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La Formula E ha anticipato il futuro

Umberto Zapelloni

Era una pazza idea su un tovagliolo, ora è una realtà consolidata. È iniziata la settima stagione del campionato del mondo delle monoposto elettriche

Tra la Formula 1 e la Formula E c’è la stessa differenza che potete trovare tra il calcio e il basket che in comune hanno solo la forma della palla. Formula 1 e Formula E in comune hanno solo il numero e la forma delle gomme anche se l’obbiettivo in fin dei conti resta sempre lo stesso: essere i più veloci in pista. A rendere ancora più eclatante la differenza c’è un numero: settanta. La Formula 1 ha appena archiviato la sua settantesima stagione, la Formula E ha cominciato ieri la sua settima stagione disputando la settantesima gara della sua ancora giovane vita. Era il 3 marzo del 2011 quando Alejandro Agag, oggi presidente della Formula E, dopo un pranzo con Jean Todt, presidente della Federazione Internazionale, disegnò su un tovagliolo la sua pazza idea: un campionato riservato a vetture elettriche. Dieci anni fa la Tesla non aveva ancora consegnato la sua prima Model S e il DieselGate doveva ancora deflagrare con tutte le sue implicazioni morali e sostanziali. Agag che oggi sta lanciando anche il primo campionato per fuoristrada (Extreme X) e ne sta studiando uno per fuoribordo, è stato un visionario. 

   

Ha battuto lo scetticismo generale e mentre il mondo della mobilità ha cominciato a parlare di auto elettriche, lui aveva già in mano un campionato che è scattato nel 2014 a Pechino e con il passare degli anni ha visto partecipare tutti i grandi costruttori mondiali (italiani esclusi, per ora). Ieri in Arabia Saudita è andata in scena la prima gara in notturna della storia con la vittoria dell’olandese De Vries con la solita Mercedes (oggi si replica alle 17.45 diretta Sky e Canale 20) che è stata anche la prima della Formula E ufficialmente campionato del mondo Fia. Un riconoscimento in più per una serie che alla seconda generazione di vetture (sempre made in Italy, made in Dallara con freni made by Brembo) e sta già lavorando alla terza. 

 

Change. Accelerated. Cambiare. Accelerare. “Il motto scelto dalla Formula E è un movimento – spiega Jamie Reigle, il Ceo del campionato – È un grido di battaglia che altri si uniscano a noi nella nostra missione di correre per un futuro migliore. È raro che uno sport venga fondato con uno scopo più grande di lui, ma la Formula E è proprio questo. Uno sport del futuro, la Formula E è stata creata per contrastare il cambiamento climatico, per avere una voce e usarla per combattere la più grande crisi globale che l’umanità deve affrontare”. Il Covid non ha ancora permesso di stilare un calendario completo per il 2021. Si procederà per step. Finora le gare confermate sono 8 con l’e-prix di Roma in programma su un tracciato rinnovato all’Eur il 10 aprile. Purtroppo sarà a porte chiuse, mentre a Diriyah si sono rivisti gli spettatori in tribuna. Ci penserà la tv a portare la Formula E dai centri delle città (dove abitualmente si gareggia su circuiti cittadini) nelle case. Sky debutterà nella serie completando la sua offerta motoristica mandando in pista Matteo Bobbi, campione del mondo GT e Michela Cerruti, l’unica italiana ad aver partecipato al campionato. Mediaset che da quattro anni trasmette la formula elettrica risponde con Luca Filippi, un passato in Gp2, Indy e 11 gare in Formula E e Vicky Piria che invece gareggia in Formula W. 

 

“È stato entusiasmante sentirsi parte di un progetto vincente e rivoluzionario come la formula e – ricorda Michela Cerruti – la cosa che colpì di più di quelle vetture a parte l’accelerazione era il silenzio che però veniva riempito da altri rumori in assenza di quello dei motori. Sentivi lo stridio delle gomme, quello delle botte quando ti toccavi con un avversario o con un muretto… è un campionato che ha ancora un grande potenziale le auto sono molto migliorate e i piloti sono davvero di altissimo livello”.
La Formula E aveva cominciato inseguendo i figli di papà: in pista c’erano gli eredi di Prost e Piquet e il nipote di Senna. Il giovane Piquet fu il primo campione della serie quando il campionato si concluse con due gare a Londra. Poi sono arrivate i grandi costruttori: Audi, Bmw, Ds, Jaguar, Mahindra, Mercedes, Nio, Nissan (dopo Renault) Porsche. In pochi anni è stato raddoppiata l’autonomia delle batterie (nelle prime stagioni bisognava cambiare auto a metà gara) e le prestazioni sono di tutto rispetto: 2”8 da 0 a 100 orari, oltre 280 km/h di velocità massima. Ora, mentre Audi e Bmw hanno annunciato l’interruzione del programma a fine stagione, il campionato sta cambiando ulteriormente pelle. Dovrà dare ai costruttori, attirati da budget ridotti rispetto ad altre formule, la possibilità di lavorare su sviluppi che possano diventare utili anche per la produzione. Quella che si chiama ricerca e sviluppo è fondamentale nelle corse automobilistiche. Come fondamentale è il fattore umano. Dopo averci provato con i figli di papà e con i grandi ex (vedi Felipe Massa che ha collezionato solo brutte figure), adesso il campionato sta cercando di crearsi i personaggi in casa.

 

anca un italiano, come manca una squadra italiana (ma grazie a Stellantis vedrete che Alfa o Maserati prima o poi entreranno), ma tra i 24 iscritti ci sono dei professionisti solidi. Solo tre (Lucas di Grassi, Sebastien Buemi e Sam Bird) c’erano già alla prima gara del campionato. Il campionato cerca di coinvolgere i tifosi, li fa votare online e sui social, regalando poi un extra fan-boost al pilota più votato. È una formula che vuole coinvolgere. In Italia ha ancora molta strada da fare. Ma anche le auto elettriche fino a poco tempo fa nessuno se le filava…

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