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Trump all'Ariston

Saverio Raimondo

Finirà a Sanremo, come Grillo. Gli servirà la spalla di Baudo, però. Anzi, mandiamoglielo subito

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Curiosa parabola, quella di Donald Trump: prima la vittoria alle elezioni e il governo, poi la piazza (pericolosa e ridicola allo stesso tempo), ora la censura. (Sulla censura: c’è gente che sui social network è stata bannata per molto meno, tipo per aver mostrato un capezzolo; quindi non vedo perché fare tutte queste storie se stavolta hanno bannato Trump che incita alla lotta armata, magari hanno semplicemente prevenuto che mostrasse i dotti galattofori in diretta social). Ma torniamo alla parabola del tycoon: responsabilità di governo, violenza verbale in piazza, censura. Fateci caso: è la stessa storia di Beppe Grillo ma raccontata da Christopher Nolan, cioè in senso diacronico. Del resto, sia Trump che Grillo hanno molte cose in comune: due “pance” dei rispettivi paesi, “divertenti” agli occhi di chi li guarda più delle loro effettive intenzioni. Due matti sull’autobus passati alla guida del mezzo. Se tanto mi dà tanto, seguendo a ritroso le orme del comico genovese è possibile prevedere le prossime mosse di Donald: un’apparizione a Sanremo 2021 con Amadeus e Fiorello – dove sosterrà di essere il vincitore della gara canora pur non prendendone parte – a cui seguiranno diversi sabato sera sempre su RaiUno e poi due programmi tutti suoi: “Te la do io l’America” (esilarante racconto dei presunti brogli di cui sarebbe stato vittima) e “Te lo do io il Brasile” – quest’ultimo in duo con il suo amico Bolsonaro. Per poi finire in qualche piccolo cabaret, fra Milano e la riviera ligure, a fare sempre lo stesso pezzo sulle elezioni rubate nonostante non faccia più ridere nessuno. La cosa incredibile è che una simile previsione suoni credibilissima – specie la presenza di Trump fra due mesi sul palco dell’Ariston: non sarebbe la cosa più surreale di questo Festival canoro in tempo di pandemia!

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Curiosa parabola, quella di Donald Trump: prima la vittoria alle elezioni e il governo, poi la piazza (pericolosa e ridicola allo stesso tempo), ora la censura. (Sulla censura: c’è gente che sui social network è stata bannata per molto meno, tipo per aver mostrato un capezzolo; quindi non vedo perché fare tutte queste storie se stavolta hanno bannato Trump che incita alla lotta armata, magari hanno semplicemente prevenuto che mostrasse i dotti galattofori in diretta social). Ma torniamo alla parabola del tycoon: responsabilità di governo, violenza verbale in piazza, censura. Fateci caso: è la stessa storia di Beppe Grillo ma raccontata da Christopher Nolan, cioè in senso diacronico. Del resto, sia Trump che Grillo hanno molte cose in comune: due “pance” dei rispettivi paesi, “divertenti” agli occhi di chi li guarda più delle loro effettive intenzioni. Due matti sull’autobus passati alla guida del mezzo. Se tanto mi dà tanto, seguendo a ritroso le orme del comico genovese è possibile prevedere le prossime mosse di Donald: un’apparizione a Sanremo 2021 con Amadeus e Fiorello – dove sosterrà di essere il vincitore della gara canora pur non prendendone parte – a cui seguiranno diversi sabato sera sempre su RaiUno e poi due programmi tutti suoi: “Te la do io l’America” (esilarante racconto dei presunti brogli di cui sarebbe stato vittima) e “Te lo do io il Brasile” – quest’ultimo in duo con il suo amico Bolsonaro. Per poi finire in qualche piccolo cabaret, fra Milano e la riviera ligure, a fare sempre lo stesso pezzo sulle elezioni rubate nonostante non faccia più ridere nessuno. La cosa incredibile è che una simile previsione suoni credibilissima – specie la presenza di Trump fra due mesi sul palco dell’Ariston: non sarebbe la cosa più surreale di questo Festival canoro in tempo di pandemia!

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Sia con Trump che con Grillo le conseguenze ci hanno mostrato che abbiamo sbagliato nella valutazione. Molti ritengono che l’errore sia stato non averli presi sul serio sin dall’inizio; al contrario, io penso che l’errore sia stato l’opposto, cioè l’aver iniziato a un certo punto a prenderli troppo sul serio (che era esattamente quello che volevano), rendendoli così “credibili” nonostante tutto – ma proprio tutto. Per sabotare Trump, dobbiamo trattarlo come un comico; e un comico, per addomesticarlo, ha bisogno di una spalla. Non l’impeachment né il 25esimo emendamento: a Donald Trump ci vuole Pippo Baudo. Uno che sapeva domare Grillo, dargli o toglierli contesto e autorevolezza, concedergli o ritirargli libertà di parola. Dopo gli attacchi di Washington Pippo Baudo non avrebbe aspettato un attimo a dissociarsi da Trump, proprio come fece con Grillo alla celebre battuta sui socialisti. Inoltre, Baudo è abituato a parlare con infermi mentali e a evitare tragedie: come dimenticare quando convinse un aspirante suicida a non buttarsi di sotto in diretta televisiva; o quando prontamente reagì e riportò l’ordine dopo l’ingresso di un cavallo pazzo sul palco di Sanremo al grido di “Questo Festival è truccato e lo vince Fausto Leali” – più o meno le stesse cose che grida Trump da due mesi, con le elezioni al posto del Festival e Joe Biden al posto di Fausto Leali. L’Italia offra dunque al Congresso degli Stati Uniti Pippo Baudo come spalla di Trump: con lui al suo fianco, Donald non sarà più pericoloso di Benigni.

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