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Viva il campionato, anche a spalti vuoti

Claudio Cerasa

Come cambia lo sport senza pubblico e perché un calcio senza tifo aiuta ad esaltare i talenti

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E’ stato scritto, anche giustamente, che il calcio senza tifosi non è vero calcio e che le partite di pallone senza pubblico non sono uno spettacolo vero, non sono uno show sincero e non sono neppure uno sport autentico. E’ stato scritto molto, in Italia, su quanto il calcio abbia perso, non solo dal punto di vista economico, dall’assenza pressoché totale di pubblico dall’inizio di questa stagione. Ma non è stato scritto abbastanza su quanto la presenza del calcio, durante la seconda ondata del Covid, abbia reso un po’ meno traumatico il nostro stare a casa – un conto è vedere le partite della serie A, che vedremmo anche se costretti a sentire altre telecronache di Walter Veltroni, un altro conto è vedere, al posto della serie A, le repliche di “Bomber”, con Bud Spencer e Jerry Calà – e su quanto, in definitiva, abbia pesato sulla prestazione delle squadre l’assenza cronica del pubblico.

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E’ stato scritto, anche giustamente, che il calcio senza tifosi non è vero calcio e che le partite di pallone senza pubblico non sono uno spettacolo vero, non sono uno show sincero e non sono neppure uno sport autentico. E’ stato scritto molto, in Italia, su quanto il calcio abbia perso, non solo dal punto di vista economico, dall’assenza pressoché totale di pubblico dall’inizio di questa stagione. Ma non è stato scritto abbastanza su quanto la presenza del calcio, durante la seconda ondata del Covid, abbia reso un po’ meno traumatico il nostro stare a casa – un conto è vedere le partite della serie A, che vedremmo anche se costretti a sentire altre telecronache di Walter Veltroni, un altro conto è vedere, al posto della serie A, le repliche di “Bomber”, con Bud Spencer e Jerry Calà – e su quanto, in definitiva, abbia pesato sulla prestazione delle squadre l’assenza cronica del pubblico.

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Fabio Capello, vecchia volpe del pallone, ieri, in un’intervista concessa al Corriere della Sera, ha affrontato questo tema e ha offerto uno spunto di riflessione niente male collegato a quello che secondo molti osservatori è uno degli effetti più significativi generati dalla chiusura degli stadi: il primato a sorpresa del Milan. Domanda del cronista: “Crede anche lei che senza il pubblico il Milan sia cresciuto con più serenità?”. Risposta di Capello: “San Siro quando borbotta si sente. Inevitabile che sui giovani potesse incidere. L’atmosfera ovattata, da accademia, dà loro una mano: possono esprimersi senza la paura e l’ansia di sbagliare un passaggio”.

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La storia del Milan, che da quando in casa non ha il pubblico tra le scatole non perde più una partita (è imbattuto da 21 turni consecutivi), è un capitolo che in realtà va in controtendenza rispetto a quanto registrato finora nel resto d’Europa, dove la chiusura degli stadi ha generato fenomeni interessanti, e di segno opposto, studiati in modo approfondito da diversi giornali internazionali. Il Telegraph, pochi giorni fa, ha calcolato che in Premier League, nel campionato di calcio inglese, tra agosto 2019 e marzo 2020 le squadre in casa hanno vinto il 45 per cento delle partite e le squadre in trasferta hanno vinto il 30 per cento delle partite, mentre da giugno 2020 la percentuale è scesa al 41 per cento per le squadre in casa ed è salita di otto punti al 38 per cento per le squadre in trasferta. Sempre nel campionato inglese, si è registrato, rispetto alla stagione precedente, un aumento sostanziale dei gol, pari a un più 20 per cento e secondo l’International Center for Sports Studies, che ha studiato 63 campionati in giro per il mondo, il vantaggio di giocare in casa è diminuito in 41 casi su 63, in Germania le squadre che giocano in casa prima vincevano il 43 per cento delle volte oggi il 21 per cento.

  

In Italia, confrontando la classifica della serie A di oggi con quella della nona giornata della stagione passata, il trend, Milan a parte, sembra essere lo stesso. In questa stagione ci sono state 35 vittorie fuori casa (32 nella stagione precedente) e i gol fatti in trasferta sono passati da 118 a 140. Un dettaglio ulteriore sulle conseguenze degli stadi chiusi è stato aggiunto qualche giorno fa dal Financial Times che ha notato che, sempre in Premier League, a cambiare in modo significativo sono stati anche gli atteggiamenti degli arbitri: con gli stadi aperti, i giocatori padroni di casa ricevevano il 15 per cento in meno di cartellini rossi e gialli rispetto ai giocatori  avversari, mentre con gli stadi chiusi le squadre di casa hanno ricevuto appena il 7 per cento in meno di ammonizioni rispetto alla squadra ospite. Il calcio senza pubblico non è un calcio inferiore a quello con il pubblico ma è un calcio semplicemente diverso, in cui i giocatori preferiscono far correre un po’ più la palla e un po’ meno le loro gambe.

  

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Un calcio in cui i giovani talenti più emotivi possono tentare di sperimentare colpi senza essere sommersi dai fischi, in cui gli allenatori possono senza i decibel del pubblico guidare la propria squadra offrendo non solo gesti a distanza ma indicazioni precise in ogni momento della partita. Lo sport senza pubblico, ha detto uno dei più importanti giocatori di football americano, Chase Young, difensore del Washington Football Team, è come un grande stress test sulla vera qualità del nostro mondo: “Quando si scende in campo senza pubblico è più semplice capire chi ha talento e chi non lo ha, chi ha bisogno di una motivazione extra per esibirsi e chi invece è in grado di esprimersi indipendentemente dalle circostanze”.

 

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Lo spettacolo fa parte del calcio, ma lo spettacolo del calcio senza pubblico, uno spettacolo in cui la colonna sonora delle partite diventa la voce nuda dei giocatori, il tocco del pallone, il sussurro dell’allenatore, è uno show per il quale vale la pena pagare il biglietto. E’ uno show che ci sta aiutando a capire chi ama il calcio per quello che è e chi ama il calcio per quello che si porta con sé. Ed è uno show che un domani permetterà ai tifosi di comprendere fino in fondo che fare il tifo e riempire gli stadi può cambiare davvero il futuro della propria squadra. Viva il campionato, anche a spalti vuoti.

 

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