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Il Foglio sportivo - il ritratto di Bonanza

Il triangolo Spalletti, Osimhen, De Laurentiis e il Mondiale in Qatar

Alessandro Bonan

I tre lati del Napoli. E in città è vietato festeggiare: anche i famosi botti potrebbero essere male interpretati. Nella squadra tutto si sostiene in modo perfetto, anche se l'attenzione è spostata altrove, nel deserto, e nessuno osa parlare

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Il triangolo no, non l’avevo considerato. Spalleti, Osimhen, De Laurentiis. Sono i tre lati (angoli?) del Napoli, in un triangolo che al momento sembra rivolto verso il sole, in posizione feconda, simbolo di armonia e perfezione. È giusto parlare dell’oggi perché dopo la sosta mondiale pare che tutto cambi. Alcuni esperti sostengono che il calcio tornerà al tempo degli eschimesi, che giocavano con oggetti sferici di pelle di foca riempita di muschio. Altri si sbilanciano verso un possibile ritorno alla tradizione aborigena, dove si tiravano sonori calcioni a palle di erba racchiuse in uno scroto (si può dire?) di canguro. Mentre i più pessimisti si spingono anche oltre, suggestionati dalla guerra del bambino Putin, paventando un ritorno all’età della pietra, dove pare che i nostri antenati disputassero partite brevissime (non troppo intelligenti, ammettiamolo) con uova di dinosauro che al primo tiro si rompevano determinando all’istante la fine delle ostilità. 

 

In attesa di sapere quale scenario ci aspetti, a Napoli è vietato festeggiare, è vietato dire, fare, lettera e testamento. Anche i famosi botti potrebbero essere male interpretati. Questione di scaramanzia, detto in sintesi, ma non solo. La simbologia del triangolo impone rispetto. Secondo una antica tradizione religiosa c’è di mezzo Dio, di cui sarebbe vietato pronunciare addirittura il nome (pazienza, ormai l’ho fatto). Il triangolo equilatero è la figura che rappresenta l’uomo, è la geometria perfetta, la base della formazione di una piramide. 

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Il Napoli è un triangolo, in mezzo la squadra, ai lati De Laurentiis ed Osimhen, alla base Luciano Spalletti. Tutto si sostiene in un equilibrio perfetto. De Laurentiis è lo spirito che non parla più, magari cinguetta su Twitter, vigilando da un lato, protettivo. Osimhen si lancia dall’altra parte, guerriero, linea che si arrampica in punta, per far male anche quando qualcosa non quadra. Spalletti sopporta il peso di una figura diventata enorme, un triangolo di pietra, quasi una piramide. Lo fa adesso che tutto il rumore si è spostato guarda caso nel deserto, anche se non è il deserto egiziano. Sulle imprese della sua squadra è calato il silenzio, si parla dei Mondiali, del calciomercato che comincia a far sentire il suo richiamo. Si parla del Brasile, terra di misteri, favorito per la vittoria finale. Si parla di tutto, anche di come questa Coppa del mondo ci arrivi di traverso, come un tacchino farcito in modo esagerato, prima ancora delle scorpacciate di Natale. Finirà in fretta, e poi torneremo a giocare. Senza gli eschimesi, gli aborigeni, gli uomini primitivi. Il calcio sarà sempre lo stesso, ma il Napoli come sarà? Se resterà triangolo, probabilmente vincerà.

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