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La Premier League ha già trovato l'escamotage per evitare la Brexit

Massimiliano Vitelli

Europei extracomunitari e un massimo di tre under-21 acquistabili per mercato. Se la prima norma potrebbe essere un problema, lo scoglio della seconda è già stato superato

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Il terremoto che la Brexit sta provocando all’interno della politica europea - si attende ancora di capire se si arriverà ad un accordo tra Regno Unito e Ue al fotofinish (c’è tempo entro la fine del 2020) oppure verrà ufficializzato un No Deal - ha uno sciame sismico che è arrivato fino al calcio, nel quale appena una settimana sono state prese delle decisioni importanti e che cambieranno per sempre la Premier League.

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Il terremoto che la Brexit sta provocando all’interno della politica europea - si attende ancora di capire se si arriverà ad un accordo tra Regno Unito e Ue al fotofinish (c’è tempo entro la fine del 2020) oppure verrà ufficializzato un No Deal - ha uno sciame sismico che è arrivato fino al calcio, nel quale appena una settimana sono state prese delle decisioni importanti e che cambieranno per sempre la Premier League.

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La prima nuova regola riguarda le modalità di acquisto di calciatori europei. Dalla prossima finestra di mercato, infatti, per sbarcare nel calcio inglese un giocatore dovrà raggiunge 15 punti attraverso una serie di valori, come già accade per quelli extra-Ue. E su questo non ci sono escamotage.

 

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Diverso il discorso che riguarda l’altra novità, quella varata per l’acquisizione delle prestazioni sportive degli Under 21, il cui numero è stato fissato a 3 per sessione di calcio mercato. Questa seconda regola toglie il sonno ai dirigenti dei club, perché la sua stretta applicazione renderebbe necessario molto tempo per integrare le loro squadre aggiungendo ragazzi di valore. Ma, come spesso accade, fatta una norma si cerca il modo di eluderla. E per questa una soluzione c’è, quella dell’affiliazione con altri club.

 

Un percorso intrapreso da diversi anni da molte squadre e che oggi, nel post-Brexit, assume un valore altissimo. Tra le società pronte a sfruttare il lavoro già fatto c’è il Manchester City, club di proprietà del City Football Group, una holding che sovrintende alla gestione di almeno altre dieci squadre in tutto il mondo. Il Manchester City è il club più importante di questo «pacchetto» ed è quello che si avvarrà maggiormente del sistema delle affiliazioni. Tra le società che fanno capo al City Football Group ci sono infatti il Melbourne City in Australia, il New York City negli Stati Uniti e il Lommel SK in Belgio. Il CFG possiede partecipazioni di controllo anche nel club francese Troyes AC e in quello indiano Mumbai City, nonché il 44,3 per cento della squadra spagnola Girona, oltre a una serie di altre partecipazioni in Giappone e Uruguay.

 

Come i Citizens avranno agevolmente la possibilità di aggirare il tetto degli Under 21 è abbastanza semplice da spiegare. Mentre il Manchester City come entità unica sarà in grado di effettuare solo tre acquisti di calciatori Under 21 dall'estero per finestra di mercato, i suoi club satellite potranno contrattualizzare altri obiettivi, superando così la quota fissata. Queste società del CFG quindi, fungeranno da parcheggio/serbatoio, dal quale poi attingere forze fresche e nuove da inserire nel City al momento giusto.

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La potenza del CFG è enorme. Fondato nel maggio 2013, è proprietario di attività legate al calcio nelle principali città del mondo, comprese squadre, accademie, agenzie di supporto tecnico e società di marketing. Come si legge sul sito ufficiale, “l’ambizione è aumentare la partecipazione nel mondo calcio dentro e fuori dal campo, trovare e sviluppare i migliori talenti calcistici e offrire un gioco emozionante”. Tutte le squadre maschili, femminili e giovanili dei club che lavorano sotto l’ombrello del City Football Group, si allenano nelle City Football Academies, strutture progettate sulla base degli stessi princìpi e di una filosofia comune. Le decisioni in merito vengono assunte dal quartier generale del gruppo che ha sede a Manchester. Proprio questa gestione comune evidenzia come il City Football Group possa essere considerato una grande famiglia, all’interno della quale avvengono spostamenti di capitali e di uomini. In quest’ottica, acquistare e piazzare giovani talenti nei club satellite può essere considerata semplicemente una strategia aziendale e nulla più.

 

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Se il Manchester City comanda, gli altri club inglesi cercano almeno di non restare troppo staccati. Il Liverpool, per esempio, ha da tempo stretto un forte legame con il club belga Genk e potrà avvalersi anche del suo rapporto con il Tranmere (squadra di Birkenhead che milita in League Two), l’Arsenal avrà la possibilità di appoggiarsi al Colorado Rapids, con il quale in tempi non sospetti (febbraio 2007) ha chiuso una partnership importante. Il Tottenham, oltre alla collaborazione interna con il Leyton Orient, dispone di una stretta amicizia con i californiani del San Jose Earthquakes, mentre il Leicester City ha recentemente messo le mani sul OH Leuven, squadra che milita nella seconda divisione belga. Anche il Manchester United trova sponda nelle terre di re Filippo, grazie ad un vecchio legame con il Royal Antwerp, dove ha già fatto crescere Jonh O’Shea, Jonny Evans, Danny Simpson, Darron Gibson, Fraizer Campbell e Ryan Shawcross. Il sistema è quindi più che rodato, il problema dei tre Under 21 acquistabili per ogni sessione di mercato, risolto.

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