That win the best, purtroppo

Avete meritato, risparmiateci prediche e metafore

Beviamo birra e lacrime, ma canteremo ancora it's coming home. Con due certezze: presto torna la Premier, tra un anno c'è il Mondiale.

Jack O'Malley

Resteremo indifferenti alle lezioni di sportività fatte da chi scrive pagelle mettendo in mezzo i parenti in carcere dei nostri giocatori e dai politici che discutono di cosa avremmo dovuto fare con le nostre fottute medaglie, costruiremo un’epica buona per i prossimi 55 anni anche su questa sconfitta

Londra. Mi sono svegliato lunedì mattina tutto bagnato, di birra di brandy e di lacrime. I pensieri suicidi della sera prima avevano già lasciato il posto ad almeno due gioie: presto ricomincia la Premier League, e l’anno prossimo ci sono i Mondiali. Si vince insieme e si perde insieme, peggio di chi non ha capito lo spirito di It’s coming home ci sono  le lezioni di coerenza e fair play di chi per il suo retweet di celebrità quotidiano si indigna per le medaglie d’argento tolte dal collo subito dopo la premiazione (cosa che da anni succede quasi sempre dopo una premiazione, tanto che Guardiola sconfitto in Champions che non lo fa è diventata una notizia) e confonde giocatori inginocchiati in ossequio a una campagna politica caduta dall’alto e tifosi che invece sono bestiali come sempre eppure sempre in lotta. 

    

Ma in fondo chissenefrega, il calcio è bello perché ci si può prendere per il culo (ce li siamo meritati i vostri it’s coming Rome), capisco che chi  lo ha trasformato in ora di educazione civica, guerra alle discriminazioni e metafora politica perenne si stupisca quando questo gioco sfugge alle definizioni appiccicate per convenienza (che brutti i fischi all’inno italiano a Wembley ma che bello e sportivo gridare “merda” ai rinvii del portiere avversario all’Olimpico e scendere in piazza per festeggiare l’eliminazione della Francia, no?). Lasciate stare le cazzate sulla Brexit e le squadre multietniche, vi prego. Il modo di giocare delle Nazionali rispecchia il carattere del popolo, non le politiche del governo di turno. Noi inglesi ci saremmo dati le martellate sulle palle anche con un laburista a Downing Street e l’euro al posto della sterlina. La reductio ad unionem europeam di Italia-Inghilterra è un esercizio che va bene per chi segue il calcio una volta ogni due anni e ci tiene a fare sapere a tutti sui social e sui giornali con articoli pop che strizzano l’occhio al colto di saperla più lunga degli altri.

   

Questa sconfitta ci compatterà ancora di più, ci ricorderà che i fantasmi esistono e agiscono, che i tifosi sono belli, intelligenti, brutti e scemi ovunque, che le campagne di rieducazione del popolo sugli spalti servono al woke capitalism per vendere meglio i propri prodotti sugli store digitali e avere più engagement su Facebook e Instagram, la gente poi purtroppo (o grazie a Dio) è ancora selvaggia e selvatica – e non soltanto dalle parti di Londra. L’Inghilterra aveva il mondo intero che le tifava contro, forse è passata in vantaggio troppo presto, si è cullata nell’illusione di avercela fatta prima e di restare fregata poi, Southgate ha dimostrato che i ricorsi storici nel calcio hanno un peso difficile da alleggerire.

  

Certo, bastava conoscere un minimo di storia di questo sport e di psicologia per sapere che mandare in campo due ragazzi al 120’ solo per fare tirare loro i rigori equivale a essere certi che li sbaglieranno, e se è vero che non c’è una ricetta sull’esperienza che deve avere il quinto rigorista (vero, Baggio?), forse mettere un minorenne terrorizzato anche dalla propria ombra non è stata la scelta più azzeccata.

  

Comunque è finita, l’Italia ha meritato e noi siamo stati stupidi, da queste parti continueremo a bere birra e lacrime per un po’, guarderemo la pioggia scendere dal cielo fumando in balcone, resteremo indifferenti alle lezioni di sportività fatte da chi scrive pagelle mettendo in mezzo i parenti in carcere dei nostri giocatori e dai politici che discutono di cosa avremmo dovuto fare con le nostre fottute medaglie, costruiremo un’epica buona per i prossimi 55 anni anche su questa sconfitta, alla prima vittoria in Qatar canteremo di nuovo che it’s coming home, avremo la nostra rivincita a portata di mano e la perderemo di nuovo ai rigori. Fieri di essere inglesi. 

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