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l’affaire

Un’inchiesta di Libération accusa il patron del Psg Al Khelaifi di corruzione e sevizie

Mauro Zanon

Il numero uno del club parigino avrebbe fatto incarcerare e torturare per dieci mesi l'uomo d'affari franco-algerino Tayeb B. La vittima era “colpevole” di possedere materiale scottante legato all’assegnazione dei prossimi Mondiali di calcio, nel quale figurava anche il presidente qatariota

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Parigi. Nasser al Khelaifi (Nak), presidente del Paris Saint-Germain, si trova immischiato in una brutta vicenda di sevizie e ricatti che ha come vittima un imprenditore franco-algerino in possesso di informazioni potenzialmente compromettenti sul dirigente qatariota.

 

 

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 A meno di due mesi dall’inizio dei Mondiali di calcio a Doha, il quotidiano Libération, ieri, ha pubblicato un’inchiesta incandescente ai danni di al Khelaifi, uomo di fiducia in Europa dell’emiro del Qatar Tamim bin Hamad al Thani: un’inchiesta dalla quale emerge che il numero uno del club parigino avrebbe fatto incarcerare e torturare per dieci mesi l’uomo d’affari franco-algerino Tayeb B., 41 anni, “reo” di avere delle chiavette usb contenti prove di atti di corruzione per l’assegnazione dei Mondiali in Qatar in cui sarebbe emerso il nome di Nak e altro materiale delicato sulla vita di quest’ultimo. 

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Ma da dove esce questo Tayeb B.? Nato a Gennevilliers, banlieue parigina, si è fatto un nome nel settore della logistica grazie al suo senso per le pubbliche relazioni e ai suoi appoggi politici, tra i quali alcuni membri dei Républicains, il partito gollista. Nel 2016, ha creato un think tank, le Club géopolitique, e organizzato una serie di conferenze consacrate alla politica e all’economia dei paesi africani e del Golfo. E’ attraverso la presidenza di questo club che è entrato in contatto con Nak. Affascinato dalla rete di contatti e dall’influenza di Tayeb B., il presidente del Psg propone all’imprenditore franco-algerino di lavorare per conto del Qatar: “Per valorizzare sulla scena internazionale, e in particolare in Francia e in Europa, gli sforzi del Qatar in materia di diritti umani”, secondo quanto riferito a Libération dagli avvocati di Tayeb B.

Con la moglie, Djamila, e i figli, ottengono un permesso di soggiorno a Doha fino a giugno 2020, e decidono di spostare nel paese del Golfo la loro residenza fiscale, con la promessa, da parte di Nak, di far fruttare il loro business nella logistica. Ma il 13 gennaio 2020, inizia l’incubo. Quindici agenti della sicurezza qatariota si presentano a casa sua e lo arrestano “su ordine dell’emiro”. Seguiranno dieci mesi di torture da parte della polizia nella prigione di Salwa Road, in isolamento totale, tra minacce di morte, interrogatori con gli occhi bendati e il divieto di contattare la polizia francese: fino a quando non consegna tutto, chiavette usb, hard disk, grazie all’aiuto della moglie costretta ad andare in Algeria, nella casa di famiglia, e tornare a Doha con “una valigia rossa” in cui si trovava una parte degli elementi potenzialmente compromettenti sulla vita professionale e privata di Nak.

Per essere liberato, Tayeb B. avrebbe anche firmato una clausola di riservatezza che lo costringerebbe a pagare 5 milioni nel caso in cui il materiale fosse reso pubblico. Le chiavette usb, quelle che conterrebbero i documenti ultrasensibili, sono nelle mani degli avvocati di Al-Khelaifi, Francis Szpiner e il suo associato Renaud Semerdjian. Ora, come scrive il direttore di Libé Dov Alfon, “solo la giustizia francese potrà risolvere l’affaire”.

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