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Il foglio sportivo

Sport che tradiscono il loro Dna per piacere a tutti

Umberto Zapelloni

Dal calcio al baseball, dalla Formula 1 alla MotoGp: si cambiano le regole per inseguire i giovani. Ma ha senso?

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Lo sport sta lottando contro il tempo. Sta provando a cambiare la sua storia per allargare quella che gli esperti chiamano fan base e riuscire così ad aumentare incassi, ingaggi degli sportivi e stipendi di chi li gestisce e organizza. Non è un fatto nuovo. La ricerca dello spettacolo è una costante e oggi va di pari passo con la contrazione del tempo e quest’idea che ai giovani piacciano soltanto gli highlights e non abbiano più di tre minuti da dedicare a una partita di calcio, basket o a un Gran premio di auto o moto. Noi guardavamo 48 minuti effettivi di partita per ricordare tre schiacciate di Jordan o un assist di Magic, a loro basta guardare quelle tre schiacciate montate una dietro l’altra in un video con la musica del momento al posto delle parole di Dan Peterson. Non sanno quello che si perdono o forse lo sanno benissimo e proprio per questo preferiscono passare subito al reel successivo.

Già negli anni Ottanta il basket introdusse il tiro da tre punti (era il 1984) e poi nel 2004 arrivò a ridurre da 30 a 24 secondi il tempo a disposizione di ogni squadra per andare a canestro. La pallavolo ha abolito il cambio palla snellendo partite infinite nel 1998, il calcio ha vietato ai portieri di toccare con le mani il pallone calciato indietro da un compagno di squadra nel 1997. Ci sono nuovi sport che emergono come il padel o vecchi sport che rischiano l’estinzione come il pentathlon. Ai Giochi sono arrivati surf, skateboard e arrampicata sportiva dopo che già avevamo visto beach volley, basket tre contro tre, Bmx e una serie infinita di assurde gare a coppie in piscina e al poligono.

Addirittura il baseball ha deciso di darsi una mossa per ridurre partite che erano diventate più lunghe di un pranzo di matrimonio. Ha introdotto il cronometro tra un lancio e l’altro. Basta attese inutili. Ha anche allargato le basi e vietato lo shift (qualunque cosa voglia dire) con un unico obbiettivo: velocizzare le partite. Il tennis sta sperimentando un gioco accelerato da qualche anno nella Next Gen con set da quattro game e killer point. La Formula E il campionato elettrico si era inventato la boost zone come nei videogame di SuperMario kart. L’ha abolita, ma ha conservato il voto dei tifosi per dare più energia ai piloti preferiti. Gli sport di combattimento hanno messo gli sfidanti dentro una gabbia che è molto peggio di un ring, decisamente meno nobile come arte, ma che attira più curiosità da chi pensa che sia tutto finto come il wrestling e il sangue solo succo di pomodoro.

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Lo sport è alla continua ricerca di consensi quasi fosse un partito politico. Ma lo fa soprattutto guardando ai giovani, cercando di catturare quelli che oggi potrebbero diventare praticanti e domani lo zoccolo duro dell’audience. Il denominatore comune in questa ricerca dell’assenso sembra essere la riduzione dei tempi. Si insegue la moltiplicazione degli eventi, ma si cerca di abbreviare ogni singola esibizione. Solo il calcio viaggia controcorrente e oggi le partite vanno regolarmente oltre il centesimo minuto. C’era una volta il 90° minuto e non solo inteso come trasmissione cult della Rai. 

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La MotoGp si è inventata una gara sprint abbinata a ogni Gran premio. La Formula 1 che era già arrivata alle gare sprint, adesso vorrebbe provarci anche con le qualifiche sprint. Intanto fa un uso massiccio e smodato delle bandiere rosse per interrompere le gare alla prima occasione utile e far ripartire tutto da zero. Le partenze di un Gran premio costituiscono il massimo dell’audience e allora proviamo a metterne quattro a gara…  Intanto i gran premi da 16 sono diventati 23 con l’idea di arrivare ad occupare il 50 per cento dei weekend dell’anno. La moltiplicazione degli eventi è un vizio comune. Forse è colpa degli americani che hanno riempito le stagioni Nba di partite inutili prima di arrivare ai playoff.

La pallavolo ha più tornei internazionali di quanti sia possibile ricordare il nome. Il calcio sta pensando di giocare un Mondiale ogni due anni, intanto si è inventato la Nations League e il Mondiale per club. Ma forse farebbe bene a dare un’occhiata a quello che ha combinato Piqué che, dopo aver stravolto la Coppa Davis, si è inventato la Kings League con Var a chiamata, rigori mutuati dall’hockey, il calcio d’inizio dalla pallanuoto, carte jolly a disposizione, squadre composte con un draft tra gli iscritti, l’inserimento di vecchie glorie, la presenza di “Enigma”, un giocatore in attività mascherato come se al posto di Mancini ci fosse Milly Carlucci con il suo Cantante Mascherato.

“La bellezza dello sport consiste nell’essere parte del mondo”, disse qualche anno fa Mauro Berruto alla newsletter Slalom che ha chiamato Sportify questo nuovo trend dello sport. Lo sport non è un mondo perfetto o un’isola felice. Ci sono conservatori e progressisti anche negli stadi o sulle piste. C’è ancora chi sogna un campionato di calcio con tutte le partite alle 15 della domenica e chi ne vorrebbe una a sera, magari con il tempo effettivo e gli arbitri con il microfono per spiegare le loro decisioni come fanno del rugby. Anche gli sport però sono conservatori o progressisti. Quando il basket italiano assegnava alla moviola il suo primo scudetto nel 2005, il calcio ancora si affidava all’occhio dell’arbitro per vedere se un pallone era entrato in porta oppure no. C’è lo sport che corre incontro alle novità, non solo tecnologiche. E lo sport che non cambierebbe nulla per non perdere la sua identità. L’importante sarebbe cambiare regole per un valido motivo. Non solo per piacere ai giovani. Non solo per ottenere un cuoricino in più sui social.

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