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Grazie alle intercessioni politiche sulle banche Maradona arrivò al Napoli

Mariarosaria Marchesano

Ben prima dell'acquisto dal Barcellon "sarebbe stato possibile portarlo a Napoli per pochi soldi ma Ferlaino non volle sentire ragioni". I Rimpianti di Gianni Di Marzio, la fideiussione del presidente dei partenopei

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A seguire le tracce dei soldi non si sbaglia mai o, almeno, si capisce un po’ meglio come vanno certe cose. La trattativa per l’acquisto di Maradona da parte del Napoli nel 1984 non si sarebbe mai conclusa se non fosse stato per la pressione esercitata dai politici sul Banco di Napoli che si decise a rilasciare una fideiussione all’ultimo secondo. Questo si sapeva e probabilmente non è molto diverso da quanto è successo in operazioni condotte da altri club dove l’intreccio tra pallone, affari e politica non è così insolito. Ma solo di recente, grazie a un documentario di Matteo Marani su Sky Sport, è arrivata la conferma che a esercitare quella pressione fu l’allora sindaco di Napoli, il dc Vincenzo Scotti, che chiamò Ferdinando Ventriglia, direttore generale e deus ex machina del Banco di Napoli che negli anni Ottanta attraversava un periodo di grande espansione e aveva sedi in tutto il mondo, compresa una a Buenos Aires proprio di fronte alla Casa Rosada.

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A seguire le tracce dei soldi non si sbaglia mai o, almeno, si capisce un po’ meglio come vanno certe cose. La trattativa per l’acquisto di Maradona da parte del Napoli nel 1984 non si sarebbe mai conclusa se non fosse stato per la pressione esercitata dai politici sul Banco di Napoli che si decise a rilasciare una fideiussione all’ultimo secondo. Questo si sapeva e probabilmente non è molto diverso da quanto è successo in operazioni condotte da altri club dove l’intreccio tra pallone, affari e politica non è così insolito. Ma solo di recente, grazie a un documentario di Matteo Marani su Sky Sport, è arrivata la conferma che a esercitare quella pressione fu l’allora sindaco di Napoli, il dc Vincenzo Scotti, che chiamò Ferdinando Ventriglia, direttore generale e deus ex machina del Banco di Napoli che negli anni Ottanta attraversava un periodo di grande espansione e aveva sedi in tutto il mondo, compresa una a Buenos Aires proprio di fronte alla Casa Rosada.

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A rivelarlo è lo stesso Scotti il quale, intervistato da Marani, spiega che alla base della decisione di sollecitare il Banco a finanziare l’acquisto del fuoriclasse argentino c’era stata la volontà (non si sa bene se solo sua o anche di altri colleghi di partito) di dare una gratificazione ai napoletani. La cifra concordata con il Barcellona, 14 miliardi delle vecchie lire, fece grande scalpore sui giornali. Mai un calciatore era stato pagato così tanto in Italia. Eppure, solo pochi anni prima Ferlaino avrebbe potuto sborsare molto meno perché il suo allenatore Gianni Di Marzio, grande scopritore di talenti (è ancora oggi consulente di diverse squadre), gli aveva proposto l’acquisto del giovane Diego per poco meno di 300 mila dollari.

 

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“Era il 1978 e mi trovavo in Argentina per i mondiali di calcio – racconta Di Marzio al Foglio, ripercorrendo una storia nota a tifosi ed esperti ma significativa di come si sarebbe potuta evolvere diversamente la parabola napoletana di Maradona – Andavo a caccia di nuove leve e parlavo con tutti. Un giorno un tassista mi disse di questo ragazzo delle favelas che giocava a calcio in modo stupefacente. Chiesi di conoscerlo e una prima volta non si presentò all’appuntamento e a quel punto andai direttamente a casa sua e di lì al campo di calcio. Dopo neanche mezz’ora decisi di prenderlo concordando tutto per iscritto con la squadra a cui apparteneva, che era quella dei juniores argentini. Sarebbe stato possibile portarlo a Napoli per pochi soldi ma Ferlaino non volle sentire ragioni. Erano i tempi in cui le norme sulla mobilità dei calciatori extraeuropei erano restrittive e non si volle fare uno sforzo”. Il rimpianto più grande di Di Marzio, che oggi ha 80 anni, non è certo che avrebbe potuto fare risparmiare tanti saldi al Napoli, ma che mettendo Diego sotto la sua ala protettiva sin da giovanissimo lo avrebbe incamminato su un percorso blindato. “Perché – dice commosso – mi ero accorto delle sue fragilità, ma lui era assolutamente un ragazzo pulito e io cominciai a volergli bene come a un figlio. Riponevo in lui quella fiducia di cui hanno bisogno i ragazzi per crescere”. Invece, Maradona fu arruolato al Boca Juniors e, poi, al Barcellona. Quando arrivò a Napoli aveva 24 anni e, come dice Di Marzio, “aveva qualche ammaccatura e non fu abbastanza chiaro a tutti che bisognava stargli molto vicino”.

 

Il fatto è che le attese della città erano altissime, quella gratificazione di cui parla Scotti la città la voleva a tutti i costi per distogliere, forse, lo sguardo dal periodo che stava vivendo, quello della spartizione dei soldi pubblici del dopo terremoto e della fase più violenta della camorra. In Campania arrivavano tante risorse statali di cui beneficiavano anche le imprese edili che partecipavano alla ricostruzione, compreso il gruppo di Corrado Ferlaino, il patron del Calcio Napoli, che accettò di arruolare il campione. Ma come lo stesso imprenditore ha confermato in più interviste, il Barcellona chiese una fideiussione che fu possibile ottenere grazie alla telefonata di Scotti. Ventriglia preparò il documento di domenica e Ferlaino lo ritirò il lunedì mattina molto presto sperando che il banchiere non avesse letto i giornali che gridavano allo scandalo per l’enormità della cifra. Ventriglia, a cui era mancato un soffio per diventare governatore della Banca d’Italia ed era stato direttore generale del Tesoro, era molto mattutino e i giornali li aveva letti. Ma quando cercò di bloccare Ferlaino era troppo tardi.

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