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Guerre corsare nel Mediterraneo

Roberto Persico

Recensione del libro di Salvatore Bono edito da il Mulino (304 pp., 24 euro)

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Mamma li turchi! L’antico grido è risuonato per secoli sulle coste mediterranee, e le torri saracene stanno ancora lì, testimoni perenni di un pericolo che ha flagellato per generazioni la vita delle popolazioni rivierasche. Ma, come spesso succede, la realtà dei fatti è più complessa della sua rappresentazione comune, e in quest’ultima fatica Salvatore Bono, da decenni esploratore della storia del Mediterraneo, cerca di riproporla nelle sue mille sfaccettature.

 

Tanto per cominciare, “la pirateria è vecchia quanto la storia”, se già Omero racconta di assalti alle navi come cosa comune. Altrettanto antica è la sorella “nobile” della pirateria, la guerra da corsa, che come è noto si distingue per il fatto che il corsaro è dotato appunto di “lettere di corsa”, ovvero l’autorizzazione scritta dello stato da cui dipende di attaccare navi di paesi avversari; e antica quanto entrambe è la permeabilità dei i confini fra le due attività, con navi ed equipaggi che disinvoltamente passano dall’una all’altra seguendo il mutare delle condizioni politiche. In questo quadro, l’attività corsara del periodo che va dalla conquista spagnola del regno di Granada nel 1492 alla conquista francese di Algeri nel 1830, oggetto principale del libro, non è più un unicum, ma la forma particolare assunta in questi secoli da un’occupazione antica.

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Nell’immaginario corrente, lo scenario di questo periodo è dominato dai corsari barbareschi che partendo dalle loro basi magrebine assaltano le navi cristiane e le città costiere e razziano beni e persone, rivendute poi come schiavi nei mercati d’oriente o usate per spuntare cospicui riscatti. E questo è certamente vero, ma non è tutto. Accanto alla guerra da corsa dei musulmani c’è infatti quella simmetrica dei cristiani, in primis i Cavalieri di Malta e quelli di Toscana, che rendono la pariglia abbordando navigli avversari e mettendo i prigionieri ai remi delle proprie galee. I fronti militari sono poi molto più articolati del semplice “cristiani vs musulmani”. Quando infatti la Spagna è in guerra contro la Francia o l’Inghilterra i corsari inglesi o francesi si aggiungono ai saraceni nella guerra agli spagnoli; e tecnici e mercanti olandesi o britannici sono in prima fila nell’armare e finanziare le navi musulmane, affinché attacchino i propri avversari europei di turno. Sulle navi “turche” poi i turchi sono ben pochi: predominano i magrebini, ma non mancano libanesi o balcanici; e numerosissimi sono gli europei, “rinnegati” talvolta per sfuggire alla schiavitù e talaltra per libera scelta, come quel “Giovanni Andrea Capria, recatosi volontariamente a Tunisi e fattosi musulmano per poi da lì guidare i corsari contro la sua stessa terra, nel desiderio di vendicarsi del feudatario del luogo, il conte Ruffo, che aveva sedotto sua figlia Giovannella”.

Una storia insomma in cui la contrapposizione religiosa si rivela più sfuggente di quanto immaginiamo, e variamente si mescola con mille motivazioni politiche, economiche, personali.

 

Guerre corsare nel Mediterraneo
Salvatore Bono
il Mulino, 304 pp., 24 euro

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