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La guerra mondiale delle tecnologie

Eugenio Cau

Perché l’arresto di una super manager di Huawei, figlia di uno degli uomini più potenti di Cina, trasforma la trade war in Far West

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Roma. Fino a oggi, la guerra commerciale tra Cina e Stati Uniti è stata una questione di annunci, conferenze stampa, tweet presidenziali, retroscena sui giornali. Ma con l’annuncio dell’arresto di Meng Wanzhou, la direttrice finanziaria di Huawei e figlia del gran fondatore dell’azienda, la guerra è passata all’improvviso a un livello più duro e pericoloso, dal quale diventerà difficile districarsi. Meng è stata arrestata sabato a Vancouver, in Canada. A chiedere l’arresto è stato il dipartimento di Giustizia americano, che adesso vuole estradare la manager cinese e trascinarla in giudizio. Le accuse contro Meng non sono ancora note (la prima udienza per la cauzione, in Canada, è prevista domani), anche se un senatore americano ha detto ai media che Meng è in arresto perché Huawei avrebbe violato le sanzioni contro l’Iran, vendendo componenti tech proibite agli ayatollah.

  

Ma come era già avvenuto con Zte, azienda cinese delle telecomunicazioni cugina di Huawei, punita e messa in ginocchio dall’Amministrazione americana per la stessa ragione, nessun osservatore informato crede davvero che l’Iran sia un elemento centrale della disputa. Huawei è da mesi l’oggetto di un’operazione degli Stati Uniti volta a convincere gli alleati occidentali a non installare infrastrutture cinesi per i sistemi di comunicazione strategici: anche se Huawei è nominalmente privata, dicono gli americani, la sua fedeltà è innanzitutto al regime comunista di Pechino, il padre di Meng e fondatore, Ren Zhengfei, era un ufficiale dell’esercito, non bisogna fidarsi. Nel giro di pochi mesi, l’azienda è stata cacciata da Australia e Nuova Zelanda, e potrebbero seguire Regno Unito, Canada e Germania. Ma l’arresto di Meng Wanzhou è altra cosa rispetto a una guerra sotterranea fatta di dissuasioni e minacce. L’America ha ordinato l’arresto della figlia di uno degli uomini più potenti di tutta la Cina. Forse presto scopriremo che contro di lei ci sono prove schiaccianti, che ha portato segreti tecnologici a Teheran nascosti nella borsetta, ma per ora una misura così drastica ha anche un valore simbolico, che sposta la guerra commerciale, finora impalpabile, su un piano insieme più reale e più disordinato. La trade war diventa Far West. Il solo fatto che gli analisti speculino su come Trump possa usare l’arresto di Meng come pedina di negoziato lo dimostra: è una mossa da pistoleri, a cui la Cina potrebbe rispondere a tono.

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Il fatto che la supermanager di Huawei sia stata arrestata proprio nelle ore in cui Trump e Xi Jinping conversavano di trade war al G20 aggiunge confusione al Far West: il presidente sapeva? In questi giorni Trump è molto lanciato sul negoziato commerciale che si è riaperto dopo il G20, e la Cina ha tutto l’interesse a non interrompere un canale di comunicazione che ha cercato per mesi. Ma l’arresto di Meng Wanzhou testimonia che la guerra per il predominio tecnologico è inevitabile, che i due leader lo vogliano o no.

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