PUBBLICITÁ

Il Foglio sportivo

Iniziare con Milano in testa

Umberto Zapelloni

Inter, Milan, Olimpia (e l’orizzonte Giochi 2026). Lo sport della città guarda tutti dall’alto. Sarà l’anno buono? 

PUBBLICITÁ

Lo sport di Milano guarda l’Italia dall’alto come i suoi nuovi grattacieli. Era ora che stesse al passo di una città esplosa a nuova vita prima che il virus maledetto tentasse di metterla in ginocchio svuotando piazze, negozi e ristoranti, ma anche lo stadio e i palazzetti. Senza il suo pubblico lo sport di Milano ha ripreso a comandare. Sembra una beffa, ma come dicono da queste parti, piutost che nient l’è mej piutost.  Non c’è città in Europa che abbia totalizzato più punti di Milan e Inter, e l’Olimpia griffata Armani ha ripreso a marciare secondo l’antica tradizione. Il tutto con gli anelli olimpici sullo sfondo, ancora lontani, ma lì ad aspettare i Giochi invernali di Milano e Cortina 2026. E non è un caso che il quartier generale dell’organizzazione olimpica si sia insediato ai piani alti del Pirellone, il primo grattacielo della città, antico simbolo di un benessere che sembrava sparito prima dell’Expo che ha rimesso in piedi l’orgoglio cittadino. Nell’anno in cui, per colpa della pandemia che ha bloccato l’economia, Milano è crollata nella classifica della Qualità della vita del Sole 24 Ore, ha scalato le classifiche dello sport. Non c’è un nesso, ma un segnale di reazione sì.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Lo sport di Milano guarda l’Italia dall’alto come i suoi nuovi grattacieli. Era ora che stesse al passo di una città esplosa a nuova vita prima che il virus maledetto tentasse di metterla in ginocchio svuotando piazze, negozi e ristoranti, ma anche lo stadio e i palazzetti. Senza il suo pubblico lo sport di Milano ha ripreso a comandare. Sembra una beffa, ma come dicono da queste parti, piutost che nient l’è mej piutost.  Non c’è città in Europa che abbia totalizzato più punti di Milan e Inter, e l’Olimpia griffata Armani ha ripreso a marciare secondo l’antica tradizione. Il tutto con gli anelli olimpici sullo sfondo, ancora lontani, ma lì ad aspettare i Giochi invernali di Milano e Cortina 2026. E non è un caso che il quartier generale dell’organizzazione olimpica si sia insediato ai piani alti del Pirellone, il primo grattacielo della città, antico simbolo di un benessere che sembrava sparito prima dell’Expo che ha rimesso in piedi l’orgoglio cittadino. Nell’anno in cui, per colpa della pandemia che ha bloccato l’economia, Milano è crollata nella classifica della Qualità della vita del Sole 24 Ore, ha scalato le classifiche dello sport. Non c’è un nesso, ma un segnale di reazione sì.

PUBBLICITÁ

 

Milan l’è on gran Milan. Di nuovo. Come prima del dominio juventino, di quei nove anni di tirannia (sportiva) cominciati proprio dopo gli ultimi scudetti di Inter (2010, anno benedetto) e Milan (2011). Sono passati giusto dieci anni. Era ora. Anche se al timone della Milano del pallone non ci sono più i grandi milanesi come Moratti e Berlusconi, ma i soldi arrivano da lontano, dalla Cina e dagli Stati Uniti. E anche spulciando la rosa di Milan e Inter ci si accorge che sono in pochi i giocatori che al primo colpo potrebbero capire una frase in dialetto milanese. Se non fosse per Daniel Maldini non ci sarebbe nessuno con la parola Milano accanto al luogo di nascita sulla carta d’identità. Qualcuno arriva dalla provincia (Gabbia, Colombo, Tonali, Darmian), qualcun altro da non molto lontano (Calabria, Conti, Padelli, Bastoni, Gagliardini), ma il calcio di oggi è questo. Se poi allarghiamo il campo al basket e all’Olimpia, non c’è nessuno nato nemmeno in Lombardia, anche se Giorgio Armani, il salvatore della pallacanestro, la griffe che vestirà gli azzurri almeno fino ai Giochi di Pechino, è nato a Piacenza, ma è a Milano che è diventato padrone del mondo della moda. Lo sport di oggi è questo. I profeti in patria sono una rarità e una dinastia come quella dei Maldini un filone d’oro da proteggere per sempre come una specie in via d’estinzione.

