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La Superlega ha completato l'ascesa di Nasser Al-Khelaifi nel calcio europeo

Federico Giustini

Il presidente del Psg è da considerare il vincitore della partita politico-mediatica andata in scena da domenica scorsa in poi: ha tenuto il Paris Saint-Germain fuori dal nuovo torneo, ha consolidato i rapporti con le istituzioni del calcio, riuscendo a conquistare la presidenza dell’ECA

Negli anni a cavallo tra la fine del secolo scorso e l’inizio del nuovo si era già più volte parlato di Superlega Europea, un torneo rivolto alle migliori squadre del continente. Nel marzo 2002 i giornali raccontavano che la la banca d’affari JP Morgan avesse pronta una linea di credito superiore a più di tre miliardi di dollari per finanziare un progetto “valutato male”, come ammesso dallo stesso colosso americano.

 

 

A marzo 2002, invece, Nasser Al-Khelaifi stava preparando le sfide che lo avrebbero visto impegnato in Coppa Davis nel mese successivo, le ultime della sua carriera di tennista professionista nella competizione in cui per dieci anni aveva rappresentato il Qatar. Di lì a poco sarebbe iniziata per lui una brillante carriera da dirigente, non solo sportivo, culminata in queste ultime ore con la presidenza dell’ECA, l’Associazione dei Club Europei. Al-Khelaifi è da considerare il vincitore della partita politico-mediatica andata in scena da domenica scorsa in poi: ha tenuto il Paris Saint-Germain fuori dalla Superlega, ha consolidato i rapporti con le principali istituzioni del calcio internazionale e ha quantomeno provato a invertire la tendenza relativamente all’immagine del Paese proprietario del club parigino, dopo l’inchiesta del Guardian sui più di 6.500 lavoratori migranti morti nella costruzione degli impianti per Qatar 2022.

  

Lo sceicco Tamim bin Hamad Al Thani, attuale emiro, seppe intravedere in Al-Khelaifi, sportivo molto popolare in Qatar e suo amico d’infanzia, capacità manageriali che, stando alla biografia presente sul sito di beIN Sports, fanno di lui “un leader visionario nel settore dei media”. Nel 2003 Al-Khelaifi fu nominato direttore acquisti dei diritti tv di Al Jazeera Sport, per poi nel 2008 diventare general manager del canale sportivo e presidente di Qatar Sport Investments, braccio operativo sportivo del fondo sovrano qatariota e futuro acquirente, tre anni dopo, del Paris Saint-Germain, che da quel momento presiede.

 

 

Impossibile non notare la forte correlazione tra sport e mezzi di comunicazione nella carriera di Nasser Al-Khelaifi e, più in generale, nel mondo del calcio da molti anni a questa parte. Nei mesi successivi all’acquisto del PSG, l’intero sistema calcio francese poté beneficiare del denaro immesso da Al Jazeera Sport per i diritti tv della Ligue 1. La tv qatariota, dal 2012 diventata beIN Sports, era ormai entrata nel mercato europeo, ottenendo anche la trasmissione in Francia della Champions League. Nel novembre 2019 beIn Sports si è assicurata, assieme a Canal Plus, i diritti tv della principale rassegna europea nel Paese transalpino dal 2021 al 2024, quella Champions che negli scorsi giorni ha rischiato pesantemente di ridimensionarsi a fronte dello strappo dei dodici club. Il processo di vendita dei diritti alla trasmissione della Champions League è però ancora aperto negli stati extraeuropei ed è bene ricordare che beIN ha trasmesso le gare del triennio 2018-2021 della massima competizione europea negli stati del Medio Oriente e del Nord Africa, a Hong Kong, in Malesia, Singapore e Brunei.

 

I parigini, che hanno reso nota la loro contrarietà alla Superlega attraverso un comunicato (“Il PSG ha la ferma convinzione che il calcio sia uno sport per tutti”), hanno potuto così mostrarsi vicino a tifosi e fan, fortemente contrari a un torneo elitario e chiuso. Il primo calciatore a tuonare contro l’appena nata competizione, inaugurando lunedì la valanga di commenti e le successive retromarce, è stato proprio un tesserato del club parigino, lo spagnolo Ander Herrera, attraverso il suo profilo Twitter. E per una squadra inevitabilmente associata al Qatar, al centro delle proteste per la scarsa considerazione dei diritti umani nell’ultima finestra riservata alle nazionali, la reputazione ha un suo peso.

 

 

Sport e comunicazione, si diceva. Il presidente dell’Uefa Aleksandr Čeferin da giorni ricorre alla sfera emotiva, alla dimensione etica dei protagonisti della vicenda, quasi a voler suggerire all’opinione pubblica, composta da tifosi e appassionati, una distinzione manichea tra buoni e cattivi. Da un lato Andrea Agnelli che spegne il telefono per portare avanti nell’ombra il suo progetto, dall’altro “un grande uomo”, “una brava persona” come Nasser Al-Khelaifi.

 

Il dirigente qatariota rappresenterà ora le società calcistiche europee e con l’Uefa nei prossimi mesi ragioneranno assieme sul futuro del calcio, a partire da una nuova versione del Fair Play Finanziario, meccanismo nato con lo scopo di arginare le spese folli e che è stato applicato a corrente alternata.

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