Questa sera Germania-Turchia

L'imperatore sudato

Redazione

Ora l'Imperatore ha riportato la Mezzaluna in alto, dopo sei anni di umiliazioni. I turchi sono passati vittoriosi da Vienna. Si giocano oggi la loro semifinale contro la Germania. “Niente è impossibile”, ripete il loro condottiero. Dopo i miracoli contro Svizzera, Repubblica ceca e Croazia perché non dargli credito?

    Vienna. L'Imperatore sudato ha già raggiunto un risultato. Portare i turchi a giocarsi l'Europeo proprio a Vienna, più volte assediata dall'Impero Ottomano e mai conquistata. E contro la cattolica Croazia. Nei giorni prima della vittoria ai rigori contro la squadra di Bilic la stampa di Istanbul non parla d'altro, rievocando due date, il 1529 e il 1863; la prima battaglia segnò l'inizio della fine per il sultano Suleiman e i suoi giannizzeri, respinti sul Danubio insieme al mito dell'invincibilità dell'esercito mussulmano; una sconfitta che in pratica fece tramontare le pretese della Mezzaluna sull'Europa cristiana. In Turchia erano sicuri che questa volta sarebbe stato diverso. “Mio Dio, finalmente siamo a Vienna”, titolava il popolare Hurryiet. E adesso sono tra le prime quattro Nazionali d'Europa.

    Il nuovo messia è Fatih Terim, uomo appassionato di tattica e strategia, qualità che mancarono al sultano nella strana estate viennese di cinque secoli fa (le piogge bloccarono in modo decisivo l'avanzata degli assedianti), una venerazione per Napoleone e un soprannome conosciuto in tutto il mondo, l'Imperatore, che viene dalla prima conquista europea di una squadra turca, il Galatasaray trionfante nella Coppa Uefa del 2000 contro l'Arsenal con un gioco che a molti ricordava il calcio totale olandese. O qualcosa del genere. Per Terim, nato nel '53 da una poverissima famiglia di Adana, nel sud del paese, è il trampolino di lancio. In Italia se ne innamorano prima Cecchi Gori, poi Berlusconi, due che di spettacoli ne sanno qualcosa. Ma il fiorentino lo manda via a campionato ormai finito (era diventato l'idolo dei tifosi), il milanista dopo qualche mese. “Al presidente piace, a me ricorda Capello”, disse Galliani alla presentazione. I due però sono agli antipodi. Basta vedere da vicino quello che Terim combina in panchina.

    Dopo qualche minuto, non importa che tempo faccia, è già un bagno di sudore. Gesticola di continuo, incita i suoi, li insulta, vorrebbe entrare in campo, quasi si contorce per spiegare i movimenti che dovrebbero fare quei poveri ragazzi, con arbitri, guardalinee e quarto uomo è una battaglia all'ultimo sangue. La sera della vendetta contro gli svizzeri era zuppo già prima che il diluvio sommergesse Basilea; sotto la pioggia continuava come se nulla fosse, in completo scuro e camicia bianca ridotti ormai a uno straccio fino a quando un uomo del suo staff gli ha passato un giacchino azzurro. Terim è fatto così. Ma nello stesso tempo è fissato con l'organizzazione, essendo cresciuto alla scuola calcistica tedesca, quella razionalissima di Jupp Derwall. Il nuovo esercito con cui si è presentato a questi Europei è formato da qualche veterano (Nihat), nuovi talenti affermati (Tuncay e Altintop), giovani da plasmare a sua immagine e somiglianza (come Arda, 21 anni, già soprannominato il Maradona del Bosforo), e un impressionante “mercenario” brasiliano, Aurelio, naturalizzato turco per sua volontà.

    L'allenatore ceco Bruckner è rimasto impressionato. “Hanno un gioco indecifrabile – ha detto dopo la clamorosa rimonta della Turchia – e a un certo punto non sapevamo come fermarli, non danno nessun punto di riferimento. Sembrava che la partita andasse avanti come avevamo previsto, eravamo sul due a zero per noi, poi all'improvviso siamo stati circondati, difenderci è diventato difficilissimo, la partita si è trasformata in una danza turca”. Un capolavoro napoleonico. La Turchia sembra in apparenza una squadra molto disorganizzata, si potrebbe dire persino anarchica, senza una difesa strutturata e stabile, senza un centravanti di riferimento dopo che Terim ha deciso di fare a meno di Hakan Sukur, uno degli eroi del bronzo mondiale 2002. Ma è solo un'impressione. Ramon Besa, grande conoscitore di football del Pais di Madrid e frequentatore dei turchi durante questi Europei sostiene che si tratta della squadra tatticamente più pazza del lotto: “Con loro può succedere di tutto, sembrano sterili davanti e fragili dietro, però sono tutti dotati di grande tecnica di palleggio, capaci di cambiare marcia all'improvviso”. E' quello che è successo nelle ultime due partite del girone iniziale. Per Besa i turchi sono come “uno sciame di api”. Giocano un calcio fastidioso per gli avversari, a volte violento, impossibile da contrastare con la razionalità di uno schema. Gli scatti e gli assalti si ripetono fino a quando i nemici vengono sconfitti, per quanto possano essere più bravi, più famosi e più pagati. E' il trionfo della passionalità e dello spirito di sopravvivenza dell'Imperatore.

    Terim sembrava finito tre anni fa dopo i fattacci di Istanbul. “Picchiateli con la forza di Allah”, avrebbe detto ai suoi giocatori nei minuti finali dello spareggio perso con la Svizzera per andare ai Mondiali in Germania, incitando il fedele Emre a prendere a calci un avversario. Per lui l'arbitro della partita, un belga, fu “amorale e ladro”. Ci furono risse negli spogliatoi, feriti, ricorsi e rancori. Finì però a tarallucci e vino, con squalifiche dimezzate, qualche multa non salatissima, nessuna esclusione della Turchia dai tornei e Terim sempre in sella. Ora l'Imperatore ha riportato la Mezzaluna in alto, dopo sei anni di umiliazioni. I turchi sono passati vittoriosi da Vienna. Si giocano oggi la loro semifinale contro la Germania. “Niente è impossibile”, ripete il loro condottiero. Dopo i miracoli contro Svizzera, Repubblica ceca e Croazia perché non dargli credito?