Urge una nuova Reconquista: la Grande Moschea di Cordova

Antonio Gurrado
Fondata dai visigoti a inizio VII secolo come chiesa di San Vincenzo, nel secolo successivo è stata rasa al suolo per edificare una moschea. Una consacrazione l’ha restituita al culto cristiano nel 1236; poi nel 2013, trecentocinquantamila persone sottoscrissero una petizione che chiedeva l’esproprio dell’edificio da parte dello Stato.

Urge una nuova Reconquista: quella che ha impegnato la Spagna per sette secoli e mezzo, fino al 1492, si è rivelata inutile. Lo dimostra il caso della Grande Moschea di Cordova, la cui principale peculiarità è di essere una cattedrale dedicata alla Madonna; tanto che la dicitura imposta dal governo andaluso è mezquita-catedral, moschea-cattedrale, come a dire cerchio-botte. La sua storia è bella e istruttiva.

 

Fondata dai visigoti a inizio VII secolo come chiesa di San Vincenzo, nel secolo successivo è stata rasa al suolo per edificare una moschea. Una consacrazione l’ha restituita al culto cristiano nel 1236; poi tutto abbastanza tranquillo fino al 2013, quando trecentocinquantamila persone sottoscrissero una petizione che chiedeva l’esproprio dell’edificio da parte dello Stato dopo che diocesi di Cordova ne aveva acquisito la proprietà. D’altronde cos’è l’autorità di un vescovo di fronte a quella del segretario della giunta comunale? Quest’ultimo infatti ha appena notificato che, essendo la moschea-cattedrale patrimonio Unesco da trent’anni, sono da considerarsi suoi legittimi proprietari “tutti i cittadini del mondo, appartenenti a qualsiasi epoca, indipendentemente dalla loro nazione, cultura o razza”; il fatto che la moschea sia una chiesa da otto secoli è un dettaglio. L’episodio di Cordova rende chiaro che solo gli ingenui possono illudersi che il nemico sia un’altra fede da ricacciare oltremare. Questa Reconquista è ben più ardua perché il nemico è chiunque, ovunque e sempre; il nemico siamo noi stessi rimbambiti.

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