Mauro Icardi in Inter-Juventus di domenica scorsa: un gol, un assist e probabilmente la partita perfetta (foto LaPresse)

Il tamarro geniale: Mauro Icardi

Beppe Di Corrado
Dimenticate l’Hummer giallo, la piscina sul tetto di casa e la moglie ingombrante. Perché in campo ormai l'attaccante argentino dell'Inter è un fenomeno. Vittima di un pregiudizio. Troppo contemporaneo per godere dell’atteggiamento bonario che hanno avuto i tipi alla Best.

Eppure, con Mauro Icardi, c’è quel non so che. Sempre, comunque, dovunque, con chiunque. Qualcosa che il mondo si tiene in bocca a stento, con una voglia evidente di dirlo. Fa niente se è scontato, banale, già sentito: è un desiderio irresistibile di unirsi a un coro di “io l’avevo detto”, tipico da panchina del parco o da bancone del bar. Perché con i tipi come Icardi non bastano 6 gol in cinque presenze quest’anno e neanche l’aver fatto solo nell’Inter 58 gol in 111 partite, dei quali 53 in 96 presenze di Serie A, ovvero uno ogni due partite giocate in una squadra che da quando c’è lui non è mai arrivata meglio del quarto posto della stagione scorsa. Neanche adesso che sta giocando come nessun altro in questo inizio di campionato Icardi è preso per quello che è, ovvero un calciatore fantastico. Probabilmente, quel non so che lo accompagnerà per sempre, perché prescinde da tutto, appartiene al pregiudizio. Come se ciò che è valso per altri, cioè la altrettanto banale frase “conta ciò che fai in campo, il resto fa parte della sua vita privata” per lui non valga. E anzi, è sicuro: non vale.

 

Quindi Icardi è sempre tutto. E’ troppo contemporaneo per avere l’accondiscendenza che molti altri prima di lui hanno avuto pur meritandosela molto meno. E quindi a lui non toccherà per molto tempo l’atteggiamento bonario che hanno avuto i tipi alla Best. E attenzione, nessuno osa paragonarli, ma l’esempio funziona perché spiega esattamente il pregiudizio: Icardi si allena sempre, è puntuale, è concentrato, è disciplinato, è ligio, abbassa la testa con l’allenatore, lo rispetta, poi va in campo e segna. In una squadra che fino all’anno scorso era piena di brocchi, in campo sta pure zitto. Però ha l’Hummer giallo e una fidanzata ingombrante e quindi è praticamente una mela marcia. I gol che fa in abbondanza sono utili soltanto a tenere per più tempo in bocca il famoso non so che. Ma è un risultato momentaneo, un posticipo dell’insulto che arriverà al primo momento negativo. Che poi per quegli strani paradossi che avvengono praticamente soltanto nel calcio, anche adesso ci sono tifosi dell’Inter che lo ritengono così e così. Si lamentano del fatto che è soltanto un finalizzatore. Dicono esattamente così “solo un finalizzatore”. Quindi “fa gol, è vero, ma non partecipa al gioco”. E qui ci sono un po’ di a parte.

 

1) parte che fare gol implicitamente significa partecipare al gioco.
2) A parte che dio benedica chi fa gol.
3) A parte che un centravanti che fa solo i gol fa praticamente il 105 per cento del suo mestiere.

 



 

