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Nuove tendenze

Il benessere fa passare la voglia di fare l’amore, ma sui porno si va fortissimo

Ester Viola

Quel che diventa chiarissimo, dopo aver letto "Non farti fottere" di Lilli Gruber, è che il porno è un sistema economico capillare e collaudato, che muove – si potrebbe dire – praticamente tutta l’internet. Alcune note a margine

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"Indovinate chi sono le protagoniste principali del porno online? Le donne. E sono perlopiù sottomesse, malmenate. Non possiamo delegare al porno l’educazione sessuale e sentimentale dei nostri ragazzi", ha raccontato Lilli Gruber da Fazio. Il suo “Non farti fottere”, edito da Rizzoli, è uscito in questa settimana. “Nessuno parla del supermercato online di contenuti vietati ai minori che nella realtà sono raggiungibili anche a chi ha meno di 18 anni. Il 30 per cento delle immagini in circolazione online sono immagini esplicite. Sono dati di fatto”.
 

Già. Non è più il compagno delle medie, a illustrare la lezione di anatomia con le sue leggende personali inventate, i ragazzini si istruiscono sul sesso da soli e per caso, sugli smartphone. Noi adulti ci siamo perfino abituati, sono vent’anni quasi che l’internet dei social è un catalogo di foto semiporno, esplicite, in costume, senza costume, una folla di foto nude. La rivoluzione sessuale è finita, non c’è più niente da rivoluzionare, siamo perfino stanchi. Me ne sono accorta qualche giorno fa, del punto di non ritorno, mentre leggevo di Fedez al festival Coachella, accompagnato a quanto risulta da una ragazza poco più che ventenne, descritta come creator, modella-artista di Onlyfans.
 

Onlyfans è un luogo online a pagamento dove si fruisce di contenuti spinti o limitrofi. Il termine per indicare questi (altri) cabarettisti dell’etere non è più pornostar, parola che evocava cose zozze e degrado. Modella di Onlyfans tende a significati migliori, a una quasi decenza. Ovvero che contrattualizzare sesso in immagini per la vendita in abbonamento al pubblico – a vent’anni – e farlo come mestiere sia nel regno del normale. E diventerà ancora più normale, il porno ormai è in tasca, nelle tasche di tutti, scrive Gruber.
 

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Il modello di business è ben congegnato. Alta ingegneria, a volerlo studiare: “I colossi americani hanno deciso di sostituire la pornografia audiovisiva con la videochat online: hanno aperto grandi siti che offrono gratis il prodotto alle persone per poi spingerle sulle piattaforme di videochat”, che hanno costi di realizzazione quasi nulli. Così il filmato porno, un tempo al centro della dinamica di mercato, è stato declassato a prodotto civetta, che non richiede grandi investimenti. “Ci sono studi che sono vere e proprie catene di montaggio”, racconta Salieri, uno degli impresari del porno anni 90 più conosciuti.
 

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“Realizzano due-tre scene al giorno, senza alcuna storia, dove sono solo rappresentati i rapporti espliciti. Vengono caricati su internet così, a ritmo sostenuto. Sostanzialmente, per i produttori, il segreto è riuscire a essere gestiti in rete da gruppi capaci di portare grosso traffico sulle piattaforme”. “Di conseguenza, il porno ha cambiato forma. La scena di sesso oggi è una sorta di spot della durata standard di dieci minuti. Il consumo massiccio e gratuito di queste clip è la base di un nuovo modello economico che ha due obiettivi. Il primo: indurre almeno una piccola percentuale dei consumatori a sottoscrivere l’abbonamento premium. Il secondo: ricavare il massimo dalle pubblicità grazie al traffico sulle piattaforme. La gratuità permette, come sottolinea Salieri, di attrarre gli spettatori verso altri tipi di prodotti come il camming e il sexting a pagamento. Con questa offerta “freemium”, i creator riescono a conquistare grande visibilità sugli aggregatori gratuiti, per poi monetizzarla fornendo prestazioni a pagamento”.
 

Quel che diventa chiarissimo, dopo aver letto “Non farti fottere”, è che il porno è un sistema economico capillare e collaudato, che muove – si potrebbe dire – praticamente tutta l’internet. Uno degli studi citati riguarda gli Stati Uniti, 2022. Più di tre quarti dei minorenni intervistati (maschi e femmine) sarebbero consumatori di pornografia online. Età media di accesso: 12 anni. Lo stato dell’adolescenza 2023, condotto da tre ricercatori del Cnr, ha un campione preso in esame di più di quattromila liceali italiani, tra i quattordici e i diciassette anni. Quasi il 90 per cento dei maschi e il 40 per cento delle ragazze avrebbe frequentato più o meno assiduamente siti hard.
 

Lo sconcerto da vecchia generazione aumenta se si considera l’altro big data da sommare (senza accorgercene, eccoci diventati triste letteratura scientifica): nel saggio di Luigi Zoja, “Il declino del desiderio. Perché il mondo sta rinunciando al sesso”), si legge: “Nel XXI secolo disponiamo di studi secondo cui, dopo lunghe fasi di crescita economica, le stesse popolazioni occidentali hanno manifestato più segni di disagio che al loro inizio”. “Un aspetto particolare del problema sta nel calo dei rapporti erotici tradizionali. Questa diminuzione è stata constatata tra tutte le giovani generazioni dei principali paesi che le classificano”. L’all you can eat fa passare la voglia? La risposta è tiepida: non ce ne importa di saperlo.
 

“La pratica [della sessualità] ha continuato a crescere dai tempi di Freud, quando diventò oggetto di studio, ma ora ci sorprende con una caduta. In sostanza il suo percorso comincia a delineare il profilo di una cupola. Altrettanto sorprendente il fatto che un evento così epocale finora non abbia suscitato interesse. Sul tramonto della sessualità quantomeno in occidente esistono sì pubblicazioni e dibattiti ma certamente la loro quantità non rappresenta neppure l’un per mille della risposta che aveva ottenuto Freud dando alla sessualità un ruolo centrale”. Il problema non si capisce se è morale, strutturale o solo gravissimo. D’altra parte siamo o non siamo nell’èra dei problemi approfonditi, delle diagnosi corrette, delle denunce per tempo e dei provvedimenti nessuno.

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