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verso la Champions

Davvero vietare le trasferte ai tifosi è la soluzione alla violenza fuori dagli stadi?

Ruggiero Montenegro

Dopo aver scaricato le responsabilità sui tifosi del Liverpool, l'Uefa ammette che i disordini prima della finale di Parigi, furono causati dalla propria inadeguatezza nell'organizzazione. Intanto continua l'approccio repressivo: vietata la trasferta a Napoli ai tifosi dell'Eintracht, limitazioni per quelli del Friburgo a Torino

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Si fa presto a dire "hooligans" e, così dicendo, a nascondersi dietro la facile retorica. Poi, ogni tanto, i fatti si incaricano di smentire le parole. E si scopre che i disordini avvenuti a Parigi, in occasione della finale di Champions league tra Real Madrid e Liverpool non furono causati dai soliti violenti inglesi, ma dall’incapacità dell’Uefa di garantire un’organizzazione adeguata

In quell’occasione, il 28 maggio 2022, migliaia di tifosi dei Reds furono costretti a entrare in ritardo nello stadio – il fischio d’inizio fu posticipato più volte – se non proprio a rinunciare alla partita. Ci furono tensioni con la polizia, lacrimogeni e spray urticante per disperdere la folla, che sei mesi più tardi si scopre essere incolpevole. Allora l’Uefa si difese parlando di un ingente numero di supporter sprovvisti di biglietto. Il rapporto pubblicato in questi giorni smentisce questa tesi, sostenuta anche dalla polizia francese, e definisce “riprovevole” il tentativo di smarcarsi dalle responsabilità.

   

L’inchiesta – va sottolineato – è stata voluta dalla stessa Uefa, in una sorta di procedimento contro se stessa. E questo, se da un lato è meritorio e permetterà ai malcapitati di essere rimborsati, dall’altro smonta una volta ancora quel luogo comune sui tifosi facinorosi, per forza responsabili, che ha accompagnato le cronache di quella serata. Un retroterra culturale che ha spesso permesso di giustificare provvedimenti restrittivi e preventivi. Piuttosto che garantire, per tutti, la possibilità di assistere a un evento, ci si rifugia nel divieto. È innegabile che alcuni atteggiamenti debbano essere sanzionati anche duramente – è il caso di quanto accaduto per esempio a gennaio, quando i tifosi di Roma e Napoli si scontrati in autostrada. Ma lo è altrettanto il fatto che le sanzioni non possano essere indistinte.

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È probabilmente passando per questo schema che il Viminale proibirà la trasferta ai tifosi dell'EintrachtFrancoforte, atteso a Napoli settimana prossima per il ritorno degli ottavi di Champions. All’andata si erano verificati scontri, la soluzione individuata è stata la più drastica possibile. “È come se lo stato italiano ammettesse di non essere in grado di organizzare una partita”, ha attaccato Axel Hellmann, portavoce del club e direttore generale della German Football League. Il dirigente ha anche chiesto all’Uefa di intervenire, di fronte a “un’ingerenza grave e inaccettabile delle autorità italiane”. Chissà che penseranno a Nyon.

   

Nel frattempo è arrivata un’altra decisione, più limitata, ma che si inserisce nello stesso filone. Questa volta a pagare dazio saranno i tifosi del Friburgo che si preparavano alla trasferta di Torino, giovedì in Europa League. A loro sono stati annullati i biglietti comprati attraverso i canali della Juventus. Restano invece validi quelli venduti direttamente dal club tedesco, che se l’è presa con i bianconeri e con le istituzioni di casa nostra. “Abbiamo cercato una soluzione per garantire la sicurezza facendo proposte che però non sono state accettate”. Si è preferito il paradigma securitario. 

   

Ci sono squadre che hanno cercato in qualche modo di rapportarsi ai tifosi, istituendo figure manageriali addette proprio ai rapporti con i tifosi, a vario livello. I risultati non sono stati eccezionali. C’è a proposito un caso che riguarda proprio la Juve, dipinta su alcuni media quasi come in affari con la 'ndrangheta, salvo poi risultare parte lesa nel corso del processo Alto Piemonte che ha indagato sul bagarinaggio e sui rapporti tra dirigenti e tifosi.

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Una vicenda che mette in luce tutte le difficoltà di certe dinamiche, le implicazioni anche mediatiche che ne possono derivare. E, tornando all’oggi, chiama in causa di nuovo le istituzioni. Stadi senza fumogeni possono essere considerati una risposta? Impedire ai tifosi l’accesso agli spalti anche? Le domande non sono nuove, certamente. Ma l'unico approccio , che continua a essere riproposte, è quello repressivo. La questione è, per molti versi, anche una questione di libertà e l’unica soluzione non può essere quella del proibire. L’unica soluzione non può essere una non-soluzione. Sarà banale ma, come si è visto per altre ragioni durante l’emergenza Covid, il calcio senza tifosi è molto meno, è un altro sport.

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