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Il Foglio sportivo - Calcio e finanza

Che disastro il 2020 per i conti delle squadre europee di calcio

Matteo Spaziante

Crolli in Borsa per Juventus, Roma e Lazio, ma il resto del Continente non sta meglio. E anche le società non quotate hanno i bilanci sempre più in rosso

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Il 2020, l’anno del Covid e del primo vero stop alla crescita economica per il mondo del calcio. Il tetto di un miliardo di fatturato per un singolo club da superare, nuovi stadi, i grandi player pronti a conquistare il pallone, stipendi sempre più ricchi e acquisti sempre più costosi: tutto o quasi interrotto o rallentato, nel primo anno di vera recessione per un settore che negli ultimi dieci anni era cresciuto a dismisura. E forse anche un modo per mandare un avviso a chi ha vissuto oltre le proprie possibilità nelle ultime stagioni. 

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Il 2020, l’anno del Covid e del primo vero stop alla crescita economica per il mondo del calcio. Il tetto di un miliardo di fatturato per un singolo club da superare, nuovi stadi, i grandi player pronti a conquistare il pallone, stipendi sempre più ricchi e acquisti sempre più costosi: tutto o quasi interrotto o rallentato, nel primo anno di vera recessione per un settore che negli ultimi dieci anni era cresciuto a dismisura. E forse anche un modo per mandare un avviso a chi ha vissuto oltre le proprie possibilità nelle ultime stagioni. 

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Il 2020 così sì è trasformato, come praticamente in tutti i settori, in un anno tragico o quasi dal punto di vista economico. A partire dai club quotati in Borsa che, soprattutto in Italia, hanno pagato anche oltre quello che è stato l’andamento di Piazza Affari. Il crollo è stato repentino, con lo stop del campionato e la contingenza delle Borse mondiali in picchiata: le azioni della Juventus che a gennaio venivano scambiate a 1,27 euro l’una, a marzo erano scese a 0,545 euro ciascuna, e lo stesso vale  per la Lazio (1,794 euro a febbraio, 0,772 a marzo) e per la Roma, anche se sul titolo dei giallorossi ha influito maggiormente l’Opa lanciata da Friedkin che ha portato le azioni ad avvicinarsi all’offerta del nuovo patron (da 0,672 euro a gennaio a 0,139 euro ad ottobre, vicino al target di 0,1165 euro). 

 

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Le tre squadre italiane quotate in Borsa hanno perso così nel corso del 2020 tra il 55 per cento circa della Roma e il 22 circa della Lazio, con la Juventus in calo di circa il 30. Il tutto mentre il FTSE MIB, tra alti e bassi, ha chiuso con una contrazione intorno al 7 per cento così come il FTSE Mid Cap, mentre il calo del FTSE Small Cap si aggira sul 6 per cento. In termini di capitalizzazione, le tre società hanno perso complessivamente una capitalizzazione pari a circa 750 milioni, in larga parta legata alla Juventus (circa 500 milioni), con cifre minori per Roma (circa 230 milioni) e Lazio (circa 20 milioni).

 

Non che all’estero, a livello calcistico in Borsa, sia andata molto meglio. Tra le altre società quotate, le uniche in positivo (ma c’è da dire che sono scambiate a livelli bassi) sono Porto e Sporting: per il resto il Borussia Dortmund fa segnare un -38 per cento circa, il Lione -29, l’Ajax -19, il Manchester United -18, Celtic e Benfica addirittura -35 e -43 per cento. Anche perché il Covid ha creato problemi, a livello economico, a tutti e non solo alle squadre italiane. Solo per le undici società quotate in Europa analizzate, il calo dei fatturati (al netto delle plusvalenze) nei bilanci al 30 giugno 2020 è stato pari a circa il 17 per cento, passando da 2,8 a 2,3 miliardi di euro anche per effetto delle gare disputate dopo tra luglio e agosto (con ricavi spesso spostati nel bilancio seguente). E il rosso è cresciuto a dismisura, passando da un utile di 57 milioni nel 2019 a -457 milioni nel 2020: certo, solo Roma (-204) e Porto (-116) impattano per oltre la metà, ma è significativo il fatto che le squadre che hanno chiuso in positivo sono passate da 7 nel 2019 a solo 3 nel 2020.

 

Un quadro decisamente negativo che emerge coinvolgendo nell’analisi anche alcune delle altre big non quotate che hanno già reso noto il bilancio 2020, dal Real Madrid al Bayern Monaco fino a Milan e Inter, passando per Barcellona, Tottenham, Napoli, Atletico Madrid e Siviglia. Una lista in cui ci sono società al top a livello mondiale come aziende, prima ancora che come squadre. Eppure l’impatto del Covid si è fatto sentire pesantemente anche per loro: i ricavi per questi nove club sono passati da 4,1 a 3,7 miliardi (-10 per cento), ma soprattutto l’ultima riga dei bilanci è passata da un +9,5 milioni a un -432 milioni. Anche qui, le italiane in prima fila in quanto a rosso (Milan -195 milioni e Inter -102), ma fanno specie le “difficoltà” di big come Real Madrid (utile di 300mila euro, con un -90 atteso nel 2020/21), Barcellona (-97 milioni) e Tottenham (-70 milioni).

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C’è chi si salva comunque, come il Bayern Monaco con il suo bilancio in utile per il 28° anno di fila. E forse non è un caso se, mentre in Spagna la spinta di Florentino Perez è verso la Superlega (quindi più soldi per le big), proprio Karl-Heinz Rummenigge, ceo dei bavaresi, abbia comunque voluto vedere un lato positivo: “Prima della crisi, il calcio aveva perduto la ragione. Bisogna riportare i salari a un livello più ragionevole”, le sue parole intervistato da Repubblica. Un primo passo verso il nuovo calcio: il 2021 ci potrà dire, anche in termini economici, quale sarà il calcio del domani.

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