Dalla right nation alla wrong nation. La chiesa tra streghe e censori

Al direttore - Non bastava il popolo, adesso pure the people?

Giuseppe De Filippi

 

Comprare americano, assumere americani, più protezionismo, più isolazionismo – Trump lo ha sintetizzato così ieri: “Protection will lead to great prosperity and strength”. Noi lo sintetizziamo così: dalla right nation alla wrong nation.

 

Al direttore - Ho la sensazione che l’attuale dibattito politico prescinda da una questione essenziale, e cioè che l’esito del referendum abbia gettato l’Italia nella palude della peggiore politica. E non c’entra niente rendere omaggio al popolo sovrano. Il popolo sovrano è padrone del proprio destino, sì, nel bene ma anche nel male. E quando parlo di popolo non mi riferisco solo ai comuni cittadini ma anche a tutta quella classe dirigente della cultura e dell’economia che sulla gente ha un’ineludibile influenza. Il fatto è che il referendum costituiva una prova d’appello della capacità del nostro paese di uscire dalla crisi e di imboccare una strada del cambiamento e delle riforme. Questa possibilità è stata bocciata. E ora ci troviamo, come era ampiamente prevedibile, in un vero e proprio pantano in cui prosperano le logiche più deteriori dei partiti e dei loro interessi. Il ritorno a una legge proporzionale è solo una delle conferme di un ritorno al passato. Approvare una nuova legge proporzionale, cancellando il tentativo fatto con l’Italicum di votare con una legge che assicurasse governabilità e stabilità, significa assicurare prima di tutto gli interessi dei partiti anziché dei cittadini, preparando dopo il voto un sicuro inciucio. La mia opinione è che, in questo contesto, le forze e i cittadini che hanno creduto nella sfida lanciata da Renzi con il referendum e con le riforme, rischiano di trovarsi orfane di un punto di riferimento. Per questo spero che proprio Renzi non lasci cadere questa bandiera e indichi una nuova e credibile prospettiva per chi ancora crede, nonostante tutto, nella possibilità di rinnovare l’Italia. Quel quaranta per cento di cittadini che ha votato sì al referendum appartiene certamente a quella sinistra che vuole modernizzarsi, ma anche a un’area trasversale che è alla ricerca di una novità solida e convincente della politica italiana e che ha un potenziale di consenso molto vasto. Chi saprà riunirla e convincerla con progetti che guardano al futuro e non al passato – e io penso che oggi l’unico a poterlo fare sia Renzi – avrà il consenso di chi non considera inevitabile la decadenza del nostro paese. E dunque il Pd di Renzi può, e a mio avviso deve, diventare un partito che somigli sempre più ai Democratici americani, le cui fondamenta si basino su princìpi di uguaglianza sociale ma che superi quel muro ideologico fra destra e sinistra che caratterizza la storia dell’Italia, evocando da una parte lotte ideologiche cruenti e dall’altra inciuci, in entrambi i casi dannosi per il paese. Un partito che dunque sbaraglierebbe la politica italiana, facendo saltare finalmente i suoi malsani equilibri basati proprio su questa contrapposizione destra-sinistra ormai superata dai cambiamenti sociali ed economici nel mondo. Renzi ha il coraggio e la forza di farlo. Lo faccia per il suo Pd, quel Pd che vuol cambiare, tenendo il passo coi tempi. Lo faccia per quella parte di elettori che non ha mai votato quella sinistra ottusa, obsoleta ma che ha visto in lui la speranza di un paese migliore, più moderno, più giusto.

Sen. Manuela Repetti

 

Al direttore - Magari è una post verità, anzi proprio una bufala, ma gira voce che sotto pseudonimo, Massimo D’Alema torni in libreria con la riedizione del suo bestseller “Un paese normale”. Ah, dimenticavo, pare che lo pseudonimo scelto sia Carlo Collodi.

Valerio Gironi

 

Al direttore - Come spesso gli capita, Giuliano Ferrara ha una visione delle cose più cattolica di tanti sedicenti cattolici. Cattolica, dico, cioè improntata al più sano e disincantato dei realismi, delle cose come stanno e non come vorremmo, anzi vorrebbero che fossero i soliti moralisti un tanto al chilo e a senso unico. Adesso, complice l’ennesimo libro-denuncia, ci risiamo coi preti pedofili. E vai con la gogna. Dopo lo scandalo (presunto, ovvio) degli atti(ci) degli apostoli eccoci introdotti direttamente nell’antro dell’orco. Trascurando il non banale particolare che la pedofilia, numeri alla mano, resta un fenomeno assolutamente marginale tra le file del clero; ma soprattutto con buona pace del fatto che che il brodo di coltura di certo prurito moralizzatore – come ha magistralmente sottolineato ieri Ferrara – è lo stesso della “mitica” rivoluzione sessuale di sessantottarda memoria che, tra le altre cose, puntava (e punta) proprio alla “normalizzazione” della pedofilia. Leggere per credere “Unisex”, documentatissimo (e agghiacciante) saggio scritto a quattro mani da Enrica Perucchietti e Gianluca Marletta (si veda in particolare il capitolo 9 su “Ideologia gender e pedofilia”). Ma tant’è. Non la scopriamo certo ora l’ipocrisia laicista che vuole la pedofilia un orientamento sessuale come gli altri salvo poi stracciarsi le vesti quando questo orrendo peccato riguarda qualche uomo di chiesa. Avanti il prossimo.

Luca Del Pozzo

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