Neuroni in un tessuto coltivato in vitro (foto Wikimedia)

Ecco lo studio che rivoluzionerà le nostre certezze sul sistema nervoso. E aiuterà a evitare gli psicofarmaci

Massimo Piattelli Palmarini

Fino a ora si era creduto che l’unità funzionale elementare fossero i neuroni. Adesso si apre un fronte nuovo nelle neuroscienze

Oggi, 9 giugno, al grande convegno annuale internazionale sullo studio della coscienza, a San Diego, in California, il neuroscienziato di origine indiana Anirban Bandyopadhyay, capo di un agguerrito laboratorio a Tsukuba, la Città delle scienze nei pressi di Tokyo, presenta una scoperta veramente rivoluzionaria. Confermando la solidità di un indirizzo di ricerca iniziato circa sei anni fa, Anirban annuncia la scoperta di oscillazioni ultra-microscopiche all’interno dei singoli neuroni. Questo apre un fronte nuovo nelle neuroscienze, in quanto si era fino a ora creduto che l’unità funzionale elementare del sistema nervoso fossero i neuroni. Lo sono, certo, ma al loro interno si intesse un complesso di oscillazioni rapidissime, dovute ad aggregati di molecole altamente organizzati. In sostanza, fino a oggi, si riteneva che ogni neurone fosse una sorta di sacchetto, racchiuso da una membrana, la sola capace di attivarsi elettricamente. Mediante particolari molecole chiamate neuro-trasmettitori il neurone influenza positivamente (eccitando) oppure negativamente (inibendo) la scarica di altri neuroni, con i quali è connesso.

Anirban Bandyopadhyay (foto via YouTube)


Anirban e collaboratori usano l’immagine di un pallone di gomma, tale che l’attività è tutta concentrata sulla gomma che racchiude il pallone. Le migliaia di filamenti all’interno del neurone, in particolare i cosiddetti micro tubuli, erano pensati come uno scheletro passivo, deputato solamente a creare e mantenere la forma del neurone nel suo insieme. Invece si è ora constatato che questi micro filamenti sono generatori di rapidissimi segnali, il complesso di questi segnali modula il segnale prodotto dal neurone. Lascio descrivere ad Anirban, in esclusiva per il Foglio, l’essenza della sua scoperta: “Per molti decenni (dal 1907 in poi, se si vuol essere precisi), nelle neuroscienze ordinarie si è ritenuto che fosse la membrana dei neuroni a generare ed elaborare l’informazione. Era, per così dire, una concezione dermatologica dei neuroni. Ora abbiamo scoperto che esiste un segnale nascosto che attraversa il singolo neurone in un tempo mille volte più breve del millisecondo comunemente registrato dalle tecniche usuali, cioè un segnale che dura un millesimo dell’impulso nervoso standard. Questo segnale ultra-veloce esplora automaticamente, all’interno del neurone, il miglior itinerario, percorrendolo con la massima intensità e, in essenza, decidendo quali sono i parametri ottimali per scatenare l’impulso nervoso, cioè proprio quello che da gran tempo abbiamo già studiato, quello che figura su tutti i manuali di neuroscienze”.

  

Il metodo usato per rivelare questo mini-segnale rapidissimo è stato messo a punto lungo gli ultimi anni da Anirban e collaboratori. Me lo riassume così: “Abbiamo costruito una sonda coassiale sottilissima, assai inferiore al diametro di un capello, la inseriamo all’interno di un singolo neurone, senza perturbare l’attività globale del neurone medesimo, registrando il trasporto del segnale rapidissimo di cui ho detto sopra. Abbiamo così stabilito che molti segnali percorrono l’interno di un neurone, ben prima che il neurone nel suo insieme scarichi il suo impulso. Questi micro eventi sono molto interessanti. Per oltre un secolo si è creduto che la scarica di un neurone fosse un evento singolo a se stante, ma non è cosi”.

  

Inevitabilmente, chiedo ad Anirban quali sono le possibili ricadute pratiche di questa scoperta. Mi risponde: “Le scariche nervose anomale, nelle malattie che coinvolgono il cervello, possono essere modulate e perfino annullate dall’esterno, senza inserire elettrodi”. 

  

“Si tratta di applicare una sapiente combinazione di vibrazioni – prosegue Anirban – Si potranno evitare gli psicofarmaci, cioè interventi di natura chimica, che sono spesso causa di effetti collaterali indesiderabili, con dinamiche nemmeno ben identificate”.

  
Il convegno annuale sullo studio della coscienza annovera centinaia di conferenzieri e alcune migliaia di iscritti, provenienti dai quattro angoli della terra. In sedute parallele, si spazia dalla meditazione trascendentale alla filosofia della mente, alle neuroscienze. Comunicazioni “bomba” come questa di Anirban Bandyopadhyay rischiano di essere un po’ diluite nel gran marasma. In ossequio al tema generale del convegno, cioè la coscienza, Anirban azzarda possibili spiegazioni della coscienza centrate sui micro segnali, sui micro tubuli. L’organizzatore principale di questi eventi, l’anestesiologo e neuroscienziato Stuart Hameroff (Università dell’Arizona) e il suo coautore, l’insigne fisico e matematico inglese Sir Roger Penrose, ne sono entusiasti. A me la spiegazione neuro-molecolare della coscienza sembra un’utopia, ma l’impatto delle tecniche e delle scoperte di Anirban e colleghi sulle basi della memoria e del funzionamento del sistema nervoso sembra molto, molto promettente.

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