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il foglio sportivo – that win the best

Quanto la sanno lunga i giornalisti sportivi

Già massimi esperti di virus e tamponi, sono pure ferratissimi sulle elezioni americane. La bolla esulta

Jack O'Malley

La gente che non aspettava altro che la positività al virus di Roberto Mancini, le foto simpatiche di Mou sui social, il calcio ridotto a bollettino ospedaliero

Così, nella gara a chi ha il sarcasmo più lungo sui social sono arrivati tutti primi al traguardo della scontatezza quando si è saputo che il ct della Nazionale italiana, Roberto Mancini, è positivo al Covid. Appurato che le crisi peggiorano i difetti delle persone, e che chi fa lo scientista poi è più superstizioso di un tifoso che indossa sempre la stessa maglietta e tratta il virus come una colpa e un castigo meritato, è chiaro che molti aspettavano con la bava alla bocca da un paio di settimane questa notizia per rinfacciare a Mancini la vignetta da lui postata su Instagram in cui un paziente diceva all’infermiera di essersi ammalato guardando i telegiornali. “Te lo sei preso guardando il tg?”, chiedevano – prevedibilissimi – su Twitter i capi dei simpatici. E peggio di loro c’è solo chi, in una stagione martoriata dal coronavirus, è riuscito a mettere le pause per le Nazionali in modo da infettare per bene un po’ di giocatori e farci ricominciare con centinaia di articoli e commenti sui tamponi, il campionato falsato e le polemiche sui giocatori che non indossano il cilicio anche se asintomatici.  In attesa di un video o di un post in cui il mister azzurro dal ciuffo sbarazzino chiederà scusa per la sua leggerezza, dirà a tutti di stare attenti, ci rassicurerà sulla sua salute ma dirà che con il virus non si scherza, osserviamo l’inesorabile trasformazione dello sport più bello del mondo in bollettino ospedaliero permanente: della Lazio si sa che ha fatto casino con i tamponi, mentre pochi si ricordano quanto ha fatto l’altra sera in Champions, della Roma si discute della positività di Dzeko, sulla Fiorentina tiene banco la positività asintomatica di Callejon.

  

Certo l’alternativa è fingere di credere alla spontaneità di José Mourinho sui social network: da qualche settimana lo Special One pubblica foto divertenti sul suo profilo Instagram, tutti parlano di lui, lo ribattezzano con un arditissimo gioco di parole  The Social One e prendono così più o meno inconsapevolmente parte alla promozione della seconda stagione del documentario di Amazon sul Tottenham (quando non si vince niente da anni tutto serve alla causa). Chissà quale buffo scatto ci riserverà per il post partita di domenica contro il West Bromwich, in un weekend in cui la Premier League ci spiattella Manchester City-Liverpool e Everton-Manchester United. Superata la noia della chiave di lettura sullo scontro tra due città “nemiche”, confesso di di non sapere per chi tifare in entrambi i casi: Ancelotti era partito bene, poi dopo gli articoli sull’Everton-mai-così-forte-negli-ultimi-cinquant’anni ne ha perse due di fila. Lo United continua a sguazzare nel limbo delle squadre buone a cui manca qualcosa, fa figuracce in Champions e costringe Solskjær a giurare che “non crolleremo come un castello di carte”. La sfida Klopp-Guardiola è la più affascinante, e con questa frase spero di guadagnarmi almeno una collaborazione con Rai Sport. Scusate se parlo di calcio, ma siamo rimasti in pochi: da almeno una settimana i giornalisti sportivi si sono infatti trasformati tutti in piccoli Gianni Riotta. Improvvisamente  esperti di elezioni americane,  twittano fini analisi sui flussi della Georgia e gli elettori della Pennsylvania. Tutti schierati con Joe Biden, naturalmente, ché non si può mica rischiare di restare fuori dalla bolla cool. Altrimenti, quando fermeranno la Serie A, chi se li caga questi? 

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