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Calenda è un leone, e morde (riformisticamente, chiaro)

Andrea Mercenaro

Ruggisce, dà zampate, ha obbligato i detrattori a fuggire nella macchia a rotta di collo. Poi gli nomini Renzi...

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Un leone. Che piaccia o che non piaccia, che lo si apprezzi oppure no, Carlo Calenda è un leone. Non solo in grado di valutare, è il tipo che ruggisce, dà zampate. Ha ruggito alla proposta di primarie fasulle per la candidatura a Roma; ha ruggito presentandosi, contro ogni pronostico, in una lista tutta sua; ha azzannato Letta, Bettini e il Pd; ha obbligato i detrattori a fuggire nella macchia a rotta di collo. Calenda sa estrarre gli artigli in quei ring da tre copechi che sono i talk-show. Vogliono il sangue? occhio che sono io, il maschio alfa della savana, e io son qui. Lui apprezza l’odore del sangue, morde (riformisticamente, questo sempre) e reagisce. Taci che ci siamo, ti dici. Poi gli nomini Renzi. Oh madonnina santa: mai visto un leone maschio con quei tacchi da Gruber.

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