Foto di Christian Bowen, via Ansa 

Il dibattito

ChatGPA e orfani che forse non lo erano. Affettuosa risposta a Tiliacos

Michele Masneri

No alla bioingegneria, ma no anche alla psicopolitica. Il dibattito sulla surrogata è da ampliare alle donne e agli uomini che ne hanno fatto esperienza

Dopo la ChatGPT, siamo in tempi di ChatGPA. Ognuno sulla gestazione per altri si alza ogni giorno e dice la sua, sapendo che deve surclassare quello detto il giorno prima da qualcun altro. Così ecco le donne ridotte a “distributori di sigarette” (!), e a “sfornare patate” (!), per la famosa dittatura del politicamente corretto imperante in Italia. La ChatGPA ignora peraltro che il neoproibizionismo fratellista, su questioni che anche la portinaia di Voghera (la casalinga ha già fatto le sue eterologhe da anni) considera marginali e superate, faranno venire anche a chi proprio non ci pensava una gran voglia (secondo le più basiche logiche di psiche e di marketing) di fare subito dodici gemelli surrogati, dieci rave, quindici indigestioni di carni sintetiche, con magari una spruzzata di grilli nel forno gestito da intelligenza artificiale.

Come quando a noi scolaretti (cristiani italiani ecc.) la mamma imponeva la mela biologica a km zero per la merenda diffidandoci da quei bambinacci che si sa in quelle case come si mangia. E noi poi a scuola la mela la buttavamo subito, in cambio della più chimica e peccaminosa merendina vietatissima a casa. 

Rispondo invece con piacere a Nicoletta Tiliacos, che a sua volta rispondeva a me qualche tempo fa qui. Tra l’altro mi viene in mente che si potrebbe ampliare il dibattito a donne e uomini che la gpa l’hanno fatta, magari persone come Mattia Zecca, che ha raccontato dei suoi bambini surrogati qui nel “Figlio” di Annalena Benini. Tiliacos dice che la pratica – surroga o affitto come vogliamo chiamarla – non ha paragoni, “non può essere pensata in analogia con altre cose” e però Nicoletta tu me la paragoni subito a un organo, che infatti non si può vendere (ma un bambino non è un organo); me la paragoni al sangue, che pure non si può vendere, ma è un’altra cosa.

A me la cosa più simile che viene in mente sono invece le vecchie balie. In molte famiglie c’erano donne che non avevano latte e spedivano i bambini per mesi, anni, a suggere il liquido vitale da altre donne dietro compenso. Ognuno aveva dei “fratelli di latte” cresciuti insieme allo stesso seno. Non era moralmente riprovevole. Scandaloso, certo, sarebbe ora: ma in ottica di “ritorno alla famiglia tradizionale”, e del Santo Liceo Agrario, caldeggiato da Meloni, non vorrei dare spunti al governo (da Fratelli d’Italia a fratelli di latte è un attimo). 

Nel frattempo l’Europa ci bacchetta, non registrare i bambini delle coppie gay è sbagliato è illegale, dicono (proposta: fingiamo siano figli di balneari, e facciamo una sanatoria). Altra questione che tu poni è che questi figli nascerebbero “già orfani”. Mah. Dovresti vedere certi figli di due mamme e due papà, son famiglie affollatissime (per non dire dei nonni: sarebbe interessante il parere di qualche nonno surrogato, magari notaio o commissario di P.s). Che poi: che fare allora di quei papà anzianissimi che procreano in articulo mortis creando dunque orfani certi e certissimi a breve scadenza? Lì però lo stato non interviene, non vengono chiamati pedofili e nazisti, lo stilista vetusto Roberto Cavalli che ha appena procreato a 82 anni il suo bebé (con una moglie di mezzo secolo più giovane) è accolto dal giubilo, è nata ‘a creatura. Nessuno fa test psicologici a questi signori né a queste signore, nessuno ne mette in dubbio le motivazioni purissime e disinteressate, perché le signore che procreano con gli ottantenni lo fanno certamente per dare un figlio a Dio e non come quegli egoisti narcisi delle surrogacy

Interessante, infine, anche il punto di vista della “belva” Anna Maria Bernardini de Pace, che, da destra, ma soprattutto da avvocato, ha fatto notare su questo giornale come per l’ordinamento italiano la prostituzione non sia reato. “E la prostituzione consiste proprio nell’offerta del proprio corpo agli estranei per motivi di denaro, e quindi di sopravvivenza. Esattamente come fanno le mamme per altri, che offrono il loro corpo per nove mesi di fila. Perché questo dovrebbe essere sfruttamento delle donne? O strumentalizzazione della povertà? Sono donne adulte e libere che si propongono, e che quindi hanno scelto liberamente quel modo per procurarsi reddito (invece di prostituirsi, di fare le pulizie, di raccogliere pomodori, di scaricare le casse al supermercato). Non riesco a immaginare delle coppie che girino nel mondo per convincere una donna a impegnarsi in una gestazione non voluta e non spontaneamente decisa”.

Non è reato nemmeno se la donna abbandona il pargolo dopo averlo partorito. Dunque che senso ha che sia reato, invece, oltretutto gravissimo e terracqueo, se porta avanti una gravidanza per altri? Non sta in piedi. “È meglio abbandonare i figli a una casa famiglia o affidare un figlio a una famiglia con una casa confortevole?”, si chiede Bernardini de Pace.

Insomma, non mi convincete neanche a ‘sto giro: peraltro leggendo l’interessante romanzo autobiografico di Roccella, “Una famiglia radicale”; appena uscito per Rubbettino, e che hai presentato recentemente insieme all’autrice-ministra, mi è tornato in mente il Gattopardo, con l’ambientazione nella grande famiglia siciliana, però a Caltanissetta invece che a Palermo, e invece dei Salina numerosi e regolari, qui i Roccella parenti siculi accolgono la piccola Eugenia abbandonata dai genitori per i primi anni di vita (mentre i genitori se ne stanno a far baldoria in continente).

Però non è che la politica sia far soffrire o evitare ai cittadini i traumi subiti dal politico piccino. Come Meloni: io non ho avuto il papà, quindi voi… Insomma, no alla bioingegneria, ma no anche alla psicopolitica. Del resto la principessa di Lampedusa, come si sa una delle prime freudiane d’Italia, e il marito romanziere, quel Tomasi forse fluido, erano sterilissimi, e adottarono poi il cugino Gioacchino. E il povero Tancredi? Nel romanzo era orfano di madre e di padre e per di più senza un centesimo: certo, poi si butta in politica pure lui, come Roccella. Però non è che si mette a fare il bacchettone; piuttosto balla e festeggia e pensa a un buon matrimonio! E padre Pirrone zitto (baci radicali, e gattopardeschi). 

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  • Michele Masneri
  • Michele Masneri (1974) è nato a Brescia e vive prevalentemente a Roma. Scrive di cultura, design e altro sul Foglio. I suoi ultimi libri sono “Steve Jobs non abita più qui”, una raccolta di reportage dalla Silicon Valley e dalla California nell’èra Trump (Adelphi, 2020) e il saggio-biografia “Stile Alberto”, attorno alla figura di Alberto Arbasino, per Quodlibet (2021).