Tania Cagnotto (Ansa)

Il foglio sportivo

Tania Cagnotto si tuffa nella sua seconda vita e riparte come mental coach

Francesco Caligaris

L'ex campionessa ha iniziato a collaborare con la Federnuoto nella veste di motivatrice: “La testa si può allenare e nel nostro sport conta al 90 per cento"

"Io dico sempre che i tuffi sono per il novanta per cento una questione di testa”. È scritto in corsivo sulla quarta di copertina di un libro celeste, ed è una grande verità: uno si prepara mesi e mesi, anni, tutti i giorni, dalla mattina alla sera, in palestra e in piscina, a secco e in vasca, ripete migliaia di volte gli stessi cinque o sei tuffi del suo programma, ma poi è durante la gara che si decide tutto. E in quei due secondi si può prendere male il trampolino, aprire troppo tardi la verticale, distrarsi per il colpo di tosse di uno spettatore, e il tuffo è sbagliato, la gara compromessa. È successo a molti e succederà ancora. Tania Cagnotto, la più forte tuffatrice italiana ed europea della storia, vincitrice di due medaglie olimpiche, dieci mondiali e ventinove europee, lo sa bene. Quella frase è sua. Il libro con lo sfondo celeste è la sua autobiografia del 2012, Che tuffo, la vita!, pubblicata da Lìmina e scritta con Stefano Bizzotto.

 

Oggi Tania Cagnotto ha trentasette anni, due figlie piccole e altrettanti ritiri alle spalle: il primo nel 2017, con un tuffo a bomba ai campionati italiani di Torino, il secondo e definitivo nell’estate del 2020, dopo che la pandemia aveva interrotto l’affascinante progetto del “sincro delle mamme” con Francesca Dallapé. Da un po’ di tempo ha iniziato a collaborare con la Federnuoto nella veste di mental coach, di motivatrice, di faro soprattutto nei confronti dei ragazzi e delle ragazze della nazionale giovanile con cui la settimana scorsa ha trascorso cinque giorni di raduno collegiale a Roma. “Diciamo che la testa è sempre stato un mio punto di forza da atleta”, racconta, “e ho pensato fosse giusto poterlo condividere. È un progetto che è cominciato già lo scorso agosto agli Europei di Roma e che mi impegnerà gradualmente sempre di più. Ci saranno altri collegiali, anche con la nazionale maggiore, ma non andrò ai Mondiali in Giappone a luglio”.

Si è presentata dicendo: “In voi rivedo il mio percorso, i vostri sguardi erano un po’ i miei. Vi state sacrificando e state lottando per raggiungere qualcosa di bello e spesso dovete fare delle rinunce, a differenza dei vostri coetanei, perché oltre agli allenamenti avete spazio nella vostra vita solo per lo studio: sono sforzi che però vi porteranno tante gratificazioni, ma per arrivare a queste passerete da allenamenti andati male e sconfitte. A me è capitato tante volte e ho cercato sempre di non abbattermi, anzi, di trarre spunto dalle delusioni”. Ha parlato di paure, di ansie, di scuola, anche di social media, “che è un aspetto interessante, perché è una grande differenza rispetto a quando avevo io la loro età: oggi, in un momento di gara, bisogna saper gestire anche questo”.

I giovani tuffatori e le giovani tuffatrici l’hanno ascoltata e le hanno fatto molte domande, davanti a tutti e in privato. “Mi hanno chiesto soprattutto come affrontare la paura dei tuffi nuovi e la paura di sbagliare in gara, gli errori da evitare e che cosa mi ha aiutato a ripartire dopo un momento difficile. Alcuni di loro non erano neanche nati quando ho vinto le mie prime medaglie mondiali, ma erano tutti molto incuriositi. Probabilmente avranno visto qualche mio video”. 

Ma si può allenare, questa maledetta testa? “Assolutamente sì, è un allenamento anche questo. Io l’ho allenata un po’ semplicemente gareggiando, perché a tutte le gare si impara qualcosa, anche all’ultima gara della carriera, e un po’ parlando con gli psicologi Gabriele Ghirardello e Daniela Cavelli. Ai ragazzi ho detto che sono qui per aiutarli in qualsiasi modo, grazie alla mia esperienza possono contare su di me”. Tania Cagnotto ha iniziato a frequentare Daniela Cavelli nel 2012, dopo le Olimpiadi di Londra in cui arrivò due volte quarta a uno spiffero dalla medaglia di bronzo: 2,70 punti nel sincro con Francesca Dallapé e addirittura venti centesimi nella finale individuale. Per anni nel mondo dello sport lo psicologo è stato considerato un tabù. “Quand’ero giovane non lo avevamo a disposizione”, continua, “e parlavo soprattutto con mio papà, che cercava di tranquillizzarmi e aiutarmi perché da ex atleta lui aveva già affrontato tutto. Con Daniela Cavelli invece siamo partite dal momento più complicato della mia carriera e dopo sono arrivate un sacco di belle soddisfazioni”. Dal 2013 in poi, nei grandi appuntamenti internazionali (Olimpiadi, Mondiali ed Europei), Tania Cagnotto ha vinto diciannove medaglie sulle ventuno a disposizione. Una garista formidabile

“Ma non sono soltanto le situazioni difficili quelle in cui è importante parlare con qualcuno. Anche quando succedono delle cose positive puoi iniziare ad avere paura. Nel 2009, quando ho conquistato tre ori agli Europei di Torino, ho avuto il boom di notorietà ed era qualcosa di nuovo, non lo sapevo ancora gestire. Nel 2009 per me è iniziata una responsabilità diversa, perché le persone pretendono. Lì ha aiutato molto lo psicologo Gabriele Ghirardello”. Sempre nel libro Che tuffo, la vita! Tania Cagnotto ha rivelato il traumatico avvicinamento ai Mondiali casalinghi di Roma, proprio nel 2009: “A un certo punto sono stata proprio male fisicamente, non riuscivo quasi più a mangiare, correvo spesso al bagno tanto ero sconvolta. Ho cominciato a perdere peso. Ricordo che la sera della cerimonia inaugurale ho dovuto lasciare per un momento la squadra italiana che stava per sfilare e sono andata a vomitare dietro un cespuglio. Avevo paura di non farcela, di avere un attacco di panico. Magari proprio sul trampolino, prima di eseguire un tuffo”.

Durante il collegiale romano della nazionale giovanile guidata da Nicola Marconi, Tania Cagnotto ha seguito anche gli allenamenti a bordo vasca. È ancora presto però per pensare a un futuro da allenatrice: “Per quello bisogna starci più dietro, dovrei passare tutti i pomeriggi in piscina e vorrebbe dire non vedere più le mie bambine. Questo ruolo di mental coach, che abbiamo deciso insieme alla federazione, è il giusto compromesso per dare il mio contributo alla squadra, e onestamente devo ammettere che lo preferisco rispetto ad allenare. Mi piace il rapporto che si sta instaurando con i ragazzi, vorrei diventare un po’ la persona con cui entrano in fiducia e si confidano”. Il direttore tecnico dell’Italia Oscar Bertone ha detto: “Ci aspettiamo, in questi giorni piuttosto intensi, di vedere subito progressi e poi ulteriori miglioramenti durante la stagione”. La Coppa Parigi 2024, da ieri a domani a Trieste, darà le prime risposte. 
Francesco Caligaris

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