Italia-Danimarca, il 300esimo gol di Gori in maglia azzurra (foto Figc)

Il Foglio sportivo

L'altro Europeo, in spiaggia

Francesco Gottardi

Gli Azzurri del beach soccer vogliono rivincerlo a settembre. Parla il bomber Gori

Sottosopra. Il colmo di Gabriele Gori è che dei suoi 305 gol con la maglia della Nazionale – il traguardo tondo raggiunto la scorsa settimana contro la Danimarca – ne avrà visti sì e no la metà: “Il buon prezzo della rovesciata”, sorride l’attaccante. “Spero sempre di girarmi e guardare le facce esultanti dei miei compagni. O sentire il boato del pubblico, quando c’era”. Intanto è tornato il beach soccer. E per gli Azzurri vicecampioni del mondo ha un sapore un po’ così: “Misto, amaro”, dice Gori, ‘Tin Tin’ di soprannome – il fumetto non c’entra nulla, poi ci arriviamo – e tra i fuoriclasse assoluti di questo sport. “Nel giro di pochi giorni abbiamo centrato la qualificazione al prossimo Europeo e mancato quella al Mondiale. Non è il risultato che volevamo. Ma era obiettivamente difficile fare di più”

 

Non è la solita caccia alle scuse all’italiana: “La formula non fa sconti e la partita da dentro o fuori, dopo tre vittorie, è stata con la Spagna”, terza contro quinta del ranking Fifa. Lì gli iberici hanno giocato violento all’inverosimile, approfittando di almeno tre espulsioni impunite – immagini da kickboxing – per poi segnare il rigore decisivo a 7 secondi dalla fine del supplementare. “Ma il rammarico più grande è non aver avuto la possibilità di prepararci al meglio”, dice Gori, che da gran signore sorvola sull’arbitraggio: “Questa pandemia ha fatto saltare tutti gli schemi. Abbiamo saputo di poter ricominciare solo a fine aprile, dopo 18 mesi di stop e in attesa di uno spiraglio che non arrivava mai”: all’epoca ci aveva raccontato tutto il ct Del Duca. “Un mese più tardi c’è stato il raduno e i primi allenamenti: non più di una decina, nell’arco di una settimana scarsa perché poi iniziavano le qualificazioni. Invece i nostri avversari è dall’inizio dell’anno che lavorano sulla sabbia. Oppure non hanno mai smesso di giocare”.

 

Status più restrizioni Covid, combo mortifera per il beach italiano. “La Figc ha sempre fatto sforzi importanti per noi”, spiega Gori. “Ma non aveva grandi margini di manovra”: è uno sport non professionistico – l’iter per il salto di qualità non è così semplice –, altamente stagionale e quasi tutti vivono anche di altri lavori. Fa strano pensare che il top scorer di sempre in Nazionale faccia l’agente immobiliare, “che Palmacci sia un promotore finanziario o che Carpita abbia due ristoranti”. Poi diventano un tutt’uno sulla sabbia. “La sera del ritrovo a Viareggio, oltre un anno dopo l’ultima volta, c’era talmente tanta voglia di stare insieme che abbiamo iniziato a parlare a cena e finito all’alba, dico io”. Chissà le risate. “Soprattutto quando qualcuno ha ammesso di aver preso 7-8 chili durante il lockdown per poi smaltirli in fretta e furia. Bravi, eh? È un’amicizia lunga un decennio, si rinnova ogni estate e ormai coinvolge anche le nostre famiglie. Bastava un attimo per riprendere spontaneità”.

 

 

Ricreare l’entusiasmo attorno agli Azzurri sarà invece questione di pazienza. “Avevamo davvero lasciato il segno”, Gori ripensa a dove tutto si era interrotto. Dicembre 2019, Mondiale, finale persa contro i portoghesi. “Quel torneo ha avuto una visibilità mediatica come mai c’era stata nella storia del beach soccer. Tantissime persone si erano affezionate a questo sport e alla nostra cavalcata, spingendoci anche da casa verso l’obiettivo. Sentivamo di essere sulla cresta dell’onda”. Infrantasi sull’emergenza sanitaria: “Ora avremo un Europeo – dall’8 al 12 settembre, in Portogallo – anche per riallacciare questo rapporto. Siamo già riusciti a vincerlo nel 2018, ripeterci è nelle nostre corde e davanti c’è tutta l’estate per farci trovare in condizione. Intanto però facciamo il tifo!”. Dalla spiaggia allo stadio, una semifinale da centrare. “Se le nostre partite ci hanno impedito di seguire quelle dei ragazzi di Mancini? Figurarsi: anche dopo aver giocato, la sera tutti carichi davanti alla tv. Siamo parte della grande famiglia azzurra”, 18 squadre nazionali che fra calcio, beach, futsal e giovanili compongono il Club Italia della Figc.

 

Fra tutte, nessuno ha mai segnato quanto Gori. “Ci tenevo a questo trecentesimo gol”, non si nasconde il numero 10. “È stata l’altra gioia di questo ritorno allo sport: la aspettavo da un anno e mezzo”. E gli Azzurri pure, l’abbraccio a Gabriele con tanto di maglia celebrativa. “Quanti messaggi, anche da chi non mi conosce. Ma non ci sarei mai riuscito senza i miei compagni: questo traguardo riflette una squadra che valorizza gli attaccanti, con un’identità di gioco ben precisa e maturata nel tempo”. Il punto esclamativo non poteva che arrivare in rovesciata. “Chiaro. Come tutti i miei gol più importanti: penso a quello che qualche anno fa ci regalò la qualificazione mondiale sfumata oggi. E a un altro, in un torneo di Jesolo”. Anno 2014: Gori prepara l’acrobazia a mezz’aria, urla “Tin Tin!” e palla dritta sotto il sette. “Un verso spontaneo, che da allora è diventata la mia firma. Come faccio a non esserci affezionato?”.

 

Italia-Danimarca, il 300esimo gol di Gori in maglia azzurra (foto Figc)

Oggi il bomber va per i 34 anni, gli ultimi dieci ha giocato – vincendo tutto – nella sua Viareggio e ripartirà da Catania nella Serie A pronta a iniziare: “Lascio la città che mi ha dato tanto, ma era il momento di una nuova avventura. Non vedo l’ora: sarà una grande sfida”. L’ennesima per Gabriele, calciatore reinventato. “Per me il beach è una seconda carriera: in campo a undici non ero andato oltre il dilettantismo, la sabbia mi ha accolto e riempito di soddisfazioni. È la mia dimensione. Chi non conosce questo mondo fatica a capirlo”. Basterebbe poco. “Consiglio a tutti di provare: sono tanti i giocatori che poi hanno mollato il calcio per il beach. La vera magia? Quando la palla finisce in rete”. Non vale, troppo facile. “Allora dico quell’attimo in cui capisco che mi sta arrivando un pallone da colpire in acrobazia”. Sguardo al vento, sotto le dune morbide, in alto solo cielo. “È il mio momento, è la mia mossa. Finché sentirò questo brivido non smetterò mai”. Anche a occhi chiusi, anche vedendo il gol con quelli degli altri.

 

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