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Serietà e leggerezza fanno la brillante storia editoriale del Tg5

Serena Magno

Il Tg fondato da Mentana ha saputo raccontare, in questi trent'anni, non solo fatti eclatanti ma anche piccole storie. Coltivando con gli spettatori un rapporto fatto di crebilità e accuratezza

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C’è qualcosa di strano nella celebrazione di un anniversario, addirittura il trentesimo, per un giornale, televisivo o di carta o web che sia. Perché il moto rivoluzionario attorno a sé stesso un quotidiano lo compie una volta al giorno e un grande telegiornale anche più volte. Per il Tg5 le rotazioni quotidiane, dalla sua fondazione, appunto, 30 anni fa, a oggi, sono aumentate e di molto. Con edizioni preparate e ripreparate a partire dalla mattina molto presto e passando per un’edizione completa alle 8, poi un veloce aggiornamento a metà mattina, quindi le tradizionali 13 e 20 (scelta che all’avvio fu la vera sfida al massimo livello allora espresso dalla Rai), e ancora l’edizione della notte, e spazi successivi al Tg, come l’Arca di Noè, con straordinari ascolti, o come gli speciali, curati e approfonditi. I festeggiamenti e gli anniversari passano, e fa piacere riconoscere un grande lavoro e l’enorme arricchimento portato dal Tg5 all’offerta informativa in Italia, in realtà ogni giorno si celebra un’avventura editoriale, ma poi si mette in pratica e si arricchisce un’eccezionale esperienza. Tutto questo per dire che 30 anni di storia di un grande telegiornale andrebbero raccontati non solo guardando a come ha contribuito a raccontare i grandissimi fatti, le notizie che restano nella memoria di tutti, ma, cosa un po’ più difficile e più sottile, anche cercando di capire come nelle tante edizioni quotidiane di un Tg si riesca a coltivare anche una specie di tono medio, di dialogo con gli ascoltatori, con la creazione di un costante rapporto di fiducia, costruito sulla credibilità e sull’accuratezza.

Per proporre un piccolo paradosso critico si potrebbe dire che di fronte a un aereo di linea guidato da un terrorista che si abbatte su un grattacielo di New York sono un po’, se permettete, capaci tutti di fare i giornalisti e di lasciare un segno nella memoria. Il difficile, e il Tg5 è stato un esempio di qualità in questi 30 anni, è saper raccontare sia quei grandissimi fatti sia le cose più piccole ma che toccano, magari in modo noioso, la vita delle persone, sia gli sviluppi, apparentemente minori, del costume, del modo di vedere il mondo. A volte si leggono espressioni un po’ ironiche verso i telegiornali in generale per alcuni toni leggeri, ma, osservando le cose con un po’ di distacco, si direbbe scientifico, si vede bene che sui quotidiani di carta ci sono altrettanti pezzi su bizzarre tendenze di moda, gossip non proprio esaltanti, consigli per sfilettare le triglie e reportage su gite fuori porta.

Anche in un Tg ci sono queste cose, e certamente ci sono anche nel Tg5 e ci sono state nella sua storia, ma il parere critico andrebbe depurato da un frequente errore di percezione. Perché, semplicemente, in un giornale di carta le pagine si possono saltare, in un Tg la visione è continua e uguale per tutti dal primo all’ultimo dei 30 minuti. E allora bisogna saper dosare serietà e leggerezza, con competenza e senza annoiare. Molti si esercitano nei consigli dall’esterno, ma pochi saprebbero farlo davvero. E si va in onda, per i due grandi concorrenti, Tg5 e Tg1, nelle ore di massimo ascolto e su reti con ambizioni di leadership. Il Tg5, e qui il riconoscimento storico del risultato ci vuole, è sempre riuscito a tenere il passo della sua rete e spesso a superarlo. Significa che quel prodotto, partito tra qualche dubbio, si è affermato, diventando un pilastro della sua rete. Perché, come per una pandemia, i dati vanno osservati e se quei dati sono più che quotidiani tanto meglio.

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Un Tg è sottoposto a verifica continua dei suoi ascolti e con quei numeri non si può scherzare. Il Tg5 ha superato questa trentennale prova d’esame con pieno successo. Non mette conto fare paragoni impropri con chi fa ascolti inferiori all’1 per cento, come succede ai canali all news, quelli, sì, superati dalla rete e dalle news online. Il Tg5 resta invece, con i suoi orari canonici, un appuntamento non parossistico, un racconto ben costruito della giornata. Con una straordinaria continuità editoriale, perché in 27 di questi 30 anni è stato guidato dal suo primo direttore e poi dal suo primo condirettore, Enrico Mentana e Clemente Mimun, con un triennio affidato a Carlo Rossella certamente non estraneo alla cultura e allo stile del Tg5. La continuità si è tradotta anche in affidabilità e credibilità. Ricordava il Corriere della Sera che furono le parole con cui venne accolto al suo debutto. E se quelle parole sono tuttora quella giuste è davvero qualcosa di cui dare atto con ammirazione a una brillante storia editoriale.

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