Lou Reed durante la presentazione del suo album "NYC Man" a West Hollywood, California (Getty Images) 

Cosa c'entra Lou Reed con la nausea da Area C di Milano

Costantino della Gherardesca

Le miserie di provincia mi fanno desiderare di essere nato mille anni fa

Dalla sua Terra desolata, Eliot scriveva che “aprile è il mese più crudele”. Anche agosto non scherza, aggiungo io, dall’Area C di Milano. Lo dico perché intorno a me, tra quello che mi capita e quello che mi raccontano, ho l’impressione che nel profondo dell’estate si nasconda una realtà nient’affatto solare: un groviglio di piccole e grandi disumane miserie. Mi rifugio in questo cuore di tenebra alla ricerca di un po’ di fresco all’ombra delle altrui sfighe.

 

Per esempio, mi dicono che nelle province (rigorosamente) del nord capita spesso che i genitori caduti in rovina, oltre a essere strozzati dai debiti, siano ricattati anche dai figli. Quando arriva il venerdì sera, mamma e papà sono costretti a sganciare qualche centinaio di euro extra: servono ai giovani beneducati per affittarsi un’auto di lusso con cui bullarsi nel weekend. Se vi chiedete cosa ci sia di così spiritoso in questo agghiacciante ritaglio di cronaca, fate una pausa e pensate agli spietati reietti che, come lavoro, hanno scelto di affittare a ore i sogni del secolo scorso. 

 

Certe escort di Montecatini, invece, hanno un sistema ecosostenibile per aiutare l’economia locale. Trovato il riccone di turno, la ragazza lo porta in una boutique, si fa regalare una borsetta da duemila euro, poi torna in negozio, restituisce la borsetta e il commerciante complice le rende metà dei soldi. Dopodiché, la borsetta torna in vetrina e, se esistesse ancora quel meraviglioso telefono attaccato al muro, il commerciante lo utilizzerebbe per chiamare il collega affitta-auto e chiacchierare di cani da combattimento. 

 

Nel frattempo, la riviera ligure è piena di aspiranti influencer che si fanno foto nelle hall degli hotel a cinque stelle fingendo di essere ospiti. Per fortuna mi dicono che ormai, davanti a fenomeni come questi, gli albergatori hanno adottato una politica di tolleranza zero: se si presenta uno scroccone armato di smartphone, il concierge ha licenza di sparare a vista. Una volta tanto la spietata catena alimentare del sistema economico, anziché terrorizzarmi, mi consola. E di consolazione ne abbiamo tutti un gran bisogno.

 

Invece, tornando dalla Svizzera a Milano, la mia amica Alessia mi rimprovera.
“Il tuo profilo Instagram è pieno di riferimenti vecchi…” mi dice. “Pubblichi troppa roba anni Novanta!”.
“Alessia, cosa dovrei postare? Anzi: quale mezza calza dovrei postare?”.
So che lei lo fa per il mio bene. Non vuole mica trasformarmi in quei vecchi disperati che si fanno piacere qualsiasi novità pur di restare a galla, vuole solo che non mi arrenda alla melanconia. Non vuole che la mia legittima insofferenza nei confronti del presente diventi cronica e degeneri in un sentimento da cantanti come la nostalgia.

 

Neanche a farlo apposta, arrivato a casa, scopro che il 26 agosto uscirà “Words & Music, May 1965”, un disco che raccoglie materiale inedito di Lou Reed e demo mai sentite. Ascolto qualche traccia in anteprima e scopro un dettaglio interessante su “Heroin”. Il brano viene scritto nel 1964 e nel demo del ’65, Reed canta “I wish I lived hundred years ago”, avrei voluto vivere cent’anni fa. Lo stesso brano, quando viene finalmente pubblicato nel 1967 in “The Velvet Underground & Nico”, presenta una sostanziale differenza. Stavolta Reed dice “I wish that I was born a thousand years ago”: in un colpo solo, da cento si passa a mille anni prima. Nel giro di pochi anni, il suo desiderio di voler essere catapultato indietro nel tempo è diventato dieci volte più intenso e incontenibile. E all’epoca Lou Reed era poco più che ventenne, quindi abbiate pazienza se io, che i venti li ho superati da un pezzo, non ho più voglia di partecipare al dibattito etico sulla tecnologia: il robot da cucina non è buono né cattivo, né tantomeno si evolverà e ribalterà le nostre democrazie con una rivoluzione domotico-khomeinista. 

 

L’unico dibattito urgente è: quando sarà il turno degli influencer di salire al potere, quegli straordinari cessi giapponesi con bidet incorporato avranno fatto in tempo a diventare senzienti? Avranno già fatto loro la filosofia tedesca del Ventesimo secolo? Saranno già pronti, insomma, a salvare il mondo? 

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