Ecco, a parte tutti questi “a parte” il problema di Icardi è che è vittima di un atteggiamento quantomeno ostile. Ci sono tracce sparse ovunque. Articoli di giornale, opinioni, racconti diretti e indiretti. A luglio scorso durante i giorni della trattativa con il Napoli, la Gazzetta dello Sport scrisse così: “Un 23enne tiene in scacco l’Inter: effetti del pallone contemporaneo, dove il vincolo, di cartellino e di bandiera, non ha più senso. Contano i milioni, il calcio lo fa il mercato. Calciomercato. A 23 anni Mauro Icardi ha vissuto tante di quelle cose per cui in altri tempi non sarebbe bastata una vita. (…) Gli Icardi ostentano. Le auto in primis: l’Hummer giallo e le Lamborghini di Mauro, la Rolls Royce che Mauro regala a Wanda. Multe a catinelle per divieti di sosta a Milano, sanzioni accettate con noncuranza. Fa rumore lo smartphone da 20 mila euro, in titanio e ceramica e con rifiniture in pelle. Icardi ne posta la foto sui social, e seguono polemiche, al punto che il Corriere della Sera dedica un corsivo alla questione. Sempre sul Corriere, in cronaca, la notizia della rapina: Mauro derubato da banditi scooteristi, un orologio da 40mila euro il bottino. Wanda pubblica sui suoi profili selfie in tanga, sui bordi della piscina dell’attico con vista San Siro.

 

A tanti eccessi fanno da contrappeso prese di responsabilità inusuali per un ventenne. Mauro da subito si piglia in carico i tre figli che Wanda ha avuto da Maxi Lopez: li accoglie come se fossero suoi, anzi li sente suoi. Wanda lo fa diventare papà naturale: nasce Francesca, così chiamata in onore del Papa, che ha benedetto il pancione della donna durante un’udienza in Vaticano. Bergoglio il pontefice della povertà predicata e vissuta, e due ricchi sfrenati, Wanda la bionda, oggi in attesa di un altro bambino, e suo marito calciatore. Un bosco di contraddizioni, e per orientarsi può risultare utile lo stralcio di un’intervista a Icardi: ‘La vita si compone di decisioni. Sì o no. Freddo o caldo. Aperto o chiuso. Restare o andarmene’. E a chiudere: ‘Ogni volta che prendo una decisione penso soltanto alle cose importanti per me’. Che sono i figli, la famiglia, i soldi, il desiderio di vivere il presente come se non ci fosse domani e la necessità di immaginarselo lo stesso, un domani. Tutto contrasta e tutto si tiene, nel rutilante mondo di Wanda&Mauro, e Napoli – appena tradita da Higuain – sembra disegnata apposta. Il Vesuvio sullo sfondo, il culto di Maradona ancora vivo, il ‘mood’ da Gomorra in certe strade e per Wanda la prospettiva di una parte nel prossimo cinepanettone: molto ‘congiura’ perché presto o tardi gli Icardi diventino una serie tv”.

 


Mauro Icardi con Wanda Nara a San Siro (foto LaPresse)


 

Che poi in fin dei conti è questo quello che paga, è qua che ruota il pregiudizio: Mauro, o Maurito, è giudicato un tronista del pallone, uno attento all’apparenza e finito in un vortice di un rapporto con una donna ingombrante esteticamente e mediaticamente che ne è diventata la manager. Quindi, in sostanza, Icardi sarebbe un uomo un po’ in balia di una ragazza con pochi scrupoli e meno fronzoli. Invece di un roboante chissenefrega della sua vita e delle scelte private, Icardi è costantemente sotto osservazione e sotto giudizio. Come a dire: sì, lui sarà anche forte ma è un po’ un bamboccino nelle mani di quella signora lì. Le dimostrazioni continuano sempre e comunque. Contro la Juventus, a San Siro, ha giocato probabilmente la partita perfetta. E qualche giorno dopo il sito “il nero e l’azzurro”, dei tifosi interisti colti ha sintetizzato così: “Mauro Icardi, nel rispetto della sua dolce ossessione, ha aspettato la Juve per fare la partita della vita. Ha segnato di testa, ma questa non è una novità. Ha preso un palo con un destro a giro, e anche questo gliel’avevamo già visto fare. Ha servito un assist strappamutande a Perisic, ma nessuno ha mai messo in dubbio che tecnicamente ci sappia fare. Il vero upgrade è stato un altro. Lui, specializzato a nascondersi, si è sbattuto 95 minuti. Lui, tendenzialmente orientato a ritrarre la gamba, ha preso e soprattutto dato botte in giro per il campo, sacrificandosi come si chiede a un centravanti vero.

