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La Juventus di quest'anno sembra uscita dai Promessi sposi

Davide Ferrari

La sconfitta contro il Monza ha portato inquietudine nei tifosi bianconeri che nemmeno la pausa per la Nazionale ha attenuato

"Dallo stadio al Duomo ci vogliono 5-6 minuti, Gytkjaer fa gol al 27′ del secondo tempo, quindi io sarò arrivato in Duomo all'equivalente del 35'o 37′. Sono entrato e davanti a me c'era una signora molto anziana che stava pregando. Mi riconosce e mi dice: ‘Abbiamo vinto con la Juventus!'. E io: ‘Ma no, ma non è ancora finita'. Non capisco come questa signora, che avrà avuto 80-90 anni, stesse pregando e sapeva che il Monza – lei ha detto ha vinto – ma comunque che stesse vincendo con la Juventus. Questo mi è rimasto in testa, non riesco a capire, è una cosa incredibile".

 

Anche se è Adriano Galliani a parlare, detta così sembra una scena dei Promessi sposi. Ma non siamo nel 1600. Il risultato comunque non cambia. Anche noi tifosi bianconeri siamo ancora increduli e a bocca aperta a dire, più che con spirito sportivo, con rassegnazione: a chi la tocca, la tocca. A chi la tocca, la tocca. Proprio come faceva Tonio, uno dei personaggi del romanzo, biascicando in preda alla follia causata dalla peste, all’amico Renzo che gli faceva domande.

 

A chi la tocca, la tocca. Dicevamo. E dare al Monza la prima vittoria, meritata, in Serie A, è toccato proprio alla Vecchia Signora. Non quella del duomo però. Galliani ha dichiarato che quando era ragazzino esistevano ancora i manicomi, e se avesse detto all'epoca che il Monza avrebbe battuto la Juventus lo avrebbero ricoverato. Se non proprio di un ricovero, avremmo almeno bisogno di dare una controllata alla pressione anche noi tifosi. E non per quella formula vuota e tautologica che andiamo ripetendo da un paio di settimane – a chi la tocca, la tocca – ma perché non ci sembra vero di vedere la nostra squadra trasformata, proprio come Tonio, da brillante protagonista del romanzo calcistico, capace di ottenere risultati e profitti, in una macchietta comica, ingenua, incapace di una benché minima reazione. È vero, non è la peste ad averci ridotto così, anche se il lazzaretto sembra aver traslocato dalle parti Torino. E per fortuna in queste due settimane, tra nazionali ed elezioni, abbiamo goduto di un minimo di riposo e di una certa tranquillità. Si fa per dire.

  

Ma ricordare la domenica di due settimane fa rimette in circolo una certa inquietudine. A parte i due miracoli in un giorno – roba da non credere! – successi a Galliani che incontra una vecchia signora due volte in poche ore, e che la seconda sembra essere la rediviva Monaca di Monza, comincia a serpeggiare nel nostro animo il pensiero di riprendere l’agonia, contro un Bologna fresco di nuovo allenatore con la voglia di stupire.

   

Stupisce anche quell’“abbiamo vinto”, visto che Manzoni, con l’uso magistrale del ritratto a priori con cui ci presenta un personaggio attraverso i suoi tratti iconici, stimolando nel lettore la curiosità di scoprire la corrispondenza psichica e morale con la descrizione, ci diceva chiaramente e a furia di contrapposizioni cromatiche, che sotto sotto Gertrude era simpatizzante bianconera, almeno a giudicare dalla mise con quel velo nero e la bianchissima benda di lino.

 

A leggere quel ritratto, sembra di vedere la fisionomia della Juve, quando, ad agosto, a mercato concluso, leggevamo i nomi sulla carta e poi l’abbiamo vista sul campo: Il suo aspetto, che poteva dimostrar venticinque anni, faceva a prima vista un’impressione di bellezza, ma d’una bellezza sbattuta, sfiorita, e direi quasi scomposta. Soprattutto scomposta.

 

E non c’è entusiasmo, né ragione, per cambiare prospettiva proprio adesso visto che, tra gli altri, la nostra Signora / Monaca è orfana di una Chiesa e anche della protezione Di Maria. C’è poco da star tranquilli insomma. Né tantomeno si può essere allegri.

 

E anche questo Manzoni lo sapeva benissimo. Vista la sua descrizione ante litteram che sembra essere quella dell’ultima immagine del mister chiuso nella piccionaia degli espulsi: Le gote pallidissime, scendevano con un contorno delicato e grazioso, ma alterato e reso mancante da una lenta estenuazione. […] La grandezza ben formata della persona scompariva in un certo abbandono del portamento, o compariva sfigurata in certe mosse repentine, irregolari […].

 

Visti i presupposti, più che l’ospitata del Bologna di domenica sera, preoccupa la prossima trasferta di Milano. Anche qui il caro Manzoni ci aveva visto lungo. Sembra di vedere Renzo: anche lui arrivava nella città meneghina proprio da Monza, e senza neanche accorgersene si trova in mezzo al caos più totale: carestia, tumulti, botte e spallate da tutte le parti! Insomma, non ci capisce più niente.

 

Del resto, questo invece questo lo abbiamo capito, a chi la tocca, la tocca. Sperando che a Milano non ci tocchi la fine di Renzo.

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