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Il Foglio sportivo

Pioli e Messina raccontano il loro anno da campioni d’Italia

Matteo Rivarola

L'allenatore del Milan e quello della Olimpia ci raccontano i loro successi. Non accadeva dal 1996 che le due squadre di Milano si aggiudicassero il tricolore nella stessa stagione

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Il telefono squilla: “Coach, sono Stefano... Volevo congratularmi per le emozioni che avete regalato in questa stagione tu e tuoi ragazzi. Bravi, davvero. Ti aspetto a Milanello, vieni a trovarci”. Ettore Messina e Stefano Pioli, storia di amicizia, stima e lealtà. Carattere ruvido, addolcito dall’esperienza quello del coach, più mite e riflessivo quello del tecnico emiliano. Un’affinità maturata fin dal primo incontro tramite videocall durante la pandemia e mai interrotto, complice anche una stagione che ha riportato il sorriso di chi sa di essere campione d’Italia. “Pioli è una persona molto a modo – racconta Messina – ci siamo sentiti tutto l’anno e non è mai mancato un suo messaggio di sostegno. Io ho cercato di fare nel mio piccolo lo stesso. Sognavamo entrambi una stagione da vincitori”. Così è stato. L’immagine dell’abbraccio tra Maldini, Scaroni e Pioli al fischio finale della gara contro il Sassuolo a Reggio Emilia lo scorso 22 maggio, ha preceduto solo di poche settimane quello tra Melli, Rodriguez, Hines e un commosso Messina. Non accadeva dal 1996 che Olimpia e Milan si aggiudicassero il tricolore nella stessa stagione.

 

Gestione del gruppo e attenzione al dettaglio, un binomio solido per entrambi, ma con una sostanziale differenza. Ettore Messina è tra gli allenatori europei più titolati nella storia del basket. Il successo con la sua Olimpia, forse il più emozionante, è il 32esimo trofeo di una carriera ricca di gioie, urla e trionfi. Virtus Bologna, Treviso, Cska Mosca, Real Madrid e l’Nba con i Lakers prima e San Antonio poi, come assistente di Gregg Popovich. “Gli Spurs sono la migliore organizzazione sportiva al mondo. Non ho paura di ammetterlo. Cercano sempre di portare avanti valori importanti come il rispetto, la disponibilità a prendersi le proprie responsabilità e l’altruismo. Quando dico rispetto, intendo rispetto dal presidente al magazziniere”. Uomo vero Messina, amante dello sport e di quel bene comune in grado di farti fare un passo indietro per poi avanzare tutti insieme. Amato dalla sua gente, dai suoi tifosi, come Vito per esempio, tranviere conosciuto perché ha fermato il suo tram per incoraggiarlo in Corso Italia poco prima dei playoff. Dai campetti in cemento della sua Catania, alla panchina della Nazionale Italiana, un capitolo durato più di 40 anni, dettato dalla facoltà di scegliere con idee chiare e concrete.

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“Parlo con lui ogni volta che posso. Ha grande intelligenza e non gli manca mai la parola. Un piacere essere a sua disposizione”, rispose a un giornalista Kobe Bryant, alla domanda sul rapporto con Messina. Per il successo nella vita, così come nello sport, il coach  gli ha sempre insegnato a rispettare le regole. Le stesse imposte da Stefano Pioli ai suoi ragazzi. “Ho un rapporto speciale con il mio spogliatoio. Proteggo e sostengo ogni mio calciatore da sempre. Peccato solo per la musica inascoltabile di alcuni di loro, ai miei tempi si stava in silenzio prima di entrare in campo”. Un percorso diverso il suo, forse anche a tratti inaspettato. Criticato e mai realmente amato nelle precedenti esperienze in panchina. Sassuolo, Chievo, Palermo, Bologna, Lazio, Inter, Fiorentina, fino all’occasione di entrare in punta di piedi dall’ingresso principale di via Aldo Rossi, alla ricerca continua di quel successo sfumato anche da calciatore. Una giovane promessa, poi i continui infortuni gli hanno precluso obiettivi ben più ambiziosi di quelli ottenuti. Di sicuro il 22 maggio, resterà una data storica per il tecnico rossonero. Lo scudetto di Reggio Emilia, ha un sapore speciale. Vinto con orgoglio e sacrificio. Una dedica a chi come lui, non ha mai smesso di provarci. Un ricordo tatuato anche sulla pelle, come segno indelebile di supremazia. “Succede solo a chi ci crede”, ha stampato sulle maglie celebrative il club rossonero. Come dargli torto. Pioli, l’uomo dal silenzio riflessivo, in grado di ascoltare e farsi ascoltare anche da campioni come Zlatan Ibrahimovic, uno a cui se non vai a genio, difficilmente ti rivolge parola. Ettore Messina e Stefano Pioli, due personalità a tratti opposte, accomunate dalla stessa volontà di sentirsi parte di qualcosa di grande. L’altro giorno si sono raccontati insieme alla House of Bmw, la casa dello sponsor che da dieci anni sta con l’Olimpia e dal marzo 2021 è automotive partner anche del Milan.

 

“Pioli is on fire” cantava a gran voce coach Messina in un video, con tanto di maglia rossonera ufficiale, dopo la conquista del 19esimo scudetto. Replica immediata dell’amico Stefano per il tricolore dell’Olimpia, anche se con maggiore pacatezza, dopo il successo 81-64 in gara 6, ai danni della Virtus Bologna. Si ammirano e si studiano, perché nonostante caratteri diversi interpretano il gioco alla stessa maniera. Come si diventa campione d’Italia? “Competenza e coerenza – sottolinea Pioli – Io studio, mi preparo e non lascio nulla al caso. Ho la fortuna di avere dieci collaboratori, con i quali mi confronto ogni giorno. In Italia abbiamo sempre troppa fretta di vincere. Bisogna conoscersi, creare armonia e stemperare la tensione che spesso domina lo sport ad alti livelli”. “Difesa, costruzione e ripartenza” aggiunge Messina. I tre principi cardini scritti sulla lavagna nello spogliatoio. Il Milan, non a caso, nonostante la rosa più giovane del campionato, nel 2022 è la seconda miglior difesa in Europa, con il tasso più alto di passaggi riusciti in Serie A. Realtà differenti, obiettivi comuni, vincere. Il sogno del patron, Giorgio Armani, è la terza stella. Il Milan proverà a inseguire la seconda, proprio come promesso da Paolo Maldini ai tifosi, in occasione del primo giorno di ritiro lo scorso 4 luglio. Per farlo ci sarà bisogno di uomini, lavoro e regole, le stesse che coach Messina e mister Pioli hanno fatto osservare per evitare di farsi guidare dalla paura.

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