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Anche su Sanremo decide il Cts. Il pubblico ci sarà: ma solo infermieri vaccinati

Lorenzo Marini

L'idea, lanciata dai consiglieri Rai, funzionerebbe anche in termini di immagine. Preoccupa di più la logistica, con l'indotto tradizionale del Festival fortemente ridimensionato

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Alla fine Silvio Brusaferro, Agostino Miozzo, Giuseppe Ippolito, Franco Locatelli, eccetera, ovvero il Comitato tecnico scientifico (Cts) del ministero della Salute, decideranno anche sul Festival di Sanremo. Sembra una battuta ma non lo è. La riunione che si è svolta lunedì a Viale Mazzini con l’ad Fabrizio Salini, il direttore di Raiuno Stefano Coletta, Amadeus e il suo manager Lucio Presta, ha dato il via libera al Festival dal 2 al 6 marzo nella modalità “in presenza”, condizione posta da Amadeus, Fiorello e Presta per condurre la 71esima edizione. Il pubblico ci sarà, nonostante il parere contrario dei discografici, che avrebbero preferito un evento solo televisivo. Su regole e paletti ora però inizierà un’interlocuzione che andrà avanti per settimane tra i vertici Rai e, appunto, il Cts. Perché saranno comunque Brusaferro & C. ad avere l’ultima parola su tutto.

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Alla fine Silvio Brusaferro, Agostino Miozzo, Giuseppe Ippolito, Franco Locatelli, eccetera, ovvero il Comitato tecnico scientifico (Cts) del ministero della Salute, decideranno anche sul Festival di Sanremo. Sembra una battuta ma non lo è. La riunione che si è svolta lunedì a Viale Mazzini con l’ad Fabrizio Salini, il direttore di Raiuno Stefano Coletta, Amadeus e il suo manager Lucio Presta, ha dato il via libera al Festival dal 2 al 6 marzo nella modalità “in presenza”, condizione posta da Amadeus, Fiorello e Presta per condurre la 71esima edizione. Il pubblico ci sarà, nonostante il parere contrario dei discografici, che avrebbero preferito un evento solo televisivo. Su regole e paletti ora però inizierà un’interlocuzione che andrà avanti per settimane tra i vertici Rai e, appunto, il Cts. Perché saranno comunque Brusaferro & C. ad avere l’ultima parola su tutto.

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Così mentre il Palazzo si attorciglia intorno alla crisi di governo, che in Rai viene seguita con il solito cinismo misto a piccole dosi di angoscia (“Vuoi vede’ che ora cambia qualche equilibrio…?”), a Viale Mazzini la vera crisi è lo psicodramma Sanremo. Il Festival è l’evento clou della stagione e rinunciarvi significa perdere una bella fetta di introiti. Basti pensare che nel 2020 la kermesse ha portato nelle casse della tv pubblica 37,4 milioni (costandone 20), l’8 per cento del totale degli incassi pubblicitari dell’azienda. E quest’anno ci si aspetta di più. Se nel 2020 la serata finale, il 9 febbraio (uno degli ultimi eventi prima dello scoppio della pandemia), fu vista da 11,4 milioni di telespettatori per il 60 per cento di share, quest’anno, con gli italiani costretti a casa, è prevedibile che i numeri saranno più alti. La novità delle ultime ore riguarda il pubblico. Tramontata l’idea di una nave da crociera Covid-free ancorata in riviera (anche per il niet di Walter Ricciardi), l’idea (buona) è quella di far assistere al Festival delle categorie già vaccinate: per esempio, una sera per i medici, una per gli infermieri, una per le forze dell’ordine, eccetera.

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Lo spunto l’hanno dato i consiglieri Rita Borioni e Riccardo Laganà. “Si potrebbe ospitare all’Ariston il personale sanitario, sarebbe una bella cosa anche in termini di immagine”, hanno detto. “Buona idea…”, la risposta di Salini. E ora si sta pensando di allargare anche ad altre fasce di cittadini vaccinati. Il problema sarà tutto il resto: le maestranze e il personale Rai, gli artisti e i rispettivi staff (26 big e 8 giovani), i giornalisti inviati e i corrispondenti dei programmi tv. Ogni anno da Roma salgono almeno 5 mila persone. “Quest’anno il numero dovrà essere ridotto all’essenziale e bisognerà tenere altro personale pronto a intervenire nel caso qualcuno si contagi in loco”, spiega una fonte di Viale Mazzini. Nel frattempo si è stretta la cinghia sui giornalisti accreditati: saranno al massimo 80 invece dei soliti 1300. Ma a farne le spese, in termini di audience, saranno quelle trasmissioni Rai, ma non solo, che in quella settimana si trasferiscono armi e bagagli nella città dei fiori “campando” sul Festival (Striscia docet).

 

Insomma, a mancare rischia di essere la parte godereccia e gossippara che è il sale, e anche il pepe, del festival. Nel frattempo i discografici fanno sapere di non aver ancora ricevuto il protocollo anti Covid. Ci sta lavorando il Cts. Sempre Brusaferro, dunque. L’incubo peggiore, per i vertici, sarebbe l’esplosione di un cluster Covid a Sanremo. Ma i problemi sono innumerevoli: l’ospitalità, l’apertura di hotel, bar e ristoranti (dove si andrà a cena a fine serata, ci sarà il delivery o la mensa aziendale?), gli eventi tv collaterali. E se si ammala un cantante, scatta la squalifica? Qualche discografico aizza la polemica: “Non è giusto che, mentre l’Italia è chiusa, ci sia una sorta di extraterritorialità per Sanremo”. Scommettiamo che anche a Giuseppe Conte toccherà occuparsene?

 

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