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Tra brodaglie giapponesi e astici scaraventati in acqua bollente, MasterChef rinvia il suo verdetto

Niente doppia eliminazione. Tutto rimandato alla prossima puntata dopo la scampagnata a Napoli e le prodezze davanti al Maestro Morimoto, giudice nipponico che vorremmo ospite fisso

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Un po’ sboroni questi giudici a fare i severi con i concorrenti non proprio bravi a cucinare quella brodaglia giapponese proposta dal simpatico Maestro Morimoto. Che, per inciso, io vorrei il prossimo anno al posto di uno dei quattro giudici – che iniziano a essere stagionati – se non altro per quello stile sbarazzino da show men che alternava incomprensibili frasi in giapponese a più calienti “como estas?” detti a mo’ di saluto agli sventurati cuochi dilettanti. Comunque sia, abbiamo visto cose diverse dal solito sushi. Gloria si conferma la perfidia fatta donna, benchè sia talentuosa e con grandi possibilità di arrivare fino in fondo a mio insindacabile giudizio.

 

Per il resto, si ha sempre quella sensazione di già visto, già studiato, già sperimentato. Sarà che siamo al sesto anno di spadellamenti più o meno uguali, ma forse il cast non è che sia proprio azzeccato. Manca il pepe tra il piattume generale, e a febbraio qualcosa di più si dovrebbe vedere. Non dico di tornare ai tempi di Rachida (per l’amor di Dio) e del suo prosciutto e melone premiato dai giudici come non avrebbe fatto neanche un Byron Moreno con la Corea del sud, ma qualcosa di meglio si poteva provare. E’ vero che è uno show culinario e quindi in teoria bisogna apprezzare la bravura e la capacità dei concorrenti, ma tra il trashume puro e la noia mortale di programmi come quello dove fanno i dolci con il pasticciere tedesco e Benedetta Parodi, c’è sempre la sana via di mezzo.

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Prova in esterna a Napoli. Set pazzesco, mare bello, canottieri fenomenali. Spunta perfino il mitico e mitologico Giuseppe Abbagnale. Si cita naturalmente Galeazzi che Bastianich non conosce, si parla dello “spaghetto napoletano che è sacro e deve scivolare” (anche altrove, caro Cannavacciuolo, lo spaghetto non lo mangiamo crudo), si discute su come fare i dolci con la pasta caramellata. Poi la solita solfa, litigate tra compagni di squadra, lingue velenose all’opera. Abbagnale più democristiano di un ministro centrista della Dc quando dice: “antipasto meglio i blu, primo pari e dolce meglio i rossi”.

 

Pressure test al largo, su una barca di lusso battente (mi pare) bandiera dell’Ordine di Malta. I quattro giudici seduti di sopra facevano le ordinazioni: insalata di anguria e bottarga con limoni di Procida, astice alla catalana, pesce all’acqua pazza, polipi alla luciana. Apprezzabile che anche stavolta sia stato lasciato da parte il politicamente corretto, e così abbiamo visto gli asticioni tuffati nell’acqua bollente. Palese e spudorato il tentativo di celebrare Michele, il ragazzino che di colpo sembra diventato uno chef provetto. Comunque sia, sono stati tutti pessimi. Verdetto finale rimandato (capita una volta ogni edizione) alla prossima puntata quando l'architetto torinese e Roberto si giocheranno la salvezza. Qui un'idea su chi sarà buttato fuori ce l'abbiamo, ma ce la teniamo per noi.

 

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