 

Erano anni che non vedevamo fare una partita da tarantolato a un nostro attaccante, non a questi livelli e con questi risultati. E quindi, mazzuolata la Juve, possiamo concenderci il lusso di non mandare in archivio le cose scontate di un match da 10 e lode (il gol, il palo, soprattutto il meraviglioso assist), ma qualcos’altro. Icardi è passato di livello estirpando il pallone a un esterrefatto Chiellini nel primo tempo (Alvarez reloaded) e facendo una gara di spallate con Bonucci nel secondo. Ha superato finalmente l’esame da intimidatore ed è una gran cosa. Lo spirito del capitano si trasmette così, puzzando un po’. Perchè i fini dicitori ci piacciono un casino, per carità, ma fino a un certo punto. Insomma, Icardi non può accontentarsi del record universale del rapporto palle giocate/gol fatti. La cosa migliore che può fare Maurito, sul divano con Wanda e il suo kinderheim, è accendere la tv e ogni tanto riguardare se stesso in Inter-Juve del 18/9/2016. Ecco Mauro, lo vedi il 9 in nerazzurro? Noi i centravanti li vogliamo così, paro paro”.

 

La domanda è: perché? Come se prima non fosse così, come se prima non avesse meritato considerazione. E quindi si ritorna sempre lì, a quel non so che. E’ una dannazione eterna che colpisce uno che è senza molti dubbi, il miglior attaccante dell’Inter del dopo Ronaldo. Considerando l’età, ovvero 23 anni, non c’è nessuno che regga il confronto: né Eto’o, né Milito. Non c’è confronto né numerico né di prospettiva: il fatto che quei due abbiano portato all’Inter il Triplete con Mourinho non significa che l’assunto non valga. A 23 anni Icardi è una stella assoluta, un gioiello coccolato e da coccolare. Il miglior acquisto dell’Inter di quest’anno è stato tenerlo e a dirla tutta i tifosi dell’Inter dovrebbero essere grati a Wanda Nara perché con il rinnovo del contratto che gli ha fatto ottenere l’ha reso felice. E felice significa che farà bene, farà altri gol, farà un sacco di altre cose.
Ok, adora farsi le fotografie nella piscina sul tetto di casa sua, ma arriva per primo agli allenamenti, guida i compagni, mostra loro come ci si comporta in campo. E durante le partite gioca, si impegna, non è mai sopra le righe.

 


I gol di Diego Milito con l'Inter


 

E’ un esempio, se questa parola vale ancora. E soprattutto se vale al di là delle apparenze, dei tatuaggi, delle collane e dei soldi buttati con ostentazione in automobili eccentriche, gioielli, cellulari e vacanze da cafone. E’ il capitano dell’Inter e qualcosa vorrà pur dire. L’hanno scelto per capacità e standing non per contratto. E’ vero, nella sua sovrastruttura estetica. Dice: “Sono un tamarro e sono felice”. Poi: “Il calcio è uno sport che mi fa divertire, però ci gioco e basta. Le partite non le guardo mai e non so nulla di quello che succede nell’ambiente. Cosa ha fatto il Milan domenica? Non seguo la Serie A. Chi è arrivato in semifinale di Coppa Italia? Men che meno. Il portiere del Chelsea? Beh, quello sì, non sono scemo. Sono sempre stato così, sin da bambino. Alle giovanili del Barça vivevo praticamente dietro la porta del Camp Nou e i giorno di gara me ne stavo in camera a guardare film. Non sono l’unico, ci sono parecchi giocatori a cui non frega niente del calcio. Mia moglie dice che sono un 40enne intrappolato nel corpo di un 20enne? Ha ragione, è sempre stato così.

