la traduzione dei testi liturgici. Alla Sede apostolica rimaneva solo la potestà di confermare (confirmatio) le decisioni dei vescovi locali.
Il Papa però può fare quello che vuole, è libero di avvicendare vescovi e porporati senza dover rendere conto a nessuno. Bergoglio in questo pare più convinto dei suoi predecessori. Non è tanto questione di essere conservatori o progressisti: Francesco cerca esecutori silenziosi e poco appariscenti. Dell’orientamento o della sensibilità del collaboratore non si interessa troppo (al posto di Müller al Sant’Uffizio ha messo Ladaria, che non è certo un seguace di Leonardo Boff e lo stesso Sarah è stato promosso al Culto dal Pontefice regnante). La lettera diffusa domenica dalla sala stampa vaticana rende però ancora una volta palese la spaccatura profonda nella chiesa, con una parte che incoraggia il repulisti di oppositori e legalisti “farisei” e l’altra che per poco non parla addirittura di persecuzione.
Cordate, correnti, persino “partiti”. Clima da torcida, con tifo spinto su questioni dirimenti, non sul colore delle scarpe papali o sulla qualità del menù di Santa Marta. Famiglia, morale, liturgia. In gioco c’è la rotta da dare alla chiesa, per l’oggi e soprattutto per il domani. Le posizioni, come s’è visto anche dalle opposte petizioni che circolano in queste settimane, sottoscritte anche da vescovi, sono inconciliabili. E l’evangelico ut unum sint (affinché siano una cosa sola) non pare essere la definizione più appropriata per valutare i marosi in cui naviga la barca di Pietro.