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La narrazione di Allegri non regge più. Lo scostamento tra la Juventus e il suo allenatore

Gabriele Spangaro

Le prestazioni dei bianconeri sono difficili da comprendere. Sta mancando quell'equilibrio e molti di quegli elementi che facevano vincere la squadra durante il primo ciclo vincente dell'allenatore a Torino. E le sue dichiarazioni sottolineano il solco che si è creato

Ci sono pochi dubbi sul fatto che il tifo juventino sperasse a un ritorno rapido ai giorni di una Juventus vincente. Se non già l’annata scorsa, in cui più volte è stato detto che la squadra non fosse completa in tutti i reparti, almeno questa, costruita all’apparenza da zero e arricchita dal ritorno a casa del figliol prodigo Pogba, che però non giocherà una partita in bianconero almeno fino al 2023.  Eppure, a causa del disastro in Champions, il ritardo in campionato – 10 punti – e i tanti infortuni, l’ottimismo è poco.

  

Massimiliano Allegri nel post Benfica-Juventus ha dichiarato di non vedere l’esclusione dalla fase a eliminazione diretta della Champions League come un fallimento, ma solo come un evento possibile durante la competizione per club di più alto livello. Allegri non ha parlato di come si potesse evitare l’eliminazione – anzi ha invitato a non piangersi addosso – e si è concentrato più su come si sarebbe potuto vincere la partita appena persa. “L’eliminazione non è stasera né nelle altre partite”, ha detto. E poi ha aggiunto: “Era una partita da tenere in equilibrio e poi portarla a casa”.

   

La partita contro il Benfica ha visto però una storia diversa, con la Juve più in balia dell’efficacissimo attacco portoghese, che pure è stato impreciso, che capace di mantenere un equilibrio per 90 minuti.

  

L’equilibrio pare stia mancando anche internamente, come stanno mancando molti elementi che tenevano in piedi la Juve di quell’Allegri che freddava chiunque gli ponesse questioni sulla velocità ed efficacia del gioco offensivo ricordando che vincere di uno o di 10 faceva lo stesso. L’espressione di Allegri, che poi è stata usata per riassumere tutto un credo calcistico è vincere di “corto muso”, poi male interpretata in qualcosa di simile a “vincere pure giocando male”.

  

Era una narrazione che funzionava, soprattutto per via della solidità difensiva della Juventus, e per la sua capacità di abbassare i ritmi di gioco. E perché la Juventus vinceva, chiaramente.

  

Adesso la Juve è difficile da comprendere. I giocatori dimostrano unione, come mostra l’abbraccio dopo triplice fischio a Lisbona, ma in campo la squadra si disunisce facilmente e si allunga – lo ha notato lo stesso Allegri. Sono vogliosi, ma la voglia non si trasmette in giocate efficaci. Si pensi a Vlahovic, la cui gestualità in campo rende palese la coesistenza tra smania di segnare e, talvolta, impotenza. È una Juve che prende due gol pressoché identici contro il Monza e il Benfica, perché Rafa Silva e Christian Gytkjær fanno lo stesso basico movimento tra i centrali bianconeri, ma i numeri difensivi racconterebbero quasi un andamento positivo, almeno in Serie A: 7 volte su 12 ha mantenuto la porta inviolata (come la Lazio) e ha la miglior difesa del campionato, con 7 gol subiti.

   

Le parole di Allegri celebri per cinismo e secchezza non sembrano più descrivere l’inerzia della squadra, e anche il “corto muso” non sembra essere più attuale, perché è vero che contro il Lecce è arrivata una vittoria per 1-0, ma è vero anche che all’89esimo minuto Hjulmand ha colpito un palo, e che nella prima mezz’ora sono arrivate 4 ammonizioni. Non una partita sotto controllo.

   

Un altro fatto poco comprensibile? Il gol che è valso i tre punti è stato firmato da Nicolò Fagioli, un piede educato che negli ultimi giorni di mercato era dato per partente, nonostante la datata stima di Allegri che nel 2018 disse: “Vederlo giocare è un piacere, perché è un ragazzo del 2001 che conosce il calcio”. E per giunta il gol ha tutto per essere etichettato come gol “alla Del Piero”, non uno qualsiasi a Torino: ossia un lento tiro a giro che si infila all’incrocio dei pali lontani. Ma anche qui l’allenatore della Juventus ha già messo le mani avanti sulla necessità di mantenere i piedi a terra, specificando che il ragazzo ha perso tempo visto che nel recente passato è stato piazzato in posizioni che non erano la regia, suo ruolo naturale.

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