 

E’ da quando ho 10 anni che so di essere più maturo della mia età, pure le madri dei miei amici me lo dicevano sempre. Merito di mia mamma (bellissima e giovanissima, ha 41 anni), che mi ha lasciato libero di prendere le mie belle musate, facendomi capire che la vita non è Disneyland. Mi obbligava a studiare e io, zitto, lo facevo. Avevo 9 e 10 in tutte le materie. Quando i miei genitori hanno divorziato non me n’è fregato niente, ero già grande e giocavo alla Sampdoria. Chiamavo lui, chiamavo lei e basta. Ho pensato a tutto io per l’ultimo trasloco: fare gli scatoloni, scaricare e montare i mobili. Wanda mi ha soprannominato Manny tuttofare, come il cartone animato. In sala parto ho chiesto all’ostetrica se mi faceva mettere un punto di sutura alla ferita, ma non è stato possibile perché Wanda voleva che le stessi vicinissimo e non mi ha mollato un secondo. Non mi capita mai di provare invidia per un compagno senza obblighi famigliari. Maxi Lopez telefona tutti i giorni, leggiamo il suo nome sul telefono e lo passiamo direttamente ai figli. Maradona ha detto che non avrei dovuto giocare la partita della pace? Non mi ha ferito, mi sono fatto una risata e ci sono andato lo stesso".

 

E’ così, punto. Ed è bello che sia così. Che cosa deve fare? Perché deve valere solo per altri quella benedetta o maledetta frase sul “conta soltanto il campo”?. Qualcuno dimentica troppo in fretta, come sempre. Ci si dimentica delle meraviglie scritte su di lui quando segnò quattro gol in una partita all’epoca della Sampdoria. Era il 27 gennaio 2013. Samp-Pescara 6-0. Aveva segnato con la Juventus la settimana prima e dopo quella quadripletta cominciarono a raccontare al mondo la sua storia: gli inizia a cinque anni con il Barrio di Sarratea, squadra di Rosario. Il trasferimento nel 2002, quando aveva nove anni, in Spagna, sull’isola di Las Palmas, dove giocò con l’Unión Deportiva Vecindario, segnando in due anni oltre 380 gol. L’arrivo a Barcellona, dopo le segnalazioni di Abian Morano, agente della Fifa e figura storica del calcio spagnolo. La conferma del 2008 nel gruppo dei ragazzini che sarebbero cresciuti a La Masia per provare a fare il salto tra i grandi e poi nel 2012 la cessione perché Guardiola non credeva in lui. Quindi Genova, e poi da Genova a Milano.

 


Così Mauro Icardi segnava prima di arrivare all'Inter


 

Non c’era Wanda, non c’era ancora la storia di Maxi Lopez e dello sgarbo, c’era invece una foto di lui con lo stesso Maxi ai tempi del Barça. Quel ragazzino di Genova è cambiato poco. Segnava e segna. Il resto è contorno spacciato per sostanza: 9 gol il primo anno a Milano, 27 il secondo, 16 il terzo. E adesso 6 che ne fanno il miglior marcatore dopo cinque giornate. In altre parole, l’86 per cento delle reti segnate dall’Inter, sette in totale, sono sue: quella che resta fuori, il 2-1 di Perisic contro la Juventus, conta sulla partecipazione dell’argentino in qualità di assistman. Stiamo assistendo probabilmente alla costruzione definitiva di un fenomeno, uno che incide sul rendimento complessivo della squadra più di altri campioni già considerati inarrivabili. Invece Mauro ci può arrivare, nonostante ciò che si dice di lui. O forse grazie proprio a quello che si dice di lui. A un attaccante sono richiesti i gol, poi viene il resto.

 

Quelli che giocano per la squadra e con la squadra poi vengono accusati di segnare poco. L’ossessione del gioco è una trappola, forse la scusa per far emergere continuamente i dubbi su di lui che non c’entrano col campo quanto con il nostro perbenisimo un po’ ridicolo che punisce i cafoni ostentatori e poi assolve quelli marci dentro. Icardi segna, Icardi fa vincere, Icardi gioca bene se gli altri giocano bene. E non il contrario. I gol sono tanto, tantissimo, quasi tutto. Per questo va protetto, amato, corteggiato. Considerato. Trattato per quello che è: un gioiello per l’Inter e per il calcio italiano. Stop.

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