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Il Foglio sportivo

Una Formula da cambiare

Umberto Zapelloni

“Il nostro non è più soltanto uno sport, ma una piattaforma completa. La nuova F1 sta riconquistando i giovani”. Parla il ceo del circus Stefano Domenicali

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Se Imola era il suo gran premio di casa, Monza è il suo gran premio del cuore. Stefano Domenicali, il nuovo ceo della Formula 1, è nato in riva al Santerno, ma ha trovato Silvia e l’amore a due passi dal circuito dove domani si corre il Gran premio d’Italia del centenario. E se uno nasce a Imola e si sposa Monza, non può che avere la Formula 1 nel suo destino. Stefano ci è arrivato dopo un lungo percorso che lo ha portato dalla Ferrari alla Lamborghini passando per il Gruppo Audi che lo aveva chiamato per costruirsi un futuro nella massima serie automobilistica, poi troncato dal dieselgate. Da gennaio Stefano è il nuovo Bernie Ecclestone, il grande capo di uno sport che ha bisogno di cambiare pelle per conquistare i giovani. “Ci stiamo riuscendo, i dati ci raccontano che hanno incominciato a seguirci molti ragazzi, che l’età media dei nostri spettatori sta diminuendo. I piloti devono essere al centro del nostro progetto e sono sincero nel dire che siamo messi bene perché oggi ne abbiamo davvero di formidabili, che hanno tutto per diventare personaggi”.

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Se Imola era il suo gran premio di casa, Monza è il suo gran premio del cuore. Stefano Domenicali, il nuovo ceo della Formula 1, è nato in riva al Santerno, ma ha trovato Silvia e l’amore a due passi dal circuito dove domani si corre il Gran premio d’Italia del centenario. E se uno nasce a Imola e si sposa Monza, non può che avere la Formula 1 nel suo destino. Stefano ci è arrivato dopo un lungo percorso che lo ha portato dalla Ferrari alla Lamborghini passando per il Gruppo Audi che lo aveva chiamato per costruirsi un futuro nella massima serie automobilistica, poi troncato dal dieselgate. Da gennaio Stefano è il nuovo Bernie Ecclestone, il grande capo di uno sport che ha bisogno di cambiare pelle per conquistare i giovani. “Ci stiamo riuscendo, i dati ci raccontano che hanno incominciato a seguirci molti ragazzi, che l’età media dei nostri spettatori sta diminuendo. I piloti devono essere al centro del nostro progetto e sono sincero nel dire che siamo messi bene perché oggi ne abbiamo davvero di formidabili, che hanno tutto per diventare personaggi”.

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L’offensiva è stata dura. Come quando Hamilton si incolla a Verstappen per cercare di indurlo all’errore. La Formula 1 ha cominciato a lavorare con un suo canale OTT ricco di contenuti esclusivi, i social, i videogame e Netflix che ha colorato e trasformato il campionato travestendolo quasi da fiction. Ha circondato i giovani andando a giocare sul loro terreno. Il risultato è che in Europa il numero dei ragazzi attivi attorno alla Formula 1 è cresciuto di 2,85 milioni di persone, un aumento del 17 per cento che, stando ai risultati della ricerca di The Insight Family portano l’audience giovanile  a superare i 10 milioni con un tasso di crescita superiore a quello del calcio. La Formula 1 vuole conquistare la Generazione Z senza perdere i grandi appassionati. Un lavoro differenziato: “Le stesse immagini possono essere commentate in modo differente se vanno su un canale sportivo, un canale di life style o uno di cartoni animati. Devi aver la capacità di cambiare linguaggio, presenza. È questo quello che stiamo cercando di fare. Non nego che avendo due figli teenager mi ha aiutato parlare con loro per capire che cosa interessa a quella generazione. E poi, essendo io un grande appassionato, so che cosa vuole la gente come me”.