 

PUBBLICITÁ

Oh mia bela Madunina non è un inno moderno, è stata scritta nel 1934, ma fino alla chiusura di stadi e palazzetti era la colonna sonora dei tifosi di Milan, Inter e Olimpia. Magari Ibra la canterà a Sanremo. Oggi varrebbe la pena intonarla per i medici e gli infermieri che negli ospedali della città combattono con la grinta di Zlatan e la caparbietà di Lukaku contro un avversario invisibile. Mentre loro lottano senza fermarsi, lo sport milanese sta facendo la sua parte per riportare il sorriso in città. Un po’ come ha fatto l’Atalanta nella scorsa stagione mentre Bergamo era in ginocchio. Senza il loro pubblico Milan e Inter hanno ritrovato le vittorie e i sogni non hanno più frontiere. L’anno nuovo comincia con le milanesi davanti e i tifosi che si scambiano via social le fotografie del Sorpasso di Gassman e Trintignant. Se ripartono gli sfottò significa che le cose hanno ricominciato a funzionare, aspettando che dalla santa alleanza nasca anche una  nuova casa, uno stadio che potrebbe proiettare Milano davvero nel futuro anche in Europa. Centauria, casa editrice milanese da un annetto pubblica una serie “La storia  in 50 ritratti”. Ha cominciato con Comunismo, Fascismo, Psiche, Giallo, Calcio e Formula 1 e a fine 2020 si è dedicata a Milan, Inter e Juve. Anche nella classifica delle vendite Milano è in testa.

   

Milan e Inter sono state costruite in modo molto diverso. Il Milan per il futuro, l’Inter per prendere subito il bottino. Il Milan ha abbassato l’età media della rosa con un mercato prima criticato e poi osannato, poi ha aggiunto la ciliegina Ibra e il gioco ha preso il sopravvento. Anche senza l’attaccante svedese la squadra diverte e si diverte, gioca e segna a raffica (32 gol fin qui). L’Inter attorno a Lukaku ha messo giocatori fatti e ragazzi di belle speranze come Hakimi, Sensi, Barella e Bastoni. Ha pagato la sua follia in Europa, ma poi ha ricominciato a viaggiare con sette vittorie di fila in campionato e il miglior attacco (34) del campionato. Se Ibra e Lukaku sono i simboli della rinascita, Pioli e Conte sono i direttori d’orchestra, imprescindibili, come suggerirebbe Arrigo Sacchi, per raggiungere il traguardo. Anche loro sono diversi come le rispettive squadre. Pioli ha sconfitto ogni luogo comune (dopo i buoni inizi crolla, dicevano), Conte ha cercato di cambiare pelle e di ingabbiare il suo carattere, poi è tornato a recitare la parte che gli viene meglio, nascondendo le falle di mercato come Kolarov e Eriksen. Nel maledetto anno solare 2020 nessuno ha fatto più punti di Milan (79) e Inter (73) le uniche a esser andate oltre i 70  in 35 partite (l’Atalanta si è fermata a 69 con una partita in meno). Lo hanno curiosamente fatto segnando lo stesso numero di gol, 79 (ma l’Inter ne ha subito uno in più: 39 contro i 38 rossoneri). Le cifre non dicono tutto, ma raccontano tanto, il resto magari lo aggiungono due nomi: Theo Hernandez e Achraf Hakimi, le frecce di Milano. Basta confrontare il Milan delle prime 14 giornate di questo campionato a quello dello scorso per capire: 34 punti contro 17; 32 gol contro 13 mandando a segno 13 uomini con Ibra a mezzo servizio tra Covid e infortuni. L’Inter dell’anno scorso aveva 4 punti in più, era seconda in classifica a un punto dalla Juve, esattamente come poi ha finito in estate, ma il mercato l’ha rinforzata, ha dato a Conte quel che Conte voleva e oggi, smaltita la delusione di Champions, ha ripreso a marciare con un ritmo superiore. Milano viaggia in testa al gruppo, ma il 2021 comincerà subito con l’esame più temuto. Come il compito in classe di matematica che ci aspettava al ritorno dalle vacanze. Nel calcio si chiama Juventus, nonostante i punti di distacco e il balbettio evidente in certi meccanismi. Il Milan la incontrerà all’Epifania, l’Inter il 17 gennaio. Se alla fine del girone di andata Milano sarà ancora là davanti, allora sarà più complicato fermarla. Non basteranno venti centimetri di neve come nei giorni scorsi.

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