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Il nuovo ceo di Signal e la lotta sulla messaggistica davvero privata

Pietro Minto

L'ex ceo dell’azienda Moxie Marlinspike voleva utilizzare questa app per lo scambio di criptovalute ma la combinazione di privacy assoluta e transazioni anonime rischia di risultare esplosiva

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E’ stata una settimana intensa per un’app come Signal, di solito lontana dalle pagine dei giornali. Normalmente si parla di questa chat ultrasicura in relazione al controllo di Facebook su Whatsapp o a qualche scandalo sulla privacy. Il 2022, invece, è cominciato con una polemica interna, iniziata in realtà almeno un anno fa, quando il ceo dell’azienda, Moxie Marlinspike, iniziò a pensare a un modo per usare questa chat per lo scambio di criptovalute.

Il fatto che Marlinspike, crittografo e creatore del protocollo supersicuro su cui si basa l’applicazione, fosse anche consulente di MobileCoin aveva fatto discutere sin da subito. MobileCoin è infatti una criptovaluta anonima che Wired ha descritto come “un sistema che nasconde tutto da tutti”. Insomma, Signal – una specie di Whatsapp focalizzato sulla privacy dei suoi utenti – avrebbe permesso di inviare denaro in modo del tutto anonimo. La notizia, svelata da Casey Newton nella sua newsletter Platformer, ha fatto molto discutere perché in questo modo Signal avrebbe attirato su di sé molte attenzioni da parte dei governi di tutto il mondo.

 

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La decisione non sarebbe sconvolgente di per sé: del resto anche Facebook sta lavorando da tempo a un progetto di criptovalute. La differenza è che la combinazione di privacy assoluta e transazioni anonime rischia di risultare esplosiva per Signal – e di condannare tutti quei servizi che garantiscono crittografia “end-to-end”. Con questa espressione si indica un tipo di comunicazione in cui ciascuno messaggio è crittografato – reso anonimo e illeggibile dall’esterno – da capo a capo. Ergo, solo le persone che partecipano allo scambio possono decrittarlo, leggendo i messaggi. Anche le chat di Whatsapp, per esempio, sono protette in questo modo (quelle di Telegram non di default).

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E’ un meccanismo prezioso e sicuro per la privacy degli utenti, e non a caso è da tempo sotto attacco politico in mezzo mondo. Negli ultimi anni paesi come India, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti hanno fatto richiesta di poter accedere ai messaggi criptati per motivi legati a indagini o sicurezza nazionale. L’Europa non fa eccezione: a fine 2020 una testata austriaca ha ottenuto una copia di un documento interno del Consiglio dell’Unione europea in cui si sosteneva che le autorità competenti dovessero avere accesso ai dati protetti – sia dal dispositivo sia dalle app come quelle citate.

Anche per questo la decisione di Marlinskpike rischiava di lanciare un messaggio sbagliato, rendendo la crittografia end-to-end sinonimo di – con la giusta dose di malizia – scambi economici illeciti. Al governo di turno basterebbe puntare sulla scarsa trasparenza di queste transizioni per dissolvere anche un sistema comunicativo che protegge la privacy di tutti.

 

Ma la settimana di Moxie era appena iniziata. Negli stessi giorni dell’affaire MobileCoin, il crittografo ha pubblicato un lungo e virale intervento sulla questione Web3, delineando i suoi molti dubbi sul tanto decantato internet decentralizzato su cui scommettono tutto i fanatici della blockchain. Ne è nata un’accesa ma civile discussione cui ha partecipato anche Vitalik Buterin, fondatore di Ethereum, secondo cui i limiti segnalati da Marlinspike sarebbero – a suo avviso – temporanei. 

Infine, lunedì scorso, la notizia: Marlinspike non sarà più ceo di Signal, dopo dieci anni passati alla sua guida. A prendere il suo posto ad interim sarà Brian Acton, tra i fondatori di Whatsapp, passato alla Signal Foundation nel 2010 con l’obiettivo di difendere l’ultimo bastione della messaggistica davvero privata dagli aggressori, che fossero governi o giganti della tecnologia (leggasi Zuckerberg).

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Chi conosce il fondatore giura che la sua uscita non è in alcun modo legata alla polemica MobileCoin o Web3. Semplicemente Moxie si aggiunge alla lista di ceo che hanno abbandonato la loro creazione alla ricerca di qualcosa di nuovo: nel caso di Jack Dorsey – ex di Twitter – è stata la blockchain; in quello di Marlinspike, invece, chissà. Lo scopriremo presto.

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