Stefano Domenicali quando parla della Formula 1 non la definisce più solo uno sport. Parla di piattaforma. Di qualcosa che va al di là dello spettacolo sportivo. “L’ho capito vedendo l’interesse che stiamo riscuotendo in tutto il mondo, che ormai è andato ben oltre la dimensione sportiva, con governi, stati che vogliono investire su di noi. Non c’è più solo la dimensione sportiva: è ormai un ecosistema sempre più importante. La visibilità che dà la Formula 1 la garantiscono solo Olimpiadi, Mondiali o Europei di calcio. Siamo diventati così grandi che la dimensione sportiva, pur restando necessaria, non è più sufficiente”. Fuori c’è la coda di paesi interessati. Si pensa a un calendario mixato tra storia e novità. Ma anche chi rappresenta la storia deve pensare al futuro. Monza compresa: “Deve pensare a come sarà tra 100 anni più che ai cent’anni passati”. Per questo sta pensando alla Formula 1 del futuro come a un avvenimento che duri una settimana, che cominci in città e poi si trasferisca in pista. “Adesso le normative Covid non lo consentono, ma dobbiamo essere pronti. Coinvolgeremo sempre più le città, riporteremo i piloti a contatto con i tifosi. Renderemo un Gran premio un’esperienza unica che varrà la pena vivere dal vivo”.

L’idea, molto americana, è quella di replicare 23 Superbowl, senza perdere d’occhio lo spettacolo sportivo. Perché senza quello non c’è musica o show che tengano. “Le nuove regole che entreranno in vigore nel 2022 hanno l’obiettivo di aumentare le battaglie in pista, di riavvicinare le squadre. Da un punto di vista analitico capiremo se quello che è stato impostato è assolutamente corretto a metà stagione, non prima, sarebbe avventato e sbagliato. Parlando con le squadre e i piloti, capiremo il trend. Poi, per fare una valutazione completa, dovremo aspettare la fine della stagione”. Le gare saranno 23, non di più. Le Sprint Race non supereranno il 30 per cento. In qualche sessione di prova potranno girare solo i piloti giovani. Più che ad aumentare il numero delle squadre, si punta a ad aumentare la competitività di chi sta dietro, a livellare le prestazioni e a permettere di recuperare a chi insegue.

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Monza è la pista dove, volendo, può arrivare a piedi a casa. Cosa che adesso senza la divisa Ferrari potrebbe anche fare. “Questa è una gara di cui ho ricordi meravigliosi dai tempi di Michael Schumacher. Ma penso anche alla vittoria con Alonso nel 2010, quando poi siamo saliti con tutta la squadra sul podio. E Monza vista dal podio toglie il fiato”. Questa volta l’invasione sarà vietata. Ma tanto le chance di una vittoria Ferrari sono davvero poche. Questa volta è più facile che siano gli inglesi a venire a vincere in Italia. 

 

Domenicali è arrivato a Londra proprio nell’anno in cui gli italiani non godono di grande simpatia. Abbiamo vinto troppo tra Wembley, Wimbledon e Tokyo, per i loro gusti. “Essere in tribuna la sera della vittoria dei ragazzi di Mancini è stato davvero un bel momento di italianità. Mi sono anche divertito a regalare la maglia azzurra con il numero 10, quello di Downing Street, a Boris Johnson. Si è divertito anche lui”. Meno i suoi compatrioti, che però non hanno osteggiato l’invasore italiano a capo della Formula 1. Anzi. “Devo dire che essere italiani aiuta ad avere buoni rapporti con tanti paesi. Abbiamo la fama di persone che cercano e trovano le soluzioni”. Il campionato 2021 doveva essere un campionato di passaggio, invece è uno dei più divertenti degli ultimi anni. Max Verstappen contro Lewis Hamilton è la sfida che ogni organizzatore vorrebbe sul suo ring. Aspettando la Ferrari. “Alla fine credo che a decidere saranno i dettagli, legati anche all’affidabilità, a chi commetterà meno errori. Conterà anche la strategia, visto che credo prima o poi tutti e due dovranno scontare una penalità di motore. Quando farlo? Sarà un campionato aperto fino all’ultimo. Non so proprio chi la spunterà. E non posso certo tifare per uno dei due. Lewis dal punto di vista sportivo è molto simile a Michael, pur essendo due personaggi completamente diversi. Sono affamati di performance. Hanno un approccio molto simile, lavorano molto bene di squadra, la proteggono sempre. Max è un ragazzo che è maturato tantissimo dal punto di vista mentale e comportamentale. La freddezza e la lucidità con cui ha gestito la pressione nel weekend di casa è stata impressionante per l’età che ha”. Vinca il migliore. Aspettando chi oggi non lo è.

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