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Troppa grazia

Nicoletta Tiliacos

Termosifoni accesi a giugno nella struttura di accoglienza per i Rom. Che c’entri il “nano feroce”?

In questi confusi giorni, consumati febbrilmente nell’impossibile decifrazione di quel fenomeno criminal-mediatico-circense comunemente chiamato Mafia Capitale, capita di leggere giudizi davvero troppo ingenerosi nei confronti dell’Urbe e dei suoi amministratori passati, presenti e perfino futuri, ché certe male piante pare si giovino segnatamente del clima capitolino e magari pure dei miasmi del Tevere (consigliere comunale avvisato, mezzo salvato). Ora, per esempio, esce fuori questa storia del “nano feroce”. Si tratterebbe di un personaggio potente – un politico, sennò non vale – e di certo misteriosissimo. Lo ha evocato in un’intercettazione Massimo Carminati, detto er Cecato. Sarà, il “nano feroce”, destinato a occupare nell’immaginario criminale italiano, lo spazio già occupato in tempi ormai remoti dal “grande vecchio”? Nell’attesa di capirlo, ci piacerebbe per una volta segnalare qualche buona notizia, in grado di compensare, almeno in parte, gli anatemi e le maldicenze che si addensano sulla grande e materna città dei sette colli, che manco su Babilonia, “madre delle prostitute e degli abomini della terra”, nell’“Apocalisse”. Le buone notizie a Roma ci sono, è che rischiano di passare ingiustamente inosservate. Rimediamo, allora. E’ certamente sfuggita ai più la faccenda dei trecentocinquanta Rom, in pratica un centinaio di nuclei famigliari, che dal 2009 (èra Alemanno), dopo una serie di sgomberi di accampamenti improvvisati in varie periferie della città, vivono – sempre accampati ma stavolta legalmente – in una grande ex cartiera sulla via Salaria, messa appositamente a disposizione dal Comune di Roma. La sistemazione doveva essere provvisoria ma, come capita in questi casi, è diventa più che definitiva, tanto che nel 2011, dopo poco convinte minacce di chiusura, è stato speso un milione e mezzo di euro per la necessaria “riqualificazione” della struttura, di suo poco adatta a ospitare famiglie con parecchi bambini e anziani. Nei giorni scorsi, dalla ex cartiera era partito un appello disperato: le caldaie che alimentano termosifoni e scaldabagni, lasciate accese ventiquattro ore su ventiquattro anche mentre la temperatura esterna era ormai estiva, stavano trasformando il luogo già non particolarmente ameno in un inferno dei vivi. Vi si registravano punte, pare, di cinquanta gradi. Ora, mettendo da parte per un attimo alcune grette quanto irrefrenabili considerazioni su quanto possa costare, al Comune e quindi agli ignari cittadini pagatori di Imu, Tasi ecc., quel tenere accesi giorno e notte gli impianti di riscaldamento, per di più del tutto inutilmente (anzi, dannosamente), l’episodio suscita soprattutto una domanda: è mai possibile che, nell’anno di Mafia Capitale 2015, non si sia ancora trovato il modo di far funzionare, d’estate, solo gli scaldabagni per l’acqua senza contestualmente mandare a pieno regime i termosifoni? E vuoi vedere che anche sul disservizio lamentato nella ex cartiera c’è lo zampino di Buzzi & Carminati, e non sia mai del “nano feroce”, e che prima o poi qualche connection con il mondo di mezzo uscirà fuori? Per ora, comunque, il sito di notizie locali RomaToday racconta un lieto fine: “Sabato, dopo vari solleciti al Dipartimento competente, sono intervenuti i tecnici del Comune che hanno risolto il tutto. ‘I termosifoni sono spenti e la caldaia per l’acqua calda, isolata dal resto dell’impianto, funziona autonomamente’”. Certi miracoli della scienza e della tecnica, a Roma, per realizzarsi hanno magari bisogno di “vari solleciti al Dipartimento competente”. Ma poi comunque, incredibilmente, avvengono.

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