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Pechino 2022

Nel pattinaggio artistico la tecnologia non riesce a stare al passo degli atleti

Giorgio Burreddu

Ai Giochi olimpici invernali molti allenatori hanno sollevato un malumore: i pattini si rompono troppo facilmente. Quali sono i problemi della ricerca tecnologica applicata al pattinaggio di figura?

La potenza è nulla senza controllo. E figuriamoci senza tecnologia. Vale per tutti gli sport, compreso il pattinaggio artistico?

Diego Cattani, ex atleta della nazionale azzurra e argento mondiale nello short track, dice che “un attrezzo più preciso offre prestazioni migliori”. Quando gareggiava sua moglie Barbara Fusar Poli, campionessa mondiale di danza sul ghiaccio nel 2001 e bronzo ai Giochi di Salt Lake City nel 2002, “lavorai su pattini per darle più confidenza e velocità”. Un intervento mirato sull’imbarcatura, cioè sul raggio della lama che tocca il ghiaccio, per permettere una performance ancora più accurata. Eppure il nodo tra innovazione e performance nel pattinaggio artistico resta un discorso molto complesso. L’ossessione per i miglioramenti ha sempre condotto all’evoluzione tecnica.

Nel ciclismo, per esempio, a metà degli anni Ottanta cominciarono a usare il carbonio per costruire bici più leggere. Nel calcio hanno realizzato palloni aerodinamici e scarpini più performanti. Per non parlare della Formula 1 e dello sci, sport in cui la ricerca è decisiva. Nell’atletica, poi, i materiali di pista e scarpe hanno sollevato polemiche anche Tokyo 2021. Ogni disciplina ha insomma le sue evoluzioni.

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Nel pattinaggio di velocità e nello short track, dice Cattani, “la differenza di prestazioni è oggettiva”. L’attrezzo la fa da padrone. Per questo si studiano pattini personalizzati, realizzati sul calco del piede, con le lame misurate e comparate al millesimo di millimetro. “È come se uno avesse una lama attaccata al piede nudo”.

John K. Coyle, ex pattinatore statunitense, ha studiato l’accelerazione in g e la resistenza del corpo alle curve comparandola con la Nascar. La forza centripeta decuplica il peso corporeo, per questo avere pattini stabili è fondamentale. L’oggettività di cui parla Cattani sembra perdersi nel pattinaggio artistico, poiché la presenza di una giuria rende tutto più “soggettivo”. “È l’aspetto estetico che conta più di tutto”, aggiunge. Tuttavia un’altra ossessione, quella del movimento, sta portando gli atleti a spingersi sempre più lontano. In un esercizio di quattro minuti un atleta deve eseguire dodici elementi. Tra cui: salti, piroette e sequenze di passi veloci. Salti (toe-loop, flip, lutz, salchow, rittberger o loop, e il temuto axel) che aumentano di difficoltà se eseguiti con tre o quattro rotazioni (e dunque detti tripli o quadrupli). Per apprendere un esercizio ci vogliono anni. Poi, si comincia a lavorare sulla qualità ripetendone piccole porzioni, frame di esercizio, da eseguire migliaia di volte in un anno. Nathan Chen, l’americano oro a Pechino 2022, è il pattinatore al mondo che sa eseguire più quadrupli. E il nipponico Shoma Uno, terzo in Cina, in una sessione di cinquanta minuti di allenamento esegue venti-trenta quadrupli.

In tutto questo, l’innovazione tecnologica incide? Tecnologia e tecnica vanno di pari passo?

A Pechino molti allenatori hanno sollevato un malumore: i pattini si rompono troppo facilmente. L’atleta russa Alekxandra Trusova è scesa sul ghiaccio indossando pattini nuovi. Un handicap, o comunque una difficoltà superiore. “Saltare con un pattino nuovo è più complicato” spiega Raffaella Cazzaniga, coreografa di molti atleti azzurri transitati alle ultime tre edizioni dei Giochi. Ci vogliono due mesi perché un pattino si allenti, si conformi al piede. E poi le lame: ne esistono di super leggere. Ma alcune sono troppo rumorose e questo per molti allenatori è un fattore antiestetico. La ricerca tecnologica sui pattini, anche per l’artistico, sembra destinata ad avanzare. “La tecnologia applicata agli attrezzi potrebbe agevolare la pattinata. Ma sull’estetica non farebbe la differenza”. Al momento, nel pattinaggio artistico l'atleta supera la voracità tecnologica. Di questi tempi, sembra una cosa buona.