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Il Foglio sportivo - il ritratto di Bonanza

Il vento passeggero di Cristiano Ronaldo

Alessandro Bonan

Come l’ultimo refolo d’estate. Pulisce l’aria, illude l’anima ma poi va via, lasciando che le stagioni ritornino al loro posto. È stato un campione a cui è mancato lo sguardo sincero di chi ama

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Adesso che sta per ritornare in campo con la maglia dello United, c’è una paura che affiora, la sensazione di aver perduto una grande occasione. Chi è stato Cristiano Ronaldo alla Juventus? Una risposta precisa, univoca non c’è. L’immagine che lo pone di fronte al suo allenatore Solskjaer, mentre ascolta, compreso in una nuova parte, in una diversa realtà, ferisce un po’. In pochi giorni Ronaldo ha cambiato direzione alla sua vita, una sterzata in mezzo alla strada, una specie di inversione a u, per ritornare dove era già stato, dimenticando in fretta i tre anni passati a Torino. Poche le parole di congedo, se non di affetto almeno di riconoscenza nei confronti di chi lo ha accolto come un sovrano, svenandosi per lui, depauperando il patrimonio, come dimostrano i conti di questi giorni. Il minimo sindacale, tre righe, poco più. Doveva cambiare la storia della Juventus e invece la storia si è chiusa in bianco, con una pagina vuota, inespressiva, inutile. La Juventus di CR7 non ha vinto la Champions e ha conquistato due scudetti su tre. Manca la controprova, ma si ha come la certezza che senza di lui sarebbero arrivati più o meno gli stessi risultati. 

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Adesso che sta per ritornare in campo con la maglia dello United, c’è una paura che affiora, la sensazione di aver perduto una grande occasione. Chi è stato Cristiano Ronaldo alla Juventus? Una risposta precisa, univoca non c’è. L’immagine che lo pone di fronte al suo allenatore Solskjaer, mentre ascolta, compreso in una nuova parte, in una diversa realtà, ferisce un po’. In pochi giorni Ronaldo ha cambiato direzione alla sua vita, una sterzata in mezzo alla strada, una specie di inversione a u, per ritornare dove era già stato, dimenticando in fretta i tre anni passati a Torino. Poche le parole di congedo, se non di affetto almeno di riconoscenza nei confronti di chi lo ha accolto come un sovrano, svenandosi per lui, depauperando il patrimonio, come dimostrano i conti di questi giorni. Il minimo sindacale, tre righe, poco più. Doveva cambiare la storia della Juventus e invece la storia si è chiusa in bianco, con una pagina vuota, inespressiva, inutile. La Juventus di CR7 non ha vinto la Champions e ha conquistato due scudetti su tre. Manca la controprova, ma si ha come la certezza che senza di lui sarebbero arrivati più o meno gli stessi risultati. 

 

Ma c’è un però, anzi due. Il primo è che il portoghese ha realizzato cento gol, e questo è un fatto, la firma del campione. Il secondo è che all’inizio tutti, ma proprio tutti, lo credevamo un dio. E qui sta il centro del discorso. Inutile sottolineare che Ronaldo sia stato uno dei più grandi calciatori della storia, ma non era dio, nella misura in cui a un dio del calcio si chiede di essere riconosciuto tale anche dai compagni, cosa che non è mai successa se non all’inizio del suo matrimonio con la Juventus, in luna di miele, quando tutto sembra molto più vicino al cuore.
Se Maradona si rotolava anche nel fango pur di sembrare uguale agli altri, Ronaldo lasciava che il fango schizzasse sul suo specchio, lasciando intatta la figura, con i suoi addominali lucidi, di argento e porcellana. Per poi tornare a correre (il poco che gli serviva) e segnare, lievitando su compagni ed avversari, provocando invidia e ammirazione. Ronaldo è stato il vento che passa, e sembra l’ultimo refolo d’estate. Pulisce l’aria, illude l’anima ma poi va via, lasciando che le stagioni ritornino al loro posto. È stato un campione a cui è mancato lo sguardo sincero di chi ama. Ci siamo voltati un attimo, distratti dal suo vento fresco passeggero, e lui ci ha detto addio, lasciandoci nell’incertezza se amarlo ancora oppure dimenticarlo in fretta